Studenti e insegnanti al cinema per Il Giorno della Memoria 2020

Di Manuela Morana

Celebrare Il Giorno della Memoria, ogni anno, il 27 gennaio, al cinema, costituisce un appuntamento imprescindibile per studenti e insegnanti della nostra città.

Le immagini possono indurre il coinvolgimento empatico, l’adesione del nostro sguardo a quello della macchina da presa, il vivere, dunque, quasi sulla nostra pelle, le storie del passato. Una filmografia della Shoah è perciò quanto mai preziosa per conoscere e acquisire consapevolezza e per introiettare la gravità della vicenda umana legata a una delle pagine più buie della nostra storia.
 A Cinemazero, in collaborazione col Comune di Pordenone, e poi anche al Cinema Don Bosco, al Cinema Zancanaro di Sacile e al CineCity di Lignano, la proposta filmografica legata a Il Giorno della Memoria è davvero ricca.

Ai già noti classici, come Schindler’s List, La chiave di Sara,  Un sacchetto di biglie, si aggiungono quattro nuovi titoli d’autore. Partiamo da L’Ufficiale e la spia di Roman Polanski, capolavoro tout court che ripercorre il caso giudiziario Dreyfus, risalendo al  gennaio del 1895, quando l’ufficiale francese Georges Picquart assiste alla pubblica condanna contro il capitano ebreo Alfred Dreyfus, accusato di essere un informatore dei nemici tedeschi. Sarà spedito sull’isola del Diavolo, nella Guyana francese a scontare la sua pena. Il caso sembra chiuso, ma lo stesso Picquart scopre che lo spionaggio ai danni dei francesi continua. Di quale colpa è dunque responsabile Dreyfus?

Proseguendo, scopriamo che due documentari arricchiscono la filmografia: sono #AnneFrank. Vite parallele di Sabina Fedeli e Anna Migotto – dove la giovane Katerine, guida lo spettatore in un viaggio sui luoghi della memoria ebraica,  in dialogo costante con il diario dell’adolescente Anne, celebre memoria che ha visto la genesi in un rifugio di Amsterdam e che ha svelato il cuore e le emozioni di chi ha subito segregazione e deportazione – e 1938 – Diversi  di Giorgio Treves, la dettagliata ricostruzione del progetto e della creazione del Manifesto della Razza,  pubblicato il 14 luglio 1938 ne “Il Giornale d’Italia” e redatto e firmato da sedicenti scienziati italiani.

 Completa il quartetto, un’opera insolita, Jojo Rabbit, firmata dal regista e attore neozelandese Taika Waititi, che racconta con irriverenza e sarcasmo la vicenda di Jojo Rabbit. 10 anni e un amico immaginario che di nome fa Adolf Hitler, Jojo fa parte della gioventù hitleriana. Il suo mondo vacilla quando scopre che la madre nasconde in casa una ragazzina ebrea. Riusciranno i palpiti d’amore e lo spirito di amicizia a sconfiggere l’odio razziale?

Studenti e insegnanti che intendano programmare una matinée presso Cinemazero,  Cinema Don Bosco, Cinema Zancanaro di Sacile e CineCity di Lignano, sono invitati a inoltrare la propria richiesta via mail scrivendo a didattica@cinemazero.it. Ciascuna proiezione viene accompagnata da un commento critico a cura dei formatori dell’audiovisivo di Cinemazero. 

A Rotterdam va in scena il cinema giovane del futuro

Dal 22 gennaio al 2 febbraio 2020 la 49ma edizione del IFFR

di Andrea Crozzoli

Rotterdam è, senza dubbio, una delle città più cosmopolite, grazie anche a quell’Erasmus che proprio in questa città nacque nel 1467 e diede poi il suo nome al progetto di mobilità fra studenti universitari dei vari paesi europei, ben conosciuto da tutti i giovani.

Giovani anche nati fuori dall’Olanda che, però, a Rotterdam rappresentano ben il 55% del totale sotto i 25 anni. Una città che investe da sempre molto sulle attività culturali, come l’ultimo nato: il nuovo grande museo della fotografia. Una città dove il salario medio è di 2.300 euro netti rispetto all’italica media di soli 1.500 euro. Una città che ha sviluppato un’intensa attivà architettonica per far fronte al distruttivo bombardamento della Luftwaffe nel 1940. Nel corso della seconda metà del secolo scorso, quindi, si è data una nuova skyline, ora anche sulla riva sud del fiume Maas. Il tutto collegato al centro “storico” attraverso l’elegante ponte Erasmusbrug. Una città riqualificata grazie all’intervento di architetti di fama mondiale come Piano, Foster, Bolles+Wilson, Koolhaas ed altri ancora. Tutto questo l’ha fatta diventare il secondo polo turistico olandese, dopo Amsterdam.

