Nuovo Cinema Don Bosco

Di Marco Fortunato

quella del Nuovo Cinema Don Bosco. Un progetto, quello nato tre anni fa dal gruppo di lavoro formato da Cinemazero, comunità salesiana, ASFO, Fondazione WellFare e Amministrazione Comunale, pensato con il preciso obiettivo di rivitalizzare uno degli spazi simbolo della città facendone un luogo d’incontro, cultura e socialità.

Un’idea ambiziosa e complessa che, sulla base della disponibilità di Cinemazero a trasferire nella struttura la propria rassegna per bambini CinemazeroKids, prevedeva che a gestire la sala fosse un gruppo di volontari afferenti a vario titolo ai Servizi, che proprio grazie a quest’esperienza avrebbero avuto l’opportunità di recuperare spazi di autonomia.

Un’iniziativa, dunque, dalla duplice valenza: importante sia per i fruitori della proposta culturale – in particolare famiglie, bambini e ragazzi – che per coloro che sarebbero stati chiamati alla realizzazione delle diverse attività.

Un aspetto che è stato più volte sottolineato nel corso della conferenza stampa che, qualche giorno fa, ha sancito la ripresa della programmazione e l’ingresso nel partenariato dell’associazione Panorama a cui sarà affidato il coordinamento complessivo del ricco programma che partirà l’8 dicembre con la proiezione di Ron – un amico fuori programma.

Da quel giorno ogni settimana (il dettaglio del programma è disponibile su www.cinemazero.it) i migliori film per ragazzi animeranno le festività natalizie, con alcuni eventi speciali come la doppia programmazione di Sing 2, il 26 dicembre e il 1 gennaio alle 16.00 e alle 18.15, o la proiezione speciale di Versi perversi  in programma sabato 15 e domenica 16 gennaio.  A breve poi verranno attivate ulteriori iniziative, tra cui eventi culturali di carattere pedagogico, educativo e formativo, animazione teatrale e altri progetti di sensibilizzazione su temi di rilevanza sociale con l’idea che il Don Bosco torni ad essere un riferimento per l’intera comunità sulla scia della strada intrapresa pre-pandemia.

Un percorso che, numeri alla mano, ha dimostrato il peso del suo impatto: nei primi dieci mesi di sperimentazione sono state superate le10.200 presenze per quasi 2.500 ore di volontariato suddiviso tra i 26 volontari coinvolti che hanno organizzato, in totale, un centinaio tra eventi e proiezioni.

In un momento di oggetti complessità com’è ancora quello attuale significativa è anche la presenza ed il supporto dell’Amministrazione Comunale che ha dato il pieno sostegno all’iniziativa sia dal punto di vista culturale che sociale con entrambi gli assessorati coinvolti e l’intervento del Sindaco che voluto rimarcare la necessità di un’alleanza tra diversi interessi e attori per realizzare l’inclusione sociale come operazione fattiva.

“Brucia e illumina”…ma resta: Pordenone Docs Fest!

Si è chiuso Le voci dell’inchiesta 2021, con molte ricadute di lungo periodo

Non ci poteva essere conclusione migliore per la XIV edizione del Pordenone Docs Fest – Le Voci dell’Inchiesta: a Cinemazero il cineconcerto The face of god, music for Werner Herzog di Ernst Reijseger (compositore di numerose colonne sonore per diversi documentari diretti dal regista) & Cuncordu e Tenore de Orosei ha consentito ai musicisti di eseguire in anteprima assoluta e registrare le musiche del prossimo film del maestro Werner Herzog, intervenuto in video per ringraziare del Crédit Agricole FriulAdria GREEN Documentary Award che gli è stato conferito. Herzog nel suo intervento ha sottolineato la qualità del festival e del lavoro che costantemente a Cinemazero e a Pordenone si porta avanti, anche attraverso la valorizzazione della storia del cinema e degli archivi. Un riconoscimento importante per il lavoro del festival, che si aggiunge a quelli dei numerosi ospiti e spettatori che in 5 giorni hanno apprezzato 50 film, 1 film perduto e ritrovato (Il Carso di Franco Giraldi), il restauro di un film scomparso (Fascista! di Nico Naldini) e la sua distribuzione, 1 libro su Pasolini documentarista, 2 convegni nazionali su archivi e futuro del cinema, una giornata intera per i professionisti dell’audiovisivo, oltre 400 alberi piantati per la compensazione dell’impronta ecologica del festival… tutte azioni che costituiscono una ricaduta importante nel tempo.

L’Audience Award 2021 è andato a Be My Voice di Nahid Persson, che aveva emozionato la platea con la forza dirompente della sua protagonista: l’attivista iraniana Masih Alinejad. In un video immediatamente condiviso con tutti i suoi 7 milioni di follower, Masih ha espresso grande gioia per questo riconoscimento, che costituisce anche un importante supporto alla battaglia che lei e milioni di donne portano avanti, facendo così del pubblico di Pordenone un attore che aiuta concretamente a far conoscere il coraggio di queste donne che lottano contro l’imposizione del velo.

