maggio 2023

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Editoriale:

Tre è il numero perfetto L’Italia a Cannes Due Maestri indiscussi e una tra le più talentuose voci femminili del cinema italiano. È questa l’istantanea della delegazione tricolore che nei prossimi giorni sbarcherà al festival di Cannes, nella sezione più prestigiosa, quella del concorso ufficiale. De Il sol delll’avvenire di Nanni Moretti si è già detto, scritto e visto quasi tutto, poichè il film è già uscito in Italia (il...

Tre è il numero perfetto

L’Italia a Cannes

Due Maestri indiscussi e una tra le più talentuose voci femminili del cinema italiano. È questa l’istantanea della delegazione tricolore che nei prossimi giorni sbarcherà al festival di Cannes, nella sezione più prestigiosa, quella del concorso ufficiale.

De Il sol delll’avvenire di Nanni Moretti si è già detto, scritto e visto quasi tutto, poichè il film è già uscito in Italia (il 20 aprile) e il regista l’ha accompagnato in un lungo tour promozionale durante il quale ha raccontato la genesi e i retroscena di un film che pur racchiudendo una summa del suo cinema “non è un bilancio, al massimo (ma non è detto) potrebbe chiudere una fase, la prima, della mia lunga carriera, che avrà certamente anche una seconda e forse una terza fase” come ha tenuto a precisare lui stesso dal palco di Cinemazero nel corso di un divertente e partecipatissimo incontro con il pubblico.

In contemporanea al passaggio sulla Croisette uscirà invece Rapito di Marco Bellocchio, ispirato a una terribile storia vera, quella del rapimento avvenuto in piena notte ad opera della polizia pontificia e della Santa Inquisizione di un bambino, Edgardo, strappato ai propri genitori, per essere forzosamente allevato sotto la custodia di Papa Pio IX, suscitando così un vero e proprio caso internazionale. Una vicenda decisamente poco conosciuta, accaduta a Bologna nel 1858, divulgata a malapena dagli storici, censurata nei libri di scuola e riportata a galla solo nel 1997 da Daniele Scalise che per Mondadori scrisse un libro dal titolo “Il caso Mortara La vera storia del bambino ebreo rapito dal Papa”.

La sottrazione del piccolo, strappato ai propri genitori di origine ebrea, si narra sia stata voluta direttamente dalle alte sfere vaticane a cui era giunta notizia che il bambino era stato segretamente battezzato all’insaputa dei suoi genitori, contravvenendo così al divieto – previsto dalla legge canonica – che al tempo vietava agli ebrei di crescere bambini cattolici. La famiglia per anni inviò direttamente al Pontefice suppliche e petizioni, ma senza esito. A favore della famiglia di Edgardo si mosse tutta la comunità ebraica di Bologna e Roma nonchè nomi illustri da tutto il mondo, indignati dalla prepotenza del Papa cattolico. Da Napoleone III Francesco Giuseppe d’Asburgo, fino a Cavour che colse immediatamente l’importanza politica della vicenda (che poteva aiutare a “screditare” lo Stato pontificio) e perfino i quotidiani statunitensi ne parlarono a lungo. Ma Pio IX non cederà a nessuna pressione e rispose sempre «Non possumus».

Proprio su quest’ultimo aspetto, quello politico, sembra che sia concentrata l’attenzione dell’autore che ha scelto Paolo Pierobon, Fausto Russo Alesi, Filippo Timi e Fabrizio Gifuni per dare un volto ai suoi personaggi.

Non si conosce ancora la data d’uscita in sala (probabilmente sarà in autunno) di La Chimera ultima fatica di Alice Rohrwacher, cineasta che, malgrado l’età, vanta già numeri da veterana. La sua è infatti la quinta presenza, dopo aver presentato Corpo celeste – sua opera prima – alla Quinzaine des Réalisateurs del 2011, essersi aggiudicata il Grand Prix 2014 con Le meraviglie e il premio alla migliore sceneggiatura per Lazzaro felice nel 2018 e aver presenziato insieme a Pietro Marcello e Francesco Munzi in occasione della proiezione del documentario Futura – codiretto insieme ai due colleghi.

Rohrwacher, che si è detta “felice e onorata” della possibilità di riabbracciare “un Festival che mi ha visto crescere e che mi ha dato la libertà di continuare a cercare e sperimentare” ha scelto di ambientare il suo nuovo lavoro nella sua Umbria scegliendo come protagonista, un giovane archeologo inglese, l’attore Josh O’Connor – Premio Emmy e Golden Globe per l’interpretazione di Carlo d’Inghilterra nella serie tv “The Crown” – e che lei stessa ha definito come una “storia di uomini un po’ discoli“, ovvero i tombaroli che trafficano in maniera clandestina i reperti.

 

 

Il film rappresenta il quarto tassello di una carriera fin ad ora brillante (e molto legata a Cannes) che ha permesso all’autrice di salire alla ribalta del panorama cinematografico internazionale nel corso dell’ultimo decennio, riuscendo ad imporla all’attenzione di altri grandi autori come Bong Joon-ho. Proprio il maestro sudcoreano – Palma d’Oro nel 2019 per Parasite – aveva fatto il nome della regista italiana tra i 20 registi destinati ad avere un impatto a livello mondiale nei vent’anni a venire.

Inutile ribadire il valore, simbolico ma anche commerciale, di una presenza così importante e qualificata del cinema italiano ad uno dei festival più importanti al mondo, che peraltro si è sempre contraddistinto per aver ribadito il valore della sala cinematografica. E non è finita. Non sono stati ancora annunciati infatti tutti i titoli in gara nelle sezioni collaterali (Un certain Regard, la Quinzaine des Realizateurs, La Semane della Critique). Ad oggi non risultano esserci autori nostrani, ma Cannes è ricca di sorprese, e non è ancora detta l’ultima parola.

