Da 25 anni a Portorose si svolge ogni autunno il Festival del cinema sloveno. Una rassegna nata minuscola – alle origini durava un unico giorno – che propone nell’arco d’una settimana la produzione nazionale dell’annata. Su 174 opere sottoposte il comitato direttivo ne ha selezionate 97, delle quali 58 in concorso e 39 nella sezione Panorama. Ampia la produzione di corti da parte delle scuole di cinema e di mediometraggi diretti da documentaristi giramondo. Vaste le platee giovanili che assistono a proiezioni, workshop, incontri con i filmmaker. Sei i lungometraggi a soggetto, in parte inediti e in parte già proposti a Berlino, Sarajevo e altri festival internazionali. L’effervescente clima cultural-politico di Portorose mi ricordava certe rassegne del bel tempo che fu, ad esempio il Festival del cinema jugoslavo a Pola o quello della produzione ungherese a Budapest. Cineasti di varie generazioni in competizione tra loro per innalzare il livello della Settima Arte nel proprio Paese.
Tra i lungometraggi premiati segnaliamo Riders dell’esordiente Dominik Mencej, coprodotto dagli amici goriziani di Transmedia. La cavalcata in moto di due amici che evoca coscientemente il leggendario Easy Rider. Il pluripremiato Orchestra di Matevž Luzar, girato in un luminoso bianco e nero da Simon Tanšek, analizza le personalità disarmoniche d’un gruppo di orchestrali in tournée tra Austria e Slovenia. La proiezione di un dittico restaurato ha reso omaggio al pioniere František Čáp (1913-1972), un regista di origine ceca che aveva girato a Lubiana due megahit musicali: Vesna (1953) e il sequel Ne čakaj na maj (1957). A Portorose e dintorni nel 1957 aveva diretto La ragazza della salina interpretato da Marcello Mastroianni utilizzando come teatro di posa uno dei due spettacolari depositi per il sale edificati sul lungomare. Uno di essi è stato trasformato nel Monfort Exhibition Space ed include una sala cinematografica ove il Festival ospita proiezioni e concerti.
sentieri di cinema!
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Di Andrea Crozzoli
Già i fratelli Auguste e Louis Lumière dissero: «Il cinema è un’invenzione senza futuro!», ed era il 1895. Alcune decadi dopo la muta invenzione acquistò la voce, divenne sonora, e tutti subito a prefigurare come questo distruggesse la perfezione del silent cinema portandolo inesorabilmente alla morte.
Arrivò
poi, negli anni ’50 del secolo scorso, la televisione e giù tutti a ribadire
nuovamente che il cinema era destinato a morire.
Con
l’avvento in Italia, alla fine degli anni ’70 del secolo scorso, delle
televisioni private e della marea di film trasmessi quotidianamente la morte
del cinema in sala è diventato un tormentone ricorrente quanto stucchevole.
Di
fronte al suo presunto/dichiarato e reiterato decesso il cinema ha pensato bene
di comportarsi, nel corso degli anni, come una materia mutante, inafferrabile,
rimanendo però sempre, assieme a tv ed entertainment, uno dei settori
strategici per l’economia. Basti pensare che il mercato europeo degli
audiovisivi ammonta a circa 200 miliardi di euro annui mentre l’aerospaziale e
la difesa sono 260 miliardi di euro annui.
Se
“il futuro influenza il presente almeno quanto il passato” come scrive
Daniele Vicario nel suo interessante pamphlet “Il cinema, l’immortale” (Ediz.
Einaudi), cerchiamo qui di riflettere sul passato per tentare di capire quale
futuro per la sala cinematografica ci aspetta.
Cinemazero
ha iniziato la sua avventura alla fine degli anni ’70, quando le sale
cinematografiche in Italia dalle 14.000 del 1965 erano passate a poco più di
1.000. Nemmeno Pordenone si sottrasse a questa infausta tendenza e uno dopo
l’altro i cinque cinema pordenonesi tra gli anni ’70 e ‘90 chiusero i battenti.
Per converso nel momento in cui il cinema in sala veniva declinando si istituzionalizzava nelle università. Le estetiche ad esso legate venivano accolte nelle accademie, nei nascenti dipartimenti di cinema e dello spettacolo (è del 1971 l’istituzione del Dams a Bologna) sfornando schiere di solidi cinefili disoccupati.
Ma
come riuscì Cinemazero ad affermarsi in un tale scenario?
Dopo
oltre quaranta anni di attività si può affermare, con una certa sicurezza (il
margine di errore non si può mai escludere), che il successo arrivò grazie ad
un’identità forte impressa alla sala cinematografica. Un’identità non casuale
ma fortemente voluta e dichiarata nello stesso volantino che annunciava la
nascita di Cinemazero: «… decodificare il linguaggio, comprendere i
meccanismi di manipolazione per una fruizione sempre meno passiva e acritica…».