A questo importante risultato ha dato il suo non marginale contributo anche uno dei più grandi festival cinematografici e di pubblico al mondo, quell’International Film Festival che da quasi cinquant’anni si svolge ogni fine gennaio coinvolgendo quasi 330.000 presenze al cinema e 2.400 professionisti del settore. L’IFFR offre una varietà smisurata di film di finzione, documentari, cortometraggi, mostre, spettacoli, masterclass e colloqui, oltre a supportare attivamente i nuovi talenti cinematografici attraverso numerose iniziative come il mercato della coproduzione CineMart.

La 49a edizione si svolgerà da mercoledì 22 gennaio a domenica 2 febbraio 2020 ed è, praticamente, il primo grande festival cinematografico dell’anno al quale fanno seguito nel corso del tempo Berlino, Cannes, Locarno e Venezia.

Un festival, quello di Rotterdam, particolarmente rivolto ai giovani sia come utenza che come autori, con largo spazio per le opere prime e seconde, tanto che uno dei premi principali che la manifestazione assegna è il Bright Futur (Futuro Radioso) sotto l’effige della tigre, logo del festival. Logo che da il nome alla principale sezione del concorso, infatti Tiger è il premio e il fiore all’occhiello del festival per i nuovi cineasti venuti ad agitare le stagnanti acque del cinema mainstream. Nel 2020 la giuria sarà composta dal regista olandese-palestinese Hany Abu-Assad, dal direttore artistico della Vision du Réel Emilie Bujès, dal regista indonesiano Hafiz Rancajale, dal regista americano sudcoreano Kogonada e dal regista olandese Sacha Polak. Fra gli eventi dell’edizione 2020 da segnalare l’incontro/omaggio con un autore amico di Cinemazero dagli anni novanta del secolo scorso quando venne premiato al Festival Ambiente-Incontri di Sacile per Lo specchio di Diana: Yervant Gianikian, cineasta d’avanguardia nato a Merano nel 1942 da padre armeno (sopravvissuto al genocidio) e da madre metà austriaca e metà italiana. Sulle Dolomiti conobbe anche Angela Ricci Lucchi (1942-2018) che sarà sua compagna nell’arte e nella vita. Angela e Yervant diventeranno due imprescindibili figure di cercatori sottocutanei della Storia, due pionieri della resistenza, dell’immagine nei confronti dell’uomo. Iniziano negli anni settanta/ottanta un’operazione di sistematizzazione e estrapolazione analitica dei mezzi cinematografici che li condurrà a rifilmare gli stessi materiali filmici del passato, isolandone dettagli, colorandone, assorbendone le superfici, rallentando la velocità di scorrimento della pellicola e moltiplicando il numero di fotogrammi rifilmati. Dopo l’improvvisa morte di Angela Ricci Lucchi all’inizio del 2018, Yervant Gianikian ha girato I diari di Angela – Noi due cineasti, un lavoro di montaggio commovente in cui film e riprese video della loro vita, lavoro e viaggi si combinano con parole e disegni dei diari di Angela. Il capitolo secondo, naturale seguito de I diari di Angela, è l’opera che Gianikian presenterà nell’edizione 2020 del IFFR, dove fornisce un ulteriore racconto sui loro viaggi e incontri negli Stati Uniti alla fine degli anni ’70. Ne esce un vivido ritratto sulla loro mission artistica, storica e politica e sulla cultura cinematografica alternativa. Yervant Gianikian si considera un artista con la missione del ricordo della violenza e, usando vecchio materiale, intende mostrare cosa accade oggi: «Solo guardando al passato possiamo scoprire oggi – ha affermato Gianikian – ideologie e comportamenti nascosti.». Dopo oltre 40 anni di collaborazione con Angela, ora che è rimasto solo dichiara di aver preso l’impegno di continuare la sua missione attraverso gli scritti e i disegni di Angela Riocci Lucchi, con la quale aveva ancora molti altri progetti. Ed alla quale ha giurato di portarli avanti.

