Riprendono gli incontri di Primavera organizzati dal CAI!
Di Grazia Pizzoli
Riprendono gli Incontri di Primavera, organizzati dal Club Alpino Italiano di Pordenone.
L’iniziativa parte dalla naturale propensione del CAI per le tematiche legate al mondo della montagna, quest’anno però gli amici della sede di Pordenone cercheranno di mostrare le facce più nascoste, meno note, dello screziato mondo delle terre alte.
Questi argomenti verranno rappresentati in due serie di
incontri (uno primaverile e uno autunnale), con l’obiettivo di ricomporre
un’immagine unitaria a partire dalle molte facce, note e meno note, che può
mostrare la montagna.
Per il ciclo primaverile si parte giovedì 13 maggio con lo streaming gratuito su AdessoCinema di Entroterra di Andrea Chiloiro, Matteo Ragno, Riccardo Franchini, Giovanni Labriola, film tratto da un’esperienza di viaggio e di ricerca che ricostruisce i recenti processi di spopolamento di territori molto distanti fra loro: dall’Emilia alla Calabria, dalla Campania all’Abruzzo, storie, luoghi e personaggi si intrecciano in un’unica voce appenninica, in cui eventi e tendenze affini rivelano nuove prospettive e possibili radicamenti in alta quota.
Giovedì 20 maggio ci ritroviamo invece a Cinemazero con la Commissione TAM – Tutela ambiente montano per riflettere su cambiamenti climatici, neve e industria dello sci.
Con l’ultimo INCONTRO primaverile, il 27 maggio ci ritroviamo di nuovo a Cinemazero con Angelo Floramo, Mauro Daltin e Alessandro Venier, autori del libro Il fiume a bordo, viaggio lentissimo dalla sorgente del fiume Tagliamento fino alla sua foce, a Lignano, per raccontare le geografie, la Grande Storia, ma anche per entrare dentro le vite dei protagonisti in un reportage intimo e ironico. Alla presenza degli autori, modererà la serata Daniele Zongaro, della libreria QUOVADIS?
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La notizia sembra incredibile: il film di Francesco Rosi Cadaveri
eccellenti e cioè gli autori del
film, tra i quali forse dovrei trovarmi anch’io, poiché non
so tra giurisprudenza ed estetica se è già stato deciso chi sono gli autori di
un film, è stato denunziato per «vilipendio» delle
istituzioni. La notizia segue di appena un giorno quella data da Elio Petri,
che il film Todo modo tratto da altro
mio racconto, avrebbe dovuto subire una specie di boicottaggio nella
distribuzione, a impedire che facesse gioco elettorale contro la democrazia
cristiana. […]
E il vilipendio dunque appunto consiste nel dire la
verità sulle istituzioni. Il film di Rosi di verità sulle istituzioni ne dice
molte. Direi che è un mosaico di verità tratte dalla cronaca di questi ultimi
anni. Di verità su quel groviglio di non verità che è diventata l’Italia. C’è una
sola verità che le istituzioni abbiano detto in questi ultimi anni? Da quando,
nel cortile di una casa di Castelvetrano, è stato rinvenuto il cadavere del
bandito Salvatore Giuliano, le istituzioni si sono votate alla menzogna. La
verità, quegli italiani che ne sentivano il bisogno, se la sono faticosamente
cercata, un tassello dopo l’altro, e sempre
con qualche tassello che mancava e che manca. Perfino le inchieste
parlamentari, dalle quali si poteva sperare una parola definitiva, una
indicazione di colpe e di colpevoli, sembra abbiano soltanto inaugurato una
specie di genere letterario. C’è la lirica, il dramma, il romanzo; e anche l’inchiesta
parlamentare. Si può fare un lungo elenco delle menzogne che le istituzioni
hanno prodigato agli italiani, facendo vilipendio a se stesse fino a svuotarsi.
E saremmo accusati di vilipendio, considerando che il film di Rosi non ha fatto
di più, e forse anche di meno? » (Tempo,
9 maggio 1976).