Un’affermazione
inconfutabile della funzione sociale della sala cinematografica e del suo
valore culturale unito ad una programmazione che ha costruito nel corso del
tempo un pubblico solido, preparato e affezionato. Un pubblico con il quale si
è condiviso costantemente il piacere della scoperta, della visione,
dell’arricchimento attraverso la conoscenza. Perché conoscere il linguaggio
cinematografico significa decodificarlo ma anche farlo proprio interpretandolo.
La
sala cinematografica quindi non come bancomat dell’intrattenimento ma come
presidio culturale dove coltivare la conoscenza del linguaggio del cinema unita
anche alla libertà d’interpretazione del “testo filmico”. Attività che pongono
anche, come obiettivo, l’insegnamento del cinema nelle scuole.
Così
come si è navigato contro corrente nel momento delle chiusure delle sale
cinematografiche negli anni ’80 e ’90, Cinemazero dovrà proseguire, in questo
momento di grandi cambiamenti, il suo lavoro contro corrente di presidio
culturale, mantenendo e consolidando i forti legami costruiti nel tempo con il
suo pubblico motivato e affezionato, senza tralasciare il dialogo con le nuove
generazioni; il tutto attraverso una programmazione forte, svincolata da mode
effimere, di cassetta o da algidi algoritmi.
Supereremo così anche quel gap che ha fatto registrare alla riapertura delle sale post pandemia un Box office dei cinema europei nel 2021 con un +42% rispetto al 2020 mentre in Italia ha segnato un misero -7% (https://www.unic-cinemas.org) dato quest’ultimo che ha sconcertato tutto il comparto del cinema italiano.
Se a questo aggiungiamo l’assalto delle piattaforme (che già nel nome – piattaforme, ovvero forma piatta – denunciano il depauperamento del territorio della sperimentazione e della ricerca del linguaggio e della forma) nuovo business orientato esclusivamente ad acquisire abbonati a circa 100 euro annui a piattaforma per un mero consumo solipsistico di cinema, dove l’ulteriore visione è suggerita da algoritmi basati su ciò che lo spettatore ha già visto, tenendo conto solamente del soggetto o genere. Ci rendiamo immediatamente conto che, con tale scenario, solo la sala dalla forte connotazione come presidio culturale e di aggregazione sociale può avere un futuro. Questo per quanto riguarda la sala. Sul cinema tout court invece prendiamo a prestito le parole del maestro Bernardo Bertolucci ovvero: «qualcosa che mi piace pensare che resti inafferrabile: il mistero del cinema».
La montagna è luogo d’elezione per coltivare le proprie passioni e
le proprie sfide, ma anche per scoprire la natura più intima di ciascuno. La Sezione
del Club Alpino Italiano di Pordenone propone per la programmazione degli Incontri
d’Autunno, tre serate a ingresso gratuito: due storie di straordinaria
determinazione che portano i protagonisti a toccare la vetta dell’Everest e il
lungo viaggio di due viandanti d’oggi, attraverso il paesaggio culturale
delle Alpi.
Si inizia giovedì 3 novembre alle ore 21:00 con Andrea
Lanfri, “Toccare il cielo con tre dita: scalando l’Everest”. Lasua
è unastoria
straordinaria. Nato a Lucca il 26 novembre 1986, Andrea è da sempre una persona
piena di interessi, tra cui lo sport e la montagna. Gli piace e pratica una
grande varietà di discipline: dal trekking
all’arrampicata, all’alpinismo. Nel 2015, però, improvvisamente, tutto cambia: viene
colpito da una meningite fulminante che gli porta via entrambe le gambe e sette
dita delle mani. Ma con la sua determinazione e la sua voglia di vivere Andrea trasforma
questo dramma in una sfida personale contro il “destino”, contro il batterio
che voleva fermarlo. “Non ho le gambe? allora corro!”: così inizia il suo
percorso nell’atletica leggera, che lo porta a far parte della
nazionale italiana paralimpica, conquistando record, medaglie europee e un
argento mondiale a Londra. Ma poi tornano anche le giornate in montagna, la sua
passione numero uno. E il 3 maggio 2022, assieme all’amico Luca Montanari,
Andrea raggiunge la vetta dell’Everest, a 8.849 metri. Un’impresa fantastica e
incredibile.