Assieme al cinema di avanguardia di Gianikian il festival pone all’attenzione anche altri percorsi tematici come il queer asiatico: «Questi programmi tematici riuniscono opere che pongono domande sociopolitiche rilevanti e urgenti attraverso il cinema – ha dichiarato il direttore del festival Bero Beyeri – e sorprendono mettendo in luce nuove connessioni e stimolando nuovi modi di vedere.». Sotto la bandiera Sacred Beings (Esseri Sacri), curata da Darunee Terdtoontaveedej, saranno presentate esperienze di genere, esistite in Asia e altrove, molto prima dell’emergere della cultura LGBT in occidente. Sacred Beings esplorerà la cultura queer contemporanea riesaminando la questione di genere e le spiritualità nelle culture asiatiche. Cortometraggi, installazioni e spettacoli dal vivo collegheranno il passato, il presente e il possibile futuro della cultura queer asiatica. La questione della diversità e dell’accettazione di genere è attualmente in forte discussione in molti paesi asiatici, dove gli individui transgender e queer sono emarginati, stigmatizzati e non protetti dalla legge nella maggior parte dei paesi. Spesso, la cultura queer è vista come un’importazione occidentale e incompatibile con i valori asiatici; tuttavia, gran parte di queste stigmatizzazioni sono invece un residuo dell’eredità coloniale, per molti paesi asiatici. In alcune culture, le espressioni di genere e le prestazioni facevano parte di rituali e pratiche religiose, e gli individui transgender e intersessuali erano considerati sacri, poiché incarnavano identità maschili e femminili, rendendole più vicine a Dio. Esempi sono i sacerdoti bissu nella cultura Bugis in Sulawesi, gli hijra nell’Asia meridionale e il nat kadaw in Myanmar. Gran parte di queste pratiche furono poi messe fuorilegge dal colonialismo che le considerò pratiche pervertite. Con questo progetto l’IFFR mira a reimmaginare, riconciliare, ristabilire e rivendicare le cosiddette deviazioni di genere: il queer, l’androgino, il transgender, il senza sesso nelle culture asiatiche e non solo. Un’altro filone chiave dell’edizione 2020 sarà Synergetic ovvero “lavorare insieme è il futuro” dove viene evidenziato il potenziale dei collettivi che sfidano la narrativa tradizionale attraverso modi alternativi di lavorare e vedere la resltà. Un programma multidisciplinare che comprende, tra gli altri, un’installazione in collaborazione con Het Nieuwe Instituut. Un programma che riunisce opere di collettivi attraverso storie alternative e attraverso nuovi modi di lavorare e di vedere. I collettivi, quindi, come possibile futuro del cinema; futuro che si concentra sulla collaborazione, l’interdisciplinarietà e la creazione di piattaforme globali, creando terreno per sperimentare, aprendo lo spazio per altre prospettive. In particolare l’IFFR ha commissionato film a tre collettivi africani che saranno presentati in anteprima durante il festival.

Non mancherà anche The End Will Be Spectacular presentato da parte del Rojava Film Commune sfuggito dalla Siria dopo la recente occupazione turca.

Durante l’IFFR, con uno sguardo sempre rivolto al futuro, saranno ospitati seminari per giovani talenti, organizzati insieme alla Ghetto Film School (Los Angeles, New York e Londra), alla Netherlands Film Academy e alle comunità di Rotterdam, assieme a masterclass speciali, conferenze e spettacoli.

Una full immersion sul cinema giovane del futuro e non potrà, quindi, che essere un Bright Futur (Futuro Radioso).

20/01/20 Ciao Federico! Asa Nisi Masa Intervista con Gianfranco Angelucci

di Lorenzo Codelli

Il 20 gennaio festeggiamo il 100 anniversario di Federico Fellini. Eri stato suo stretto collaboratore e confidente per decenni e ora pubblichi con l’editore Avagliano il Glossario felliniano.

Fellini, premiato con 5 Oscar, è stato un personaggio talmente celebre nel mondo intero, non soltanto come regista di capolavori acclamati ma anche come figura pubblica, che tutti pretendono di conoscerlo, sebbene in pochi abbiano familiarità con i suoi film. Certo, di lui si è scritto moltissimo, ma gli studi accademici sono un esercizio di indagine spesso fine a sé stesso; una ginnastica mentale da palestra, non sempre finalizzata alla conoscenza. Invece per un artista fuori misura come Fellini l’approccio dovrebbe essere completamente diverso, passare prima attraverso una forma di intimità, di fusione, di complicità; bisogna andarci a braccetto con Fellini per riuscire ad assorbirne l’aura, la complessità, la luce prismatica; e chi ha avuto tale fortuna, come è accaduto a me, credo che abbia il dovere di restituire, per quanto può, ciò che ha immagazzinato: in maniera chiara, diretta, sincera, incensurabile. Da questa esigenza nasce il Glossario Felliniano: il racconto di una esistenza artistica che è anche una mappa da ripercorrere, e da ‘consultare’.