Be my voice  ora “viaggerà” in Italia con il suo carico di contenuto sociale e battaglia civile, grazie a un distributore nazionale ottenuto proprio grazie all’attività del festival.

Questo conferma l’impostazione del lavoro di Pordenone Docs Fest, che insegue da sempre ricadute di lungo periodo, nel territorio e non solo, convinti che un festival non solo “bruci e illumini”, ma possa e debba avere un’azione nel tempo, sicuri che il modello di kermesse testimoniato in ogni dove (più vip, più glamour, più “rumore” mediatico, dimenticando spesso i film) sia foriero solo di tempi cupi per il Cinema, in quel caso paragonabile a una qualsiasi forma di consumo.

Continuando con i premi, lo Young Audience Award – scelto dalla giuria di giovani dello Young Club di Cinemazero e studenti accreditati da tutta Italia – ha voluto premiare invece Dear Future Children di Franz Böhm, dichiarando: «Si dice che i giovani non hanno voglia di fare nulla. Dear future children sfata questo falso mito portando sul grande schermo proprio tre storie di giovani attraverso tre tematiche simili, ma al contempo diverse. Abbiamo scelto di premiare questo documentario perché, Rayen, Hilda e Pepper, 3 donne attiviste, ragazze comuni che non vivono sotto l’occhio dei riflettori, ci mostrano uno sguardo altro su dei temi che conosciamo bene e a noi vicini. Storie che non solo ci fanno riflettere, ma che ci spronano ad agire, attraverso protagoniste che fanno della loro lotta una missione di vita». Infine la scelta della giuria – composta dai registi Davide Ferrario e Agostino Ferrente, dalla produttrice Erica Barbiani – che ha consegnato il Grand Jury Prize a Magaluf Ghost Town di Miguel Ángel Blanca con questa motivazione: «Viviamo un momento di transizione del movimento documentaristico internazionale. La grande richiesta di produzione documentaria è certo un bene, ma significa spesso, purtroppo, anche un appiattimento stilistico e di linguaggio a favore del “contenuto”. Come giuria, crediamo invece alla necessità di trovare sempre nuove forme per raccontare e mettere in discussione il reale. Per questo motivo, abbiamo apprezzato molto l’intera selezione del festival, che presentava titoli con grande valore testimoniale. – hanno dichiarato nelle motivazioni – Abbiamo scelto di assegnare il premio a Magaluf Ghost Town di Miguel Ángel Blanca per la capacità del film di raccontare un fatto sociale attraverso una forma ibrida tra osservazione e creazione drammaturgica. La località balneare di Magaluf, sull’isola di Maiorca, è diventata la meta di un colonialismo turistico-consumistico da parte di giovani britannici e mitteleuropei che intendono perdere sulle sue spiagge tutte le inibizioni maturate nei loro paesi d’origine. Miguel Angel Blanca oltrepassa abilmente le notizie mondane e contrappone, agli eccessi predatori dei turisti, la quotidianità di alcuni abitanti dell’isola. Con una regia rarefatta, inquietante, talvolta torbida, che non rinuncia mai all’ironia più o meno amara dei suoi personaggi, Miguel Angel Blanca sfida la narrazione della Magaluf attuale per mettere in scena una visione della Magaluf che – forse – verrà». 

Nel nome del padre

Di Marco Fortunato

Capita, a volte, di sentirsi talmente coinvolti nella visione di un film, da averne quasi paura. Come se quel film, quella storia, sapesse toccare delle corde emotive profonde di cui si sa di non avere il controllo razionale. Non quando si è da soli sul divano, certo. In quel contesto mille stimoli esterni ci distraggono e ci offrono una facile via di fuga impedendoci di immergerci nel racconto. Ma in una sala cinematografica, nel buio, circondati da altre persone le cui reazioni amplificano (e condizionano) le nostre, può accadere di trovarsi in una situazione del genere.

È quello che mi è accaduto guardando Nowhere special opera terza di Uberto Pasolini, che venerdì 10 dicembre sarà ospite a Cinemazero per incontrare il pubblico al termine della proiezione e già mi aveva conquistato, da spettatore, con Still life.

Ricordo, all’epoca (2013) di essere entrato in sala incuriosito dall’idea di come si potesse raccontare la storia di un impiegato del Comune incaricato di trovare il parente più prossimo di coloro che sono morti in solitudine. In pochi minuti Pasolini vinse il mio e altrui scetticismo con un film di una grazia rara, dalla messa in scena essenziale e per questo potentissima, un vero e proprio racconto poetico per immagini che convinse di avere di fronte un grande autore.  

