Il futuro del cinema (e dei cinema) nell’era dello streaming

Quale futuro per la sala cinematografica? Come vincere la sfida del rinnovamento?

di Marco Fortunato

Sole e pioggia si sono alternati nel cielo di Lisbona che, dal 21 al 24 novembre, ha ospitato la 21ma Conferenza di Europa Cinemas, il network che riunisce le più importanti sale d’essai del continente. Un tempo atmosferico instabile, caratterizzato da luci e ombre, che sembrava quasi voler rispecchiare l’animo con cui molti esercenti – oltre 500 in rappresentanza di 27 paesi – si sono ritrovati a questo importante appuntamento nato per condividere progetti e best practices ma anche problemi, con l’idea che, lavorando insieme, si possano trovare le migliori soluzioni.

L’intensa tre giorni di lavori si è aperta con una sessione dedicata al confronto sull’evoluzione dell’esperienza cinematografica e sulle strategie da mettere in campo per valorizzarla e promuoverla sempre di più, in particolare tra i giovani. Tante le idee emerse, la maggior parte delle quali si sono focalizzate sul ruolo della sala cinematografica come luogo di aggregazione sociale e culturale. In un periodo di forte concorrenza con un numero sempre maggiore di competitors – su tutti le piattaforme di streaming – a dover essere messo in primo piano, più che il contenuto, è il contenitore, ovvero lo spazio, che deve sapersi distinguere ed essere in grado di offrire una pluralità di servizi. Molti colleghi di tutta Europa hanno presentato le proprie realtà, disegnando un quadro eterogeneo al cui interno spiccano i risultati di coloro che sono riusciti a fare delle proprie strutture dei veri e propri incubatori culturali che non si limitano a mostrare ma anche a produrre cultura. Cinema moderni, accoglienti, che ospitano, oltre alle sale di proiezione, anche punti di ristoro (da semplici caffetterie a veri e propri ristoranti più o meno caratterizzati), aule studio, aree espositive, spazi per VR e videogames e sono in costante dialogo con le altre realtà culturali della comunità in cui operano.

Molto interessanti le strategie elaborate per intercettare il pubblico giovane. La gran parte di esse punta sulle politiche di prezzo con formule di abbonamento flessibili e condivisibili che sfruttano l’attitudine delle nuove generazioni alla sottoscrizione di piani di pagamento a medio- lungo termine simili a quelli previsti dalle piattaforme. Emblematico il caso del Kinogruppe di Berlino che offre ai suoi spettatori più giovani delle tessere mensili flat (pagando una quota fissa si può venire al cinema quante volte si vuole) che negli anni hanno dimostrato ottime capacità di fidelizzazione del pubblico. Oltre a questo aspetto i sondaggi hanno dimostrato che i posses- sori di questa tipologia di tessere presentano una maggior attitudine alla sperimentazione. In altre parole sono più disposti a partecipare ad eventi e proiezioni di opere “minori” (sperimentali o comunque meno conosciute) perché – grazie al concetto del prezzo fisso indipendente dal numero di visioni – le percepiscono come se fossero gratuite e dunque prive di rischi da un punto di vista economico (l’idea è semplice nella sua banalità: sicco- me ho già pagato posso permettermi di andare a vedere un film anche se non sono sicuro che mi piacerà tanto non ho nulla da perdere). Ciò è risultato essere un espediente particolarmente efficace nel portare in sala, spesso per la prima volta, il giovane pubblico. Ovviamente è poi necessario fidelizzare questo pubblico, farlo cioè affezionare al cinema, e ciò lo si può fare soltanto grazie alla qualità della proposta.