Retrospettive, omaggi, mostre in tutto il mondo, oltre allannunciato Museo Fellini a Rimini, per i suoi cent’anni.

Un’ occasione unica! Lungo l’intera penisola arde un fervore di iniziative da capogiro; enti pubblici, privati, media, hanno iniziato una gara sfrenata, gioiosa, per mettere in campo progetti e iniziative con cui festeggiare l’artista. E all’estero si annuncia un’eccitazione non minore. Questo sentimento rincuora, è segno che la cultura, per quanto assonnata, è ancora viva. In Puglia, hanno inventato quindici giorni di festa ininterrotta sotto uno chapiteau da circo, dal 20 dicembre al 6 gennaio, intitolata “Trani sul filo”. La fantasia si sta scatenando: libri, mostre, convegni su ogni tema, opere teatrali, trasmissioni televisive, proiezioni di film. L’Istituto Luce è riuscito a ottenere che il prossimo 20 gennaio in ogni città d’Italia almeno una sala cinematografica tenga in cartellone un film di Fellini. A Rimini il ministro Franceschini ha stanziato 13 milioni di euro per l’istituzione di un Museo Fellini che sia in grado di diventare un’attrattiva mondiale; auguriamoci che siano soldi ben spesi.

Molti sono ancora gli inediti felliniani…

Sì è vero, l’opera di Fellini è ancora ampiamente da indagare. Durante la mia direzione della Fondazione Fellini avevo avviato un programma di studi e convegni annuali che affrontassero seriamente, con sistematicità, la produzione artistica del regista. Eravamo partiti appunto dalle collaborazioni di Federico al Marc’Aurelio e dai primi scritti radiofonici, pubblicando naturalmente gli Atti. Adesso quel progetto andrebbe ripreso in mano, per essere sviluppato almeno nei prossimi trent’anni, abbinando al Museo Fellini un Centro Studi capace di aggregare il maggior numero di giovani appassionati. Per il secondo Centenario, quando noi non ci saremo più, quantomeno su questa Terra, Federico continuerà a irradiare la sua energia creativa, forse in quantità ancora maggiore perché depurata dalle scorie della contemporaneità. Sarà simile a Leonardo, Michelangelo, Raffaello; sarà l’artista che nella sua epoca ha sovvertito il linguaggio della Decima Musa, spingendo l’arte cinematografica ad altezze prima inimmaginabili. Non a caso a lui si sono ispirati i migliori cineasti che hanno accompagnato il transito al Terzo Millennio. E se nel Novecento Chaplin ha introdotto la poesia in un genere di intrattenimento ritenuto da fiera, Federico ha trasformato il lirismo di Chaplin in un racconto omerico, metastorico, introducendo l’io narrante, la psicanalisi, il mistero, i sogni, l’inconscio; e nello stesso tempo svelando il divino inganno dell’arte, l’illusionismo che è alla base dell’espressione artistica, un gioco di prestigio, un magico abracadabra: Asa Nisi Masa.

BUON COMPLEANNO FEDERICO! Nel centenario della nascita del grande Fellini, un evento unico a Cinemazero!

Il 20 gennaio 1920 nasceva Federico Fellini, forse il più grande regista italiano di sempre, di sicuro quello più noto in Italia e soprattutto all’estero. Cinemazero detiene uno dei patrimoni più ricchi e rari al mondo sul maestro riminese, fatto di centinaia di ore di interviste inedite con il regista e tutti i suoi collaboratori, decine di migliaia di fotografie (negativi originali, stampe positive, diapositive), e moltissimi e rari materiali video, che coprono più o meno tutta la sua carriera.