Un estratto dal volume postumo di
Leonardo Sciascia Questo non è un racconto
(Adelphi, 2021). Una miniera d’oro. Riflessioni tratte da fonti sparse, assieme
a testi inediti, e tutti quanti riguardanti il cinema, scritti da un cinéphile di lungo corso. Formidabili, ad esempio,
gli elogi alla collana libraria “Dal soggetto al film”, edita a Bologna da
Cappelli, o alle imprese erotico-iconografiche dello storico franco-italiano Lo
Duca. L’inno nostalgico dedicato a Gary Cooper, quel mito che gli era apparso
tra i soldati americani sbarcati in Sicilia nel 1943. I ricordi della fulgida
Clara Bow e dell’amatissimo René Clair. Le sfuriate anti-viscontiane,
anti-antonioniane, anti-germiane, anti-pasoliniane, anti-bologniniane, peraltro
lucidamente motivate nel rispettivo Contesto.
A Sciascia chiesero di collaborare autori quali Roberto Rossellini,
Michelangelo Antonioni, Bernardo Bertolucci. Paolo Squillacioti, il curatore
della raccolta, ne fornisce vari dettagli. Di tre “soggetti” non realizzati
possiamo immaginare, leggendoli, gli sviluppi. Uno per Carlo Lizzani e per il
tycoon Dino De Laurentiis, e un altro per Lina Wertmüller, ambedue di
ambientazione siculo-mafiosa. Infine un terzo per Sergio Leone, che in realtà è
un esilarante resoconto dell’incontro che Sciascia ebbe a Palermo con il
maestro dei western all’italiana.
Inaspettata, come la realtà che appare – rovesciata! – nella più semplice camera oscura, è arrivata la riapertura delle sale cinematografiche. Il 26 aprile 2021, dopo 6 mesi praticamente esatti, i cinema italiani hanno potuto riaprire. Tensioni di piazza, politiche, crisi economica e di molte attività hanno “premuto” verso un’accelerazione: così, quasi a conclusione di questo terzo percorso (dopo l’arte contemporanea di “6 vetrine incontrano gli autori” e della grafica/illustrazione di “Zero_Comix”), il “raggio verde” ha illuminato di nuovo gli schermi di Cinemazero…e le vetrine solitamente destinate alle locandine dei film sono state rioccupate prima dai materiali riannuncianti – con tanto di arcobaleno – l’agognata riapertura, poi i primi film in programmazione.
Con gentilezza, doppia perché densa di molti significati, le foto di Guido Cecere “I calendari Dolomite” sono state portate nel foyer delle sale, ad adornare le pareti di ingresso: per Cinemazero un segno importante che siano stati gli scatti di un amico di lunga data (spettatore fedele, collaboratore, consulente, curatore di mostre per gli spazi Zeroimages, membro del comitato scientifico della nostra associazione…) a riportarci in sala, a prendere per mano il pubblico e condurlo – con il sorriso tipico di Guido, anche divertito e ironico – a riscoprire la magia del cinema. Un compagno di viaggio mancato poco tempo fa, e che non a caso avevamo scelto – grazie anche alla disponibilità della famiglia – per chiudere un cammino espositivo che per “natura” fa parte della storia di Cinemazero: la fotografia arma il cinema, e già questo basterebbe, ma la storia della nostra attività è da sempre legata alla ricerca, alla valorizzazione, alla custodia dei beni fotografici. Un tratto saliente, che ha reso – proprio in nome dei suoi rari e preziosi patrimoni (con decine e decine di migliaia di scatti conservati), in particolare dedicati alla storia del cinema, degli autori, dei set – Cinemazero noto nel mondo, con le sue mostre, con le sue collezioni e scoperte. Con piacere, pur essendo la fotografia appunto qualcosa di connaturato alla storia di Cinemazero, la curatela di un percorso espositivo dedicato all’ottava arte è stato affidato a un fotografo professionista che con coraggio ha animato in città – spesso proprio insieme a Guido Cecere – uno spazio espositivo votato alla qualità: Leonardo Fabris, della Galleria Due Piani. La contaminazione, la scoperta, il dialogo con il territorio e con i curatori indipendenti, la fertilità dell’apertura ad altre arti sono stati del resto tratti salienti di tutto il cammino delle esposizioni nelle bacheche durante i mesi di chiusura. In questo percorso conclusivo 3 fotografe e 3 fotografi, con equilibrio giocato anche in “parità di genere”, hanno accompagnato lo scorrere del tempo strano della pandemia (alle volte lentissimo, alle volte uguale a se stesso, ma comunque inarrestabile e particolarmente “smemorato”) portando gli istanti racchiusi nei loro scatti a dilatarsi nell’osservazione del pubblico che ha sempre visitato con partecipazione e costanza la nostra “più piccola galleria d’arte a cielo aperto” del mondo. Abbiamo potuto – negli “scampoli” di libertà concessi al nostro territorio, spesso in “zona rossa” in questo ultimo periodo – sostare davanti alle bacheche scoprendo con le foto di un artista di fama internazionale quale Luca Campigotto come “Gotham City”/New York possa essere uno spazio alienato e alienante, armato – nel vuoto – di una bellezza cristallina e imperiosa, specchiantesi nei bizzarri palazzi della nostra piccola e paesana Ghotam pordenonese, altrettanto ammantata di silenzi e presenze ectoplasmatiche.
