Adesso Cinema

I nostri film, oggi, a casa tua

Un giorno torneranno i prati, avrebbe detto Ermanno Olmi, e un giorno torneranno anche i cinema. Tornerà il rito sociale del cinema e tornerà, finalmente, la vita. Quella vita quotidiana che ora ci sembra fantascienza e che, troppo spesso, abbiamo sottovalutato. Ma se un po’ di quella vita quotidiana, un po’ di quella normalità, ricominciasse a prendere forma?

Una domanda su cui il Visionario di UdineCinemazero di Pordenone e La Cineteca del Friuli si sono confrontati per delineare AdessoCinema, il nuovo progetto che porterà (letteralmente) il cinema del territorio dentro le case degli spettatori. Una domanda complessa per una risposta semplice. Un giorno le sale riapriranno e gli schermi di AdessoCinema continueranno a restare accesi, come risorsa del sistema-cinema regionale, ma è adesso (appunto) che c’è bisogno di normalità fra le mura domestiche. Normalità e bellezza. Ed ecco la nuovissima piattaforma su cui le tre colonne cinematografiche friulane hanno caricato film e documentari. Questo è il link: bit.ly/adessocinemaFVG. 

La grafica è stata curata da Patrizio De Mattio (DM+B&Associati), mentre la realizzazione porta la firma di Fulvio Romanin (Ensoul). Ricordiamo che, per quanto riguarda il Visionario e Cinemazero, lo streaming costa € 3 euro per ogni titolo, mentre lo streaming della Cineteca è gratuito.

Il Visionario ha scelto, per iniziare, tre “classici” della Tucker Film: il cult di Carlo Zoratti The Special Need, una favola on the road che racconta la normalità della diversità, la ballata bucolica di Christopher Thomson The New Wild, dove viene mostrato un Friuli che non si era mai visto, e, infine, Parole povere, il ritratto di Pierluigi Cappello fatto da Francesca Archibugi («Spalancare se stessi agli altri non è facile, ma se la poesia non scende tra la gente, che poesia è? Il mio desiderio più grande è che le mie poesie vengano stropicciate dai lettori»). 

Cinemazero propone tre documentari firmati da Gideon Bachmann, tutti incentrati sulla figura di Federico Fellini, tra cui gli inediti Fellinikon e FMM – Fellini, Mastroianni, Masina. Bachmann ritorna, poi, anche con Jonas, dedicato all’universo creativo di Jonas Mekas. Ovviamente non possono mancare Tinissima! Il dogma e la passione, affascinante ritratto della fotografa friulana Tina Modotti, Un paese di primule e caserme, indagine sulle caserme dismesse in Friuli Venezia Giulia, Note dal fronteconcerto orchestrato dalla Zerorchestra con immagini d’archivio risalenti alle Prima Guerra Mondiale, e Too Much Johnson, la commedia in stile slapstick firmata Orson Welles.

Otto, infine, i titoli dalle collezioni della Cineteca del Friuli, film di finzione e documentari realizzati fra il 1920 e il 1980. Il più antico, Tiger’s Coat di Roy Clements, ci fa ritrovare Tina Modotti nell’unico film sopravvissuto della sua breve parentesi hollywoodiana. Il romantico-avventuroso Sahara di George Melford è un esempio di film di fine anni Venti uscito in America come talkie e all’arrivo in Italia privato dei dialoghi, ovvero “ammutolito”, secondo la definizione del compianto Mario Quargnolo, che all’argomento aveva dedicato pionieristici studi. Le altre proposte della Cineteca hanno tutte il Friuli come protagonista assoluto, a partire da Gli ultimi di Vito Pandolfi, il capolavoro ispirato al racconto di David Maria Turoldo Io non ero un fanciullo. Dai due dvd da poco pubblicati dalla Cineteca sul “Friuli perduto” degli anni ’50 e ’60 sono stati scelti Carnia Mistica di Chino Ermacora con la fotografia di Antonio Seguini De Santi, Forum Iulii, di cui Seguini è anche regista con Luigi Michelazzi, Le bande di Orzano e Architettura rustica in Carnia di Giorgio Trentin. Chiude la selezione il poetico La Carnia tace di Dante Spinotti, Sergio De Infanti e Gianni Lari.

Forte respiro rapido di Marco Risi

Dino Risi visto dal figlio regista

Di Lorenzo Codelli

«Questa non vuole essere una biografia di mio padre, ma ricordi di lui, con lui. Un viaggio a ritroso per ricostruire aspetti della sua vita e di quell’Italia del cinema anni Cinquanta, Sessanta e Settanta, ma anche dettagli sulla nostra vita, su mia madre. Appunti sconclusionati, immediati, colti nella memoria durante questi sei anni di scrittura. Sinceri e soprattutto veri, o forse è meglio dire verosimili, se leggerete capirete perché. Mi sono chiesto se ne valesse la pena e soprattutto se ne sarei stato capace».