Tre è il numero perfetto

L’Italia a Cannes

Due Maestri indiscussi e una tra le più talentuose voci femminili del cinema italiano. È questa l’istantanea della delegazione tricolore che nei prossimi giorni sbarcherà al festival di Cannes, nella sezione più prestigiosa, quella del concorso ufficiale.

De Il sol delll’avvenire di Nanni Moretti si è già detto, scritto e visto quasi tutto, poichè il film è già uscito in Italia (il 20 aprile) e il regista l’ha accompagnato in un lungo tour promozionale durante il quale ha raccontato la genesi e i retroscena di un film che pur racchiudendo una summa del suo cinema “non è un bilancio, al massimo (ma non è detto) potrebbe chiudere una fase, la prima, della mia lunga carriera, che avrà certamente anche una seconda e forse una terza fase” come ha tenuto a precisare lui stesso dal palco di Cinemazero nel corso di un divertente e partecipatissimo incontro con il pubblico.

In contemporanea al passaggio sulla Croisette uscirà invece Rapito di Marco Bellocchio, ispirato a una terribile storia vera, quella del rapimento avvenuto in piena notte ad opera della polizia pontificia e della Santa Inquisizione di un bambino, Edgardo, strappato ai propri genitori, per essere forzosamente allevato sotto la custodia di Papa Pio IX, suscitando così un vero e proprio caso internazionale. Una vicenda decisamente poco conosciuta, accaduta a Bologna nel 1858, divulgata a malapena dagli storici, censurata nei libri di scuola e riportata a galla solo nel 1997 da Daniele Scalise che per Mondadori scrisse un libro dal titolo “Il caso Mortara La vera storia del bambino ebreo rapito dal Papa”.

La sottrazione del piccolo, strappato ai propri genitori di origine ebrea, si narra sia stata voluta direttamente dalle alte sfere vaticane a cui era giunta notizia che il bambino era stato segretamente battezzato all’insaputa dei suoi genitori, contravvenendo così al divieto – previsto dalla legge canonica – che al tempo vietava agli ebrei di crescere bambini cattolici. La famiglia per anni inviò direttamente al Pontefice suppliche e petizioni, ma senza esito. A favore della famiglia di Edgardo si mosse tutta la comunità ebraica di Bologna e Roma nonchè nomi illustri da tutto il mondo, indignati dalla prepotenza del Papa cattolico. Da Napoleone III Francesco Giuseppe d’Asburgo, fino a Cavour che colse immediatamente l’importanza politica della vicenda (che poteva aiutare a “screditare” lo Stato pontificio) e perfino i quotidiani statunitensi ne parlarono a lungo. Ma Pio IX non cederà a nessuna pressione e rispose sempre «Non possumus».

Proprio su quest’ultimo aspetto, quello politico, sembra che sia concentrata l’attenzione dell’autore che ha scelto Paolo Pierobon, Fausto Russo Alesi, Filippo Timi e Fabrizio Gifuni per dare un volto ai suoi personaggi.

Non si conosce ancora la data d’uscita in sala (probabilmente sarà in autunno) di La Chimera ultima fatica di Alice Rohrwacher, cineasta che, malgrado l’età, vanta già numeri da veterana. La sua è infatti la quinta presenza, dopo aver presentato Corpo celeste – sua opera prima – alla Quinzaine des Réalisateurs del 2011, essersi aggiudicata il Grand Prix 2014 con Le meraviglie e il premio alla migliore sceneggiatura per Lazzaro felice nel 2018 e aver presenziato insieme a Pietro Marcello e Francesco Munzi in occasione della proiezione del documentario Futura – codiretto insieme ai due colleghi.

Rohrwacher, che si è detta “felice e onorata” della possibilità di riabbracciare “un Festival che mi ha visto crescere e che mi ha dato la libertà di continuare a cercare e sperimentare” ha scelto di ambientare il suo nuovo lavoro nella sua Umbria scegliendo come protagonista, un giovane archeologo inglese, l’attore Josh O’Connor – Premio Emmy e Golden Globe per l’interpretazione di Carlo d’Inghilterra nella serie tv “The Crown” – e che lei stessa ha definito come una “storia di uomini un po’ discoli“, ovvero i tombaroli che trafficano in maniera clandestina i reperti.

 

 

Il film rappresenta il quarto tassello di una carriera fin ad ora brillante (e molto legata a Cannes) che ha permesso all’autrice di salire alla ribalta del panorama cinematografico internazionale nel corso dell’ultimo decennio, riuscendo ad imporla all’attenzione di altri grandi autori come Bong Joon-ho. Proprio il maestro sudcoreano – Palma d’Oro nel 2019 per Parasite – aveva fatto il nome della regista italiana tra i 20 registi destinati ad avere un impatto a livello mondiale nei vent’anni a venire.

Inutile ribadire il valore, simbolico ma anche commerciale, di una presenza così importante e qualificata del cinema italiano ad uno dei festival più importanti al mondo, che peraltro si è sempre contraddistinto per aver ribadito il valore della sala cinematografica. E non è finita. Non sono stati ancora annunciati infatti tutti i titoli in gara nelle sezioni collaterali (Un certain Regard, la Quinzaine des Realizateurs, La Semane della Critique). Ad oggi non risultano esserci autori nostrani, ma Cannes è ricca di sorprese, e non è ancora detta l’ultima parola.

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