I ritratti “frantumati” di un altro fotografo noto nel mondo, Maurizio Galimberti, hanno “porzionato” la nostra usuale visione (dinamica e scorrevole, “a schermo”) di divi del cinema e della musica, ricordandoci come il punto di vista e di focale siano accezioni molto umane, il cui valore è generato dalla moltitudine di sguardo e dalla sua varietà. Sofia Uslenghi, in un concentrato di modernità ossimorica, arricchisce i suoi scatti con interventi digitali fatti pennellate quasi “analogiche” alla vista, sempre all’insegna del bilanciato, della qualità estetica, della nettezza espressiva. Ci ha ricordato come il cammino di questo tempo è stato per molti quello di rinegoziare il sé, di trovare un nuovo equilibrio, di guardarsi dentro con uno specchio che abbiamo osservato anche troppo, fino a farlo rompere, con i rischi che questo comporta, alla fine felici di ritrovarci: noi stessi, ma diversi. Allo stesso modo, ma con altri esiti, quasi metafisici, Valentina Gurli ci ha ricordato – in una città molto sensibile a questi temi – la forza intrinseca delle donne, che per troppo tempo sono state costrette a rinunce e limitazioni, di cui spesso portano ancora collettivamente o singolarmente quasi un esito sul corpo: la storia di una vale per molte, ma non vale per il tutto della società che ancora deve fare molta strada per riaccogliere la donna nella sua interezza, in tutte le sue manifestazioni, in tutta la sua intrinseca forza e bellezza. Temi non solo di Pordenone e di molte associazioni che nel territorio se ne occupano, ma molto anche di Cinemazero, che da tempo in particolare con il suo “Pordenone Docs Fest – Le voci dell’inchiesta” fa un lavoro costante di sensibilizzazione alla parità di genere.
Infine, gli amici. Di Guido
Cecere abbiamo detto, ma serve forse ricordare come i suoi “Calendari Dolomite”
nel tempo fossero diventati autentici oggetti da collezione, non tanto da
esibire in casa o in ufficio (causa il timore che le stampe se esposte potessero
scolorirsi, con le loro magnifiche cromie), ma da conservare gelosamente e
mostrare a chi ci faceva visita: “ah, guarda, anche quest’anno Guido mi ha tenuto
una copia; puoi sfogliarlo, ma non portarlo via!”…facendo morire d’invidia chi –
magari non in stretto contatto con lui – non era riuscito ad accaparrarselo.
Non è nostra tradizione piangere troppo per chi se n’è andato, e a Guido questo
non sarebbe forse piaciuto, ma certo avremmo desiderato – lo ammettiamo – fare ancora
qualche mostra con lui. E ridere a cena, di qualcosa di insolito, di un
dettaglio, di un particolare umano che nella sua tipica scelta di scala, 1:1,
ci ricorda che siamo tutti uguali, ma fortunatamente differenti. Originali.