Successivamente l’attenzione si è spostata su una questione solo all’apparenza di natura tecnica: la gestione dei processi d’acquisto dei biglietti online e il monitoraggio dei dati, due aspetti sui quali sembra esserci ancora molto da lavorare. Nel quadro d’insieme è emersa infatti una generale inadeguatezza di molti strumenti informatici attualmente in uso da parte delle sale, la maggior parte delle quali è dotata di siti obsoleti e spesso caotici. Sovrabbondanza di informazioni, ignoranza delle regole base della comunicazione e scarso senso pratico sembrano essere i difetti più comuni all’interfaccia web di molte realtà. In generale a mancare sembra essere soprattutto l’attitudine a considerare come strategico l’acquisto del biglietto che invece dovrebbe essere, a detta degli analisti, l’obiettivo primario di ogni portale di e-commerce (anche di cinema). Al di là di questo l’importanza primaria di questi strumenti resta comunque la capacità di monitorare i comportamenti del proprio pubblico, i suoi gusti e le motivazioni delle sue scelte. Ciò dovrebbe permettere di raccogliere il maggior numero possibile di dati sulla cui analisi impostare le scelte strategiche della sala, dalla programmazione alla comunicazione passando per le politiche di prezzo. Esistono in questo senso numerosi software che possono aiutare nella gestione e nell’analisi, non sempre immediata, di quelli che tecnicamente sono definiti big data. Ma non di solo web vive il cinema, anzi. Fil rouge dei molti interventi che hanno caratterizzato questo panel, è stata la sottolineatura dell’importanza dell’elemento umano, vero valore aggiunto della sala cinematografica. Nessun sito o modello matematico potrà mai sostituire la cassiera o la maschera, con la loro capacità di interazione strettamente personale con il pubblico. Un esempio da seguire, in questo senso, è quello del cinema Beltrade, un monosala indi- pendente alla periferia di Milano, che ha fatto del dialogo con i suoi spettatori uno dei suoi tratti distintivi.

Sempre attorno al tema del rinnovamento pubblico si sono sviluppati alcuni dei workshop, in particolare quello dal titolo “Getting into the Mindest of New Generations” che ha in qualche modo introdotto il tema forse più atteso, quello della coesistenza tra sala cinematografica e piattaforme streaming.

Nel corso di questo laboratorio è stata presentata l’esperienza del Kinodvor di Ljubljana, che ha lanciato un progetto rivolto ai giovani da cui ha tratto ispirazione anche lo Young Club di Cinemazero. Impossibile non lasciarsi coinvolgere dall’entusiasmo – che traspariva da immagini e video – degli “spettatori di domani”, ragazzi tra i 16 e i 25 anni, impegnati a seguire la programmazione, l’organizzazione e la promozione di vere e proprie rassegne, dando prova di una passione e una competenza al di sopra di ogni aspettativa.

Diverso per contenuti, ma non meno interessante, l’intervento del coordinatore di MUBI, il più importante portale streaming europeo, attivo anche come distributore. Al di là delle caratteristiche specifiche l’unicità di MUBI sta nell’aver sviluppato una forma di partnership con numerose sale cinematografiche con l’obiettivo di mettere in contatto i relativi pubblici. La piattaforma si impegna in attività di marketing volte a promuovere i film in sala e allo stesso tempo offre ai suoi sottoscrittori un biglietto omaggio da usare nelle sale partner per tutti coloro che scaricano la sua app.

Con questo carico di informazioni e stimoli si è arrivati – last but not least – alla sessione con- clusiva dall’ambizioso titolo “The future of indipendent film in the streaming era” tutta giocata sul rapporto sala-piattaforma. Difficile sintetizzare a parole il momento clou dell’intera conferenza, che ha visto esporre tesi contrapposte circa la possibile convivenza tra le diverse modalità di fruizione. In generale a risultare prevalente è stato un atteggiamento di apertura verso le piattaforme, nella convinzione che, comunque, il ruolo della sala cinematografica possa essere riconosciuto ed apprezzato da parte di pubblico che sembra essere ogni giorno più maturo e più “pronto” a comprendere la differenza tra una visione privata e una pubblica. Sarà veramente così? Forse è presto per dirlo ma di sicuro ci si può mettere al lavoro, da subito, per marcare questa differenza, puntando sull’unicità dalla sala e sul suo ruolo sociale oltreché culturale. È una sfida che le sale d’essai, e con esse Cinemazero, sono pronte ad affrontare. Consapevoli che, anche a Lisbona, dopo tante nuvole è uscito il sole.