Con questa sensazione e altrettanta aspettativa mi sono avvicinato a Nowhere special in cui il regista affronta nuovamente il tema della morte e dei legami. Questa volta la storia è ancora più forte. Al centro John che si scopre condannato a pochi mesi di vita da una grave malattia e decide di impegnare il tempo che gli resta per portare a termine l’impegno più importante della sua vita: trovare una famiglia per il suo bambino di quattro anni, Michael, di cui è l’unico genitore effettivo visto che la madre li ha lasciati entrambi poco dopo la sua nascita.

Difficile rendere a parole la potenza del racconto, ispirato a una storia vera, che pur senza mai indulgere nel sentimentalismo o peggio nel voyerismo nei confronti della malattia di John (nessuna scena ospedaliera, nessuna sofferenza fisica esibita ma solo lasciata intuire dallo sguardo di uno straordinario James Norton) che, come scritto da Federico Pontiggia “apre a temi pe(n)santi e struggenti, dall’eredità affettiva all’affido, dal lascito paterno all’adozione, tutti riflessi negli occhi-specchio sul mondo di Michael”. E proprio questo continuo cambio di prospettiva – tra lo sguardo adulto, più “alto” di John e quello da bambino di Michal (più basso) – a rendere ancora più interessante e coinvolgente la narrazione che trasforma  i momenti di quotidianità tra i due in continue metafore dei valori che il padre tenta di insegnare al figlio in un film che, a dispetto del titolo (la cui traduzione in italiano corrisponde a “in nessun posto in particolare”) sa benissimo dove sta andando.

ABITUDINI DA METROPOLI IN UNA CITTÀ CHE NON LO È

Cinemazero protagonista sulla rivista del Touring Club Italiano, per lo speciale “Pordenone e la cultura”

Il numero di dicembre 2021 di “Qui Touring” – in edicola ora – dedica diverse pagine a Pordenone e alla sua eccellenza culturale, intesa come sistema e come caso particolarmente originale (per le dimensioni relativamente modeste della città), per entrare poi nello specifico della varie realtà esistenti: fra le varie un cospicuo spazio è dedicato a Cinemazero. Nel suo speciale servizio, Tino Mantarro utilizza non a caso una metafora cinematografica: “se penso a Pordenone mi viene in mente una scena di Caro Diario di Nanni Moretti. Nel primo episodio Moretti gira in Vespa per una solitaria Roma agostana e arriva fino ai confini di Spinaceto, quartiere periferico allora costruito da poco e sempre inserito nei discorsi per parlarne male. Gli dà una sbirciata sommaria e poi sentenzia: «Bè, Spinaceto: pensavo peggio. Non è per niente male». Di Pordenone non pensavo peggio, semplicemente non pensavo”. Ecco allora che, con una certa dose di sorpresa ma con molto entusiasmo, il giornalista passa in rassegna le iniziative che fanno della città in riva al Noncello una meta di turismo culturale. Certamente, ricorda Mantarro intervistando i vari operatori della cultura del territorio, molto ha fatto Pordenonelegge.it (nell’articolo gli interventi di Michela Zin – che ricorda anche l’importanza e incidenza economica del settore  e Gian Mario Villata – che narra l’evoluzione della manifestazione), ma il fenomeno, come ricorda Elisa Cozzarini che a Pordenone (per Odos) ha dedicato una guida ricca e completa, è molto articolato. Dedica Festival (nel pezzo, spazio alle parole di Claudio Cattaruzza) ha consentito di puntare a eccellenza specifica nell’ambito della letteratura, per una città che è arrivata oggi a ospitare librerie dedicate e attive, nonchè tre case editrici come Safarà, Bottega Errante e Biblioteca dell’Immagine (Lorenza Stroppa e Alessandro Venier raccontano la parte degli autori/editori, mentre Daniele Zongaro e Domingo Borneo quello delle librerie). Partendo dalla sperimentazione punk (Ado Scaini ricorda la sua evoluzione) che sembrava essere l’unica caratteristica degna di nota di Pordenone sul versante culturale a fine anni ’70 e primi ‘80, e che ha un’onda lunghissima (basti pensare a Prozac + / Sick Tamburo e Tre allegri ragazzi morti) si è arrivati a una città che ospita praticamente ogni sera un evento culturale. In questo ha fatto molto Cinemazero (e Riccardo Costantini ed Elena D’Incà lo ricordano nelle parole raccolte da Mantarro), che dal 1978, ora con Le giornate del Cinema Muto, ora con l’attività di Mediateca, e in generale con una serie di iniziative varie e intergenerazionali, ha consentito una presenza costante della cultura in città. Mantarro nota come l’ambiente cittadino sia confacente a una fruizione piacevole della “Pordenone cultura”: negli ultimi anni si è investito molto per modificare la viabilità e creare piste ciclabili in tutta la città, cercando di ravvivare i percorsi intorno al fiume Noncello, con itinerari che collegano i luoghi della cultura: i percorsi a “mobilità ecologica” uniscono varie realtà, non ultima (se non per ragioni anagrafiche) il PAFF!, (Giulio De Vita ne racconta la genesi) che concretizza la lunga tradizione di fumetto (Davide Toffolo su tutti) propria della città.