Berlinale, innovando con garbo

Di Riccardo Costantini
La 73a edizione del Festival Internazionale del Cinema di Berlino ha recentemente concluso il suo usuale intensissimo viaggio cinematografico, guidata per il quarto anno consecutivo dall’italiano Carlo Chatrian, assieme a Mariette Rissenbeek. La direzione di questi ultimi anni ha portato una ventata di aria nuova a Berlino, rinnovando progressivamente con garbo e gusto la proposta sempre attenta ai temi di attualità e politicamente impegnata del festival. Le stesse classiche sezioni di Panorama e Forum, che seguiamo con attenzione in particolare in relazione alla nostra selezione di Pordenone Docs Fest, sono state in questi ultimi anni foriere di novità, sia sul versante degli autori coinvolti che delle forme narrative a cui hanno dato spazio. Complessivamente l’intero festival ha rinnovato il suo interesse per il documentario, e lo ha dimostrato non a caso la giuria internazionale, presieduta dall’eclettica attrice statunitense Kristen Stewart, e composta da personalità del calibro di Golshifteh Farahani, Valeska Grisebach, Radu Jude, Francine Maisler, Carla Simón e Johnnie To, che ha consegnato l’Orso d’Oro per il miglior documentario al maestro del genere Nicholas Philibert per il suo Sur l’Adamant, un lavoro che ha saputo incantare anche il largo pubblico. La giuria ha poi meritatamente premiato come miglior documentario The Eco di Tatiana Huezo, regista già molto affermata. Si tratta di un eccellente documentario di osservazione che testimonia lo sguardo sul mondo “in divenire” dei giovani di un remoto villaggio messicano, capaci di scoprire il mondo con originalità e profondità pur vivendo fuori da contesti maggiormente civilizzati.

È apparsa invece curiosa la scelta di premiare Orlando, ma biographie politique, che ha colpito la giuria proprio per quello che a noi è sembrato un escamotage datato e fine a se stesso: la voice over narrante, certo splendidamente scritta e capace di legare il racconto delle diverse vite di persone transgender, disposta in maniera però abbastanza didascalica su immagini di tableaux vivants forzatamente ricercate.
L’Italia ha fatto la sua parte con diversi titoli di qualità o d’importanza sociale, sul primo versante senz’altro il delizioso Massimo Troisi: laggiù qualcuno mi ama di Mario Martone (film a cui peraltro Cinemazero ha prestato diversi materiali d’archivio), mentre sul secondo Le mura di Bergamo di un regista costantemente innovativo ma coerente con se stesso come Stefano Savona.

Nonostante la bontà di questi titoli e l’importanza di questi autori, l’Italia ha si è ritagliata un posto nel palmares nell’ambito della fiction, con il magnifico Disco Boy di Giacomo Abruzzese che ha vinto l’Orso d’Argento per il Miglior Contributo Artistico. Il riconoscimento per Abruzzese conferma l’attenzione della Berlinale per i registi emergenti, continuando a rappresentare un’occasione unica per pubblico – ma anche per gli addetti ai lavori – di aggiornare il proprio panorama cinematografico.