Imparare guardando

Bilancio e prospettive dell’attività didattica di Cinemazero

di Manuela Morana

A dicembre, complici le feste, si tira il fiato, sì, ma anche una linea. Si fanno un po’ di conti di quel che si è fatto e registrato a partire da settem- bre e ci si prepara al nuovo anno che da sempre porta con sé l’avvio di una ricca stagione di proiezioni ed eventi didattici tutta da vivere e scoprire. Dopo le proiezioni-evento di settembre, accompa- gnate dal commento critico delle voci di Hollywood Party di RadioRai3 targate Alice nella città, nel segno di una nuova collaborazione con Cinemazero che ha visto la partecipazione di centi- naia di studenti, dopo le mattinate-evento durante Le Giornate del Cinemamuto e dopo la notevole platea concentratasi attorno ai film della rassegna “Trent’anni senza muro” dedicata al trentennale della caduta del muro di Berlino in collaborazione con Le Voci dell’Inchiesta, al film La Famosa invasione degli orsi in Sicilia e ai film dedicati all’ambiente in collaborazione con Friday For Futures, si punta dunque lo sguardo verso il futuro, precisamente a gennaio, e si svelano i nuovi titoli che a Cinemazero consentono di celebrare la Giornata della Memoria in collaborazione col Comune di Pordenone. Tre, quest’anno, sono le opere davvero imperdibili. La prima è un film d’autore con la A maiuscola, portando la firma di Roman Polanski, che rivisita e richiama alla memoria il caso Dreyfus, capitolo della storia politica e giudiziaria che solleva interrogativi sui temi della giustizia, della colpa e più in profondità della verità. Ma non solo: le vicende che hanno visto protagonista il capitano ebreo condannato per essere ritenuto informatore dei nemici tedeschi nel 1895, sono un esempio di come razzismo e intolleranza verso il diverso possano generare effetti distruttivi della dignità umana, come ogni anno, in occasione della Giornata della memoria, non si perde occasione di rilevare attraverso le opere cinematografiche. Il film ha suscitato non poche (e forse, inutili?) polemiche attorno a sè: farà altrettanto nel nostro paese dove le prime settimane di proiezione sembrano celebrarlo come uno dei migliori del maestro polacco?

La seconda opera, #AnneFrank. Vite parallele, di Sabina Fedeli e Anna Migotto, coprodotta da l’Anne Frank Fonds Basel, è un’opera documentaria che ripercorre la vicenda di Anna Frank attraverso le pagine del suo diario e di quelle di altre adolescenti deportate nei campi di concentramento. La voce di Helen Mirren, degna di essere ascoltata nella sua versione originale, insegue le vicende di un gruppo di giovani donne e da forma a un messaggio che è una invocazione a resistere e a non cedere di fronte all’attuale diffondersi di razzismo e odio.

La terza è il film 1938 – Diversi di Giorgio Treves, ricognizione ancora una volta nella forma del documentario con un ampio utilizzo di materiali d’epoca del percorso che nel nostro paese ha portato dalla genesi alla applicazione delle leggi antiebraiche.

Dopo gennaio, il mese di febbraio vedrà l’appuntamento in sala in occasione della Giornata Nazionale contro il Bullismo e il Cyberbullismo a scuola (7 febbraio) e il Giorno del Ricordo (10 febbraio). A marzo, invece, la proposta cinematografica sarà fortemente dedicata alle donne, in occasione dell’8 marzo. Tra i titoli in programma, c’è anche il lungometraggio di animazione I racconti di Parvana di Nora Twomey, storia di una undicenne che sotto il regime talebano a Kabul, mette in atto un’impresa a dir poco eroica: travestirsi da uomo per lavorare e aiutare la sua famiglia.

Spingendo lo sguardo ancora più lontano, scopriremo che ad aprile ritorna il festival Le Voci dell’Inchiesta e insieme un cartellone di eventi per studenti e insegnanti all’insegna dell’attualità, dei diritti umani e dell’educazione civica. Registi, giornalisti e professionisti del mondo sco- lastico saranno al centro di proiezioni, incontri e workshop per sintonizzarsi sul presente e non perdere l’occasione di approfondire temi e vicende del nostro contemporaneo.

Per maggiori informazioni scrivere a didattica@cinemazero.it

Il Festival che ha il dono dell’ubiquità!

Tre serate ricche di emozione alla scoperta degli elementi della Natura

di Paola Bristot

Nella 12° edizione del PFA assistiamo a una espansione territoriale e ad un accavallarsi di richieste di proiezioni che fa ben sperare nel futuro del cinema di animazione.