Infine, il cammino si è aperto con un’altra amica – senza paura di abusare di questa parola – di Cinemazero: Elisa Caldana ci segue da anni e anni, con discrezione e partecipazione, mettendosi di lato o dietro gli ospiti quando serve, per mostrare noi, il nostro pubblico, chi ci fa visita: ospiti, registi, attori… È non solo la nostra fotografa, ma la nostra memoria, una traccia visiva e molto personale, curiosa e originale, come dovrebbe essere lo sguardo di un vero ricordo, pronto a riapparire per ribadire chi siamo e cosa abbiamo fatto, ma sempre fresco e rinnovato nell’oggi. Esporre i suoi scatti creativi, per noi che le affidiamo documentazione di eventi, è stato un regalo doveroso e piacevole, perché con lei condividiamo l’amore per la musica Jazz (l’altra sua grande “vocazione” fotografica), per l’accadere quotidiano pieno di contrasti e rivelazioni…e i brindisi a fine festival, discutendo fino a tarda notte se l’evento sia riuscito, se il film fosse quello giusto, se potevamo fare una cosa meglio, e farci venire una nuova idea… Per adesso la migliore: riaprire il cinema. Ci vuole un brindisi, ci vuole una foto, storica in qualche modo. Finalmente. Click. O ciack? …quasi lo stesso suono…
L’abbiamo sognata, immaginata, programmata fino nei minimi dettagli. E infine vissuta, ed è stata un’emozione unica. Dopo un “blackout” che ci è sembrato senza fine, dopo più di sei mesi senza poter vedere un film in sala, ritrovarci e ritrovarvi a Cinemazero è stato un po’ come rinascere.
Non a caso più che di riapertura si è parlato di ripartenza – anche se come ben sapete in questi mesi fermi non lo siamo mai stati – ma nulla può sostituire l’esperienza della visione collettiva.
I primi a dircelo siete stati
proprio voi quando, lunedì 26 aprile, siete iniziati ad arrivare per vedere Minari di Lee Isaac Chung, il film
coreano che abbiamo scelto, insieme alle più importanti sale d’essai d’Italia per
riprendere le proiezioni. Da sotto la mascherina, sorridendo (lo si intuiva) ci
avete confessato – quasi con imbarazzo – che avete fatto l’abbonamento a
qualche piattaforma (“perchè senza film non so stare”) ma che i film, al
cinema, sono un’altra cosa, che vi siamo mancati, che questo film (Minari) non
lo conoscete… “ma se lo danno a Cinemazero allora vuol dire che merita”.
E siete riusciti a farci dimenticare questi lunghi mesi senza di voi, il nostro
pubblico, il pubblico di Cinemazero. Non è stato semplice. Le incognite erano e
per certi versi sono ancora tantissime. I protocolli, la politica delle case di
distribuzione, il coprifuoco. Ma non abbiamo mai avuto dubbi. Dovevamo esserci,
da subito, per lanciare un segnale forte, perché Cinemazero è un luogo di
cultura ma anche di socialità, uno dei cuori pulsanti della città.
Avremo voluto esserci tutti e non potendo farlo fisicamente (avremmo creato assembramento) abbiamo scelto di ringraziarvi “a distanza” con un piccolo video, che se volete potete trovare ancora qui. E abbiamo pensato di premiare, simbolicamente, due di voi, Camilla e Federico, gli spettatori, più veloci ad acquistare i primi biglietti.
Oggi, a distanza di qualche
giorno, l’emozione continua. E siamo davvero travolti dal vostro entusiasmo e
dalla vostra voglia di cinema.
Le presenze sono in crescita e,
proprio mentre scriviamo alcuni spettacoli del weekend stanno per registrare il
tutto esaurito. Nel frattempo ci stiamo scambiando dei messaggi con Filippo
Meneghetti, giovane regista italiano che la Francia ha scelto per essere
rappresentata agli Oscar (il film per poco non è entrato nella cinquina finale)
e che tra poche ore sarà a Pordenone per presentare in anteprima la sua opera
d’esordio, Due.
È il primo incontro con l’autore di questa “nuova era” che ci è sembrato giusto riprendesse valorizzando uno degli elementi insostituibili dell’esperienza cinematografica e della storia di Cinemazero, la possibilità di incontrare dal vivo e di dialogare con chi il cinema lo fa, un’emozione che nessuna piattaforma o diretta streaming potrà mai sostituire.
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