Con queste parole il sessantottenne Marco Risi apre Forte respiro rapido (Mondadori), 264 pagine imperdibili a dir poco. Un’autobiografia spudoratamente rivelatrice, comparabile esattamente a quella che suo padre Dino Risi aveva pubblicato a 86 anni, I miei mostri (Mondadori, 2004). Dino vi aveva infuso a pieni polmoni il proprio humour autocritico e il proprio ineffabile nichilismo (in confronto ai quali l’esilarante Woody Allen di A proposito di niente. Autobiografia [La Nave di Teseo, 2020] può apparire un’abbuffata di ottimismo). Marco racconta, in disordine libero, un’infinità di aneddoti e impressioni colte a distanza. Nel giugno 1962, sul set a Maccarese della geniale satira politica La marcia su Roma, apprende una lezione. I sassi tirati dai contadini contro Ugo Tognazzi e Vittorio Gassman, che corrono trafelati in fez e camicia nera, erano di gommapiuma: «Il cinema non faceva male! Capii che il gioco era con la realtà, i film dovevano o potevano assomigliarle, ma non per questo essere “veri”. Intuii che il cinema poteva essere molto più interessante della vita». 

Sia Dino che Marco hanno tenuto diari e appunti giornalieri, talora premonitori, e il libro ne rende conto commentandoli via via. Ambedue hanno mescolato l’ammirazione per certi film classici alla propria esistenza quotidiana. Ecco Dino internato in Svizzera nel 1944 assieme, tra gli altri, a Giorgio Strehler, Franco Brusati, Livio Garzanti. «Una volta alla settimana, per tenere alto il morale degli internati, proponevano il cinema nel salone dell’albergo affollato. Fu proprio durante la proiezione di Accadde una notte di Frank Capra, che arrivò, come caduta dal cielo, una ragazza alta, bella, bionda. All’inizio ci fu un mormorio sommesso, indistinto, qualcuno si era voltato, poi si erano voltati tutti e la Claudia Mosca, sì, alla milanese, con l’articolo, figlia del medico del paese, quella che poi sarebbe diventata mia madre, fece il suo ingresso fra due onde di italiani allupati che sempre più forte fecero crescere un “ohhhhh” di entusiasmo con applauso finale».

 Marco, che avrebbe girato in Argentina Tre mogli e Maradona – La mano de Dios, racconta episodi esilaranti sul padre quando aveva girato in quel paese Il gaucho con Vittorio Gassman quasi senza utilizzare un copione. Un connubio indissolubile quello con il divo mattatore: «Si amavano tantissimo i due e in tante cose si assomigliavano. Ogni film che facevano assieme era una gara a conquistare per primo la protagonista femminile, e in parecchi casi ne hanno condiviso i favori, qualche volta l’uno all’insaputa dell’altro».

Il ritratto a tutto tondo, liscio e spigoloso assieme, del proprio Caro papà rinvia a quell’ironico pamphlet dell’era della contestazione psico/generazionale, diretto nel 1979 da Dino e co-sceneggiato da Marco.

Il quale mi ha precisato via mail: «Forse hai capito che psicanalizzare non è mai stato nelle nostre corde familiari, eppure questo libro in qualche modo è come una lunga seduta (con un certo distacco) psicanalitica. Caro papà è stato scritto per il 70% da Bernardino Zapponi e per il 30 da me. Tante cose di quel film mi sembravano un po’ “facili” e che comunque avesse a che fare con noi è fuor di dubbio. Io uscivo dalla depressione e papà ha sicuramente voluto darmi una mano coinvolgendomi e di questo gli sono infinitamente grato!». Da Fellini a De Sica, al friulano Sandro D’Eva, Anita Ekberg, Nelo Risi, Claudio Risi, Carlo Vanzina, Sophia Loren, Marcello Mastroianni, Alberto Sordi ecc, il cast del libro è indescrivibile.

      Troppo rapido m’era parso allora I miei mostri, dato che conoscevo e ammiravo l’autore da decenni (il mio primo articolo su di lui per Positif era intitolato “In nome dei mostri italiani”). Idem posso dire di Forte respiro rapido raccomandandolo fortissimamente.

Cinema e futuro

di Marco Fortunato

In Italia la chiusura delle sale, con il conseguente mancato incasso in mesi potenzialmente molto “buoni” per il cinema, è solo la punta dell’iceberg.

C’è il blocco dei set, dunque dei film in lavorazione, almeno una quarantina fino ad oggi senza contare le produzioni che avrebbero dovuto partire e ovviamente non partiranno.

Un pesante danno economico immediato per tutti i soggetti coinvolti (pensiamo ad attori, comparse, maestranze, ecc.) ma anche alle imprese dell’indotto che comprende agenzie di marketing, tipografie, trasportatori, ecc.
E poi c’è lo slittamento dei film già pronti che sarebbero dovuti uscire in queste settimane. Difficile fare una stima in questo caso. Si parla di almeno 70 titoli il cui destino è incerto e il cui futuro peserà anche sulla ripresa.