L’edizione del 2019 si contraddistingue però per la presenza di 2 lungometraggi realizzati da due giganti dello storytelling: Lorenzo Mattotti e Igort. Due film molto diversi, per tecnica e approccio narrativo, il primo è un film d’animazione classico tratto dall’omonimo libro di Dino Buzzati: La famosa invasione degli orsi in Sicilia, il secondo è un film con solo alcuni intermezzi animati che parte dal libro dello stesso regista: 5 è il Numero Perfetto. Abbiamo pensato a una comunicazione sul festival proprio come un “Attenti a quei due!” tanto sono paralleli i percorsi artistici di Igort e Mattotti che pure nelle loro diversità di stile si possono considerare due imprescindibili autori nella scena internazionale del fumetto e ora del cinema.

Come corollario ai film si sono proposte anche le mostre Dal libro al Grande Schermo, titolo che accomuna la scelta curatoriale che vede esposti materiali relativi ai libri, al back-stage, foto e disegni. Segnaliamo anche la mostra dei disegni della sigla della 74° Mostra del Cinema di Venezia, di Giovanna Durì poi animati da Uolli, aka Tomas Marcuzzi, visita- bile dal 23 novembre all’8 dicembre allo studioviva- comix. Per quanto riguarda gli eventi performativi che accompagnano il festival segnaliamo la proposta di una altro fumettista celebre: Davide Toffolo, “Graphic Novel is Back” e poi altri appuntamenti con accoppiate di musicisti e animatori: “Flusso” e “Planet of Falling Paths“, dove si esibiranno Cosimo Miorelli con Massimo De Mattia e Stefano Giust e ancora Stefano Giust con Patrizia Oliva e Igor Imhoff. Verrà presentato il progetto “Tesla” al Conservatorio Giuseppe Tartini di Trieste che ha visto la partecipazione dell’Accademia di Belle Arti di Venezia, il Conservatorio e la Faculty of Applied Arts di Belgrado.

Poi le presentazioni editoriali di Marco Capellacci, Roberto Paci Dalò e Andrea Martignoni, Roberto Paganelli.

Eventi che si rincorrono nelle principali sedi del Festival da Trieste a Pordenone a Udine.

I programmi dei cortometraggi vedono la selezione di circa 80 film provenienti da tutto il mondo, molti in prima assoluta per l’Italia. Tra gli autori coinvolti: Regina Pessoa, Theodore Ushev, Danijel Zezelj, Michael Frei, Donato Sansone, Anu Laura Tuttelberg, Luka Toth… Sarà una bella gara per la giuria composta da Andrijana Ružić, Igor Imhoff e Carlo Montanaro.

Ai programmi principali si aggiungono Visual&Music il cui vincitore otterrà il Premio Toffolo: un disegno realizzato dall’artista pordenonese. Inoltre i programmi Panorama, Animakids e Animayoung selezionati da Giovanni Sgrò che coadiuva i referenti per le scuole delle organizzazioni partner del Festival per un coinvolgimento degli studenti che è sempre più numeroso e attivo nei laboratori. Saranno presenti lo Studio Bozzetto alle proiezioni a Udine per le scuole, inoltre a ricordare la Storia dell’Animazione, verrà presentato uno degli episodi del celebre Professor Balthazar, il celebra personaggio ideatodall’autore croato Zlatko Grgić e prodotto dalla Zagreb Film. Tra i programmi anche Cosmo dedicato all’anniversario dello sbarco sulla Luna con la presentazione del Fllip Book in Realtà aumentata creato da Jossie Malis con la compositrice Julie Reiner, Apollo 11, basato sui video dello sbarco sulla Luna dagli archivi della NASA, una ricerca durata anni che riprende l’evento in seguenze sincronizzate da più angolazioni. Come finale del Festival segnaliamo a Trieste al Cinema Miela La Festa del Paradiso prodotta da Wundekammer e di cui il PFA è partner, la nostra dedica al genio di Leonardo da Vinci nel- l’anniversario celebrato quest’anno.

Cento anni di Fellini il grande visionario!