L’archivio è frutto dell’acquisizione di tutti i fondi di Gideon Bachmann, amico di Fellini, giornalista e documentarista, al sua fianco praticamente per tutta la sua carriera…

Fra i materiali brillano proprio i film girati da Bachmann stesso, molti in pellicola, ora conservati presso l’Archivio Cinema del Friuli Venezia Giulia – Cineteca del Friuli. Unici backstage completi sui set di Fellini, sono stati da poco restaurati, grazie al laboratorio L’immagine ritrovata della Cineteca di Bologna e tornano a nuova vita: nel solo mese di gennaio verranno proiettati a Milano, Lisbona, Vilnius, Barcellona, Roma, Istanbul…E a Pordenone, luogo dove l’archivio vive e viene valorizzato: il 20 gennaio a Cinemazero verranno proiettati nella nuove versioni (anche con materiali inediti!) di Ciao, Federico!, Fellinikon e il mai visto FMM – Fellini Masina Mastroianni.

In Ciao, Federico! Gideon Bachmann cattura l’atmosfera magica del rutilante set di Satyricon. C’è tutto della inimitabile macchina cinematografica di Fellini: ironia, risate, urla, scherzi e battute salaci, direzione degli attori spietata pur di raggiungere l’obbiettivo, scenografie e costumi spettacolari, intuizioni geniali, la creatività inarrestabile e camaleontesca del regista in dialogo/contrasto costante con le problematiche del set e della produzione… Poi, l’eccezionale atmosfera del film calata nell’epoca: l’unicità assoluta di un set di Fellini, mondano, atteso, partecipato e visitato da tutti (sul set appaiono perfino Roman Polanski e Sharon Tate), un cast ammantato di un’aura post sessantottina, una “tribù” umana variopinta e per certi versi incontrollabile… Bachmann, con verve autoriale – lavorando molto sul montaggio, accostando interviste posate e materiale d’archivio (documenta Fellini ininterrottamente dal 1956) – racconta senza fronzoli un momento delicato della carriera del regista riminese, in cui sembra cercare una nuova strada, un nuovo modo di rapportarsi con il racconto e con la realtà. Bachmann ci consente di entrare nella psicologia felliniana senza bussare, spingendo la sua macchina da presa e i suoi microfoni addosso al regista in modo che ogni filtro, ogni distanza di cortesia, salti. Appaiono contrasti profondi: tutto ruota attorno al “demiurgo”, tutto dipende da lui, ma la sua solitudine e irrequietezza permangono come malinconica nota di bordone. Dalla collera all’entusiasmo, dall’essere costantemente istrionico per celare le proprie debolezze, il fare cinema di Fellini non ha – come sempre – compromessi e si offre come un profondo “dramma creativo”. Un tributo cinematografico, dunque, delicatamente dolente, che è anche un meraviglioso documentario su cosa significhi “fare cinema” e creare artisticamente.

Ciao, Federico!, canta Bachmann, perchè intuisce che la strada intrapresa da Fellini non si sa dove lo porterà… Quel che è certo è che per colpa di questo documentario, forse troppo diretto, troppo privato, troppo rivelatorio, Fellini non parlerà a Bachmann – amico di lungo corso – per diversi anni.

Fellinikon è un film di montaggio, ritmato ed eccentrico per effetti visivi, che racconta la preparazione e le riprese di alcune scene – in interno ed esterno – del Satyricon di Federico Fellini. Diversi sono gli inserti con interviste al regista (di altri e di Bachmann stesso), in cui Fellini rivela alcuni retroscena produttivi e di creazione del film. Un piccolo gioiello per comprendere il genio di Fellini in azione. Del film Bachmann aveva originariamente montato una versione di 33′ minuti, includente anche alcune riprese di Fellini a casa con Giulietta Masina. Questa versione si apriva con una siginficativa dichiarazione di Bachmann: “Fellini segue quotidianamente il nostro lavoro, con gran curiosità. Sospettoso, facendo le fusa come un gatto, mette gli occhi più su di noi che noi su di lui. Fellin…ikon: gli occhi del gatto!”. La versione poi vagliata da Bachmann come definitiva è ridotta quasi di metà…chissà se di mezzo ci fu l’intervento dello stesso regista, proprio per togliere le scene familiari con la Masina?

FMM – Fellini, Mastroianni, Masina, è invece costituito da due interviste inedite sul set di Ginger e Fred. Giulietta Masina da sola, poi Federico Fellini e Marcello Mastroianni in un gustoso duetto, raccontano a Gideon Bachmann – che molto li ha documentati durante tutto il loro sodalizio – la produzione del film che li vede di nuovo riuniti dopo molti anni. Ne emergono le reciproche aspettative, ambizioni, nonché il senso generale del progetto nel particolare momento storico.