Alcuni presumibilmente verranno spostati (è il caso di Mulan della Disney o di Si vive una volta sola di Carlo Verdone), altri salteranno la sala per andare direttamente sulle piattaforme come ha annunciato NBCUniversal per The Hunt, Emma e L’uomo invisibile. Altri ancora vivranno per un periodo più o meno lungo in “pending”, in attesa di trovare una collocazione nel calendario cinematografico dell’anno con il rischio concreto di intasare lo stesso, replicando quella situazione – che già accade spesso in alcune settimane dell’anno – in cui escono moltissimi film (troppi), sovrapponendosi nelle sale e molto spesso impedendo anche agli spettatori più assidui di poterli apprezzare.

Che ne sarà, ad esempio di The French Dispatch di Wes Anderson e Tre piani di Nanni Moretti? Entrambi i titoli avrebbero dovuto essere in concorso a Cannes ma, dopo l’annuncio dello spostamento della kermesse, il loro futuro è incerto. E proprio il destino dei grandi festival è l’altra variabile da tenere in considerazione in questa analisi. Il
momento di grande incertezza potrebbe spingere alcuni titoli già pronti ad attendere ancora (anche se i cinema riaprissero) nella speranza di essere selezionati altrove. È il caso di Benedetta di Paul Verhoeven, Annette di Leos Carax o Memoria di Apichatpong Weerasethakul, opere firmate da maestri della settima arte ma che, a livello comunicativo, potrebbero avere grandi vantaggi da un passaggio (e magari un premio) in un grande festival internazionale.
Il che, riportando lo sguardo a casa nostra, potrebbe aprire scenari molto interessanti. Se la situazione dovesse rientrare entro l’estate ci sarebbero infatti i presupposti per un’edizione della Mostra del Cinema a Venezia come non si vedeva da molti, molti anni, con una sovrabbondanza di possibili capolavori.
Cosa fare, è la domanda che oggi tutti si pongono. Non è facile dirlo. Da una parte dovrà esserci ovviamente un’assunzione di responsabilità e l’impegno di tutta la filiera ad un muto soccorso per la salvaguardia degli equilibri del sistema. Dall’altra ci sarà bisogno del sostegno del pubblico, alla riapertura, per dare un segnale forte e magari ottenere quel prolungamento della stagione anche nella stagione estiva che potrebbe essere utilissimo per dare spazio in particolare al cinema d’autore da tempo grande assente dell’estate cinematografica.

#nonpuòpioverepersempre

di Marco Fortunato

In un momento di emergenza nel quale a tutti è chiesto un grande senso di responsabilità, anche Cinemazero deve fare la propria parte. Non è stato facile vedere le nostre sale chiuse e sapere che fino al 3 aprile i cinema di tutta Italia saranno costrette ad un riposo forzato privando la comunità di presidi culturali e sociali. Ma la scelta giusta, l’unica possibile in questo momento, e per questo la accettiamo e sosteniamo per il bene di tutti e
per poterci ritrovare, il più presto possibile, per rivivere insieme la magia del cinema.
Noi non ci fermiamo!” è stata la frase condivisa con i colleghi all’inizio della quarantena, nella consapevolezza delle necessità di testimoniare l’importanza di seguire le norme di sicurezza (anche se queste, per un pò, limiteranno la nostra socialità) ma con la voglia di lanciare un messaggio di speranza e di vicinanza ai nostri affezionati spettatori e a tutti gli
amanti di cinema. Perché, dopotutto, “non può piovere per sempre!”
Per questo abbiamo deciso di lanciare la campagna #lungavitaalcinema, chiamando a raccolta tutti gli amici, attori, registi, critici, produttori, maestranze del cinema che negli anni hanno calcato il palco di Cinemazero a cui abbiamo chiesto di condividere – con un breve videomessaggio (girato rigorosamente da casa) – un inno di speranza con l’obiettivo di rivederci il più presto possibile in sala.
Hanno aderito in tantissimi, tra cui Luca Bigazzi, direttore della fotografia di Sorrentino, Premio Oscar con La Grande Bellezza, i registi Mario Martone, Francesco Bruni e Andrea Segre… e molti altri che è impossibile citare.
È stata, ed è ancora oggi, un’esperienza bellissima, che ci ha fatto riscoprire, per l’ennesima volta, l’incredibile affetto che circonda Cinemazero. Un’occasione per certi versi unica, favorita anche dall’astinenza forzata della quotidianità, per riallacciare rapporti, perdersi in lunghe telefonate (o chat) che sono andate ben al di là del motivo dell’appello lanciato in origine. E ricavarne una grande lezione, quella dell’entusiasmo e della voglia di non arrendersi. Perché #nonpuòpioverepersempre (anche se siamo in FVG!) e domani
è un altro giorno!