Magazzino delle Idee, Trieste, 8 dicembre 2019|1 marzo 2020

di Andrea Crozzoli

«A chi mi chiede di La dolce vita, come nei test delle associazioni, rispondo subito: Anita Ekberg! Ilfilm, il suo titolo, la sua immagine sono inseparabili da Anita. Era di una bellezza sovrumana… quella gloria da divinità elementare, quella salute da squalo, quel riverbero da solleone… rispondeva così Federico Fellini a chi gli chiedeva del film, ed aggiungeva: «Se dovessi trovare un precedente stampato a questo mio film, sarebbe stampato in rotocalco.». Furono infatti proprio i rotocalchi una delle sue primarie fonti di ispirazione tanto che, per meglio documentarsi, invitò a cena da Gigetto er pescatore, nel novembre del 1958, un gruppo significativo di fotografi che con i loro scatti alimentavano i giornali dell’epoca con immagini e “volti, atteggiamenti, sbadigli, sorrisi, starnuti, smorfie, bocche aperte verso forchettate di spaghetti, baciamani golosi, genuflessioni sgangherate, espressioni ottuse. volti, atteggiamenti, sbadigli, sorrisi, starnuti, smorfie, bocche aperte verso forchettate di spaghetti, baciamani golosi, genuflessioni sgangherate, espressioni ottuse.”come scrisse lo stesso Fellini. Fra loro c’erano Pierluigi e Tazio Secchiaroli, due protagonisti dell’allora Hollywood sul Tevere, che suggerirono al maestro riminese alcuni episodi vissuti che poi avrebbero formato il corpus de La dolce vita, “diventato un luogo dello spirito, una categoria mentale, una visione del mondo, uno dei tratti costitutivi del carattere degli italiani” come scrisse acutamenete Tullio Kezich. All’uscita del film, nel febbraio 1960, un coro di fischi accolse Fellini. Si arrivò persino agli sputi a Milano, tanto che sul Corriere della Sera Indro Montanelli i sentì in dovere di scrivere: “…alla resa dei conti, questo ritratto della società romana non ispira che un senso di squallore, di noia, di solitudine, e di pietà per i suoi protagonisti… Se il censore è intelligente (ma può esserlo, un censore?), lasci che questa sconvolgente «cavalcata» proceda senza intoppi fino al traguardo che forse Fellini non si proponeva nemmeno, ma che con sicurezza raggiunge: quello di mostrare al pubblico che la dolce vita è una vita opaca e triste, dove più che ricercare il piacere si fugge la disperazione.” Sarà la Palma d’Oro a Cannes e il grandissimo successo in tutto il mondo a consacrare il film che viene considerato, secondo una classifica della Bbc, una delle cento opere più geniali del ventesimo secolo. Un film assurto a metafora di un momento storico e rappresentazione insuperata dell’Italia e degli italiani alla vigilia del grande boom.

Tutto questo, e molto altro, racconterà la grande mostra che Trieste dedica a Federico Fellini per i cento anni della nascita (1920/2020) del maestro riminese al Magazzino delle Idee fino al 1° marzo 2020. Accanto a La dolce vita ci saranno in mostra anche le preziose immagini dell’altro capolavoro assoluto, quella “nevrosi dell’impotenza illustrata da Fellini con una precisione clinica impressionante e, forse, talvolta persino involontaria” come scrisse Alberto Moravia, ovvero Otto e mezzo, la “storia di un uomo ingorgato, proprio bloccato da questi fantasmi dovuti in parte all’educazione e in parte a certe proiezioni di se stessi in ideali irreali” come scrisse a proposito del film lo stesso Fellini. Con Marcello Mastroianni sempre protagonista, qui più che mai, alter ego di Fellini stesso in un rapporto osmotico dove “solo loro si capivano e si dicevano in un loro misterioso linguaggio se la sera lui avrebbe visto quella là o se lui a Fregene si vedeva con quell’altra lì… La bellezza di ambo i personaggi era questa estrema serenità e infantilismo. E questo forse gli permetteva di essere così semplici. Perché Marcello, per esempio, è stata la persona più semplice del mondo.” ricorda Rossella Falk.

Film pluripremiato (fra cui due Oscar), riferimento ineludibile per moltissimi altri registi, punto inarrivabile dell’arte e della poetica felliniana. Opera tentacolare dai due finali, di cui uno cono- sciuto e copiato, come mai prima, e uno girato e scomparso: “la sequenza del vagone ristorante viene messa da parte, con grandi raccomandazioni di conservarla perché è bellissima; invece dopo un po’ nessuno sa più dove è andato a finire il negativo”scriverà puntualmente Tullio Kezich nella sua documentata biografia Federico Fellini, la vita i film.

Sono rimaste solo le preziosissime fotografie scattate da Gideon Bachmann a documentare questo finale scomparso, bellissimo e misterioso.