E restiamo sull’’Everest con la protagonista del documentario “Al Quimma”, per il secondo Incontro, giovedì 10 novembre. Bouchra Baibanou è una donna marocchina che si prepara a scalare il tetto del mondo alla ricerca della sua ragione di vita. Ha scoperto la montagna ai tempi dell’università. Un giorno legge un annuncio: “Escursioni nel Toubkal”. Con il suo carattere forte e la sua joie de vivre, parte senza farsi troppe domande. È questa la sua prima cima: 4.167 metri! Una vetta che le regala una sensazione fortissima di libertà e nella quale intravede il suo destino. Qualche anno dopo, Bouchra si prepara alla scalata dell’Everest: in un viaggio che rappresenta per lei una ricerca spirituale e la porterà a scoprire la sua ragione di vita. L’evento si inseriscenell’ambito della rassegna Gli Occhi dell’Africa in collaborazione con la Caritas.
Scenario del terzo Incontro, il 17 novembre, sono le Alpi. Con
il docu-film di Roberta Bonazza, “Un viaggio sulle Alpi”, presentato in
anteprima mondiale all’ultima edizione del Trento Film Festival, le
attraverseremo assieme a due autorevoli viandanti: Annibale Salsa e Marco
Albino Ferrari. La traversata è un’immersione polifonica nel paesaggio
culturale della catena montuosa più grande d’Europa, dalle sommità al
fondovalle. Un mosaico complesso, che prende forma seguendo il reticolo di
strade che nel tempo ha accerchiato le Alpi. Annibale Salsa, antropologo
e già Presidente Generale del CAI sarà ospite in Sala per condividere con noi
la sua esperienza.
Il
cinema d’animazione ritorna in grande stile per la sua 15° edizione! 82
cortometraggi in concorso, oltre ad eventi speciali, incontri con gli autori e
un’apertura con la Banda Rulli Frulli a San Vito al Tagliamento per
festeggiare un grande maestro del fumetto, del disegno e del cinema animato: Altan!
I
film d’animazione sono divisi in categorie, quelle dedicate ai bambini nelle
sezioni Animakids1 e 2, poi le opere di diploma degli studenti delle
Scuole Internazionali e nazionali di Cinema e le sezioni con tematiche
ambientali, GreenAnimation o più legata al rapporto immagine e musica, Visual&Music
e le 3 sessioni di film in Competizione delle proiezioni serali.
Tra
gli eventi collaterali segnaliamo la mostra Disegni Animati nello spazio
della Chiesa di San Lorenzo, il PFA HUB, a San Vito al Tagliamento con una incursione
nella vicina Portogruaro, dove nella Galleria Comunale “Ai Molini” si
può visitare una esposizione 15+1 Animazioni!. Nella prima in
particolare si possono ammirare i lavori realizzati per le animazioni di Altan,
Manfredo Manfredi, Virginia Mori, Massimo Giacon, Alessandro Baronciani, Upata
(Elisa Turrin), Simone Angelini, Romeo Toffanetti, Sofiya Kruglikova&Mauro
Carraro e Lucia Mrzljak, autrice, quest’ultima, anche della sigla del
festival.
Il
festival è diffuso come nella sua caratteristica da sempre e si sviluppa in
tutta la regione, ha delle tappe a Udine, Pordenone, Gorizia, Trieste,
Staranzano, ma a San Vito al Tagliamento si terranno la maggior parte delle
proiezioni in particolare nelle giornate del 17, 18 e 19 novembre quando si
terrà la premiazione del festival da parte delle giurie. Le giuria composta dal
docente di History of Animation dell’Università di Padova Marco Bellano, la
giornalista de “Il Manifesto” Irene Mossa e la scultrice,
disegnatrice e autrice di film d’animazione Beatrice Pucci mentre per le
sezioni Green Animation e Visual&Music decideranno il fumettista Simone
Angelini, il designer, artista e illustratore cult Massimo Giacon,
la voce dei Prozac+ Eva Poles e la videoartista
Elisabetta Di Sopra, mentre le sezioni per bambini e ragazzi saranno
valutate da una giuria di studenti.
Si
terranno anche dei laboratori già a cominciare dal 5 e 6 novembre dedicati ai
ragazzi, mentre il 18 novembre sarà l’autore serbo Miloš Tomić a
dirigere chi si vuole approcciare al cinema animato.
Molti
gli ospiti che si potranno incontrare nei vari appuntamenti e durante le
proiezioni, tra le personalità di spicco certamente Michele Bernardi, Fabio
Bozzetto, Diego Zucchi, Claudio Tacchi, Mauro Carraro,
Alessandro Baronciani eAdriano Vessichelli, autore che ci
presenterà il suo film nella sezione Visual & Music e la produzione
realizzata in collaborazione con il Gruppo area di Ricerca di Dobia, Educazione
Sessuale Triestina. A coordinare il progetto, Francesco Scarel. Un gruppo
di giovani autori si sono cimentati in una inchiesta prendendo spunto dal film
di Pier Paolo Pasolini, “Comizi d’amore”. Vedremo in anteprima il
risultato a Staranzano il 15 novembre alle 21 presso la biblioteca Delbianco e
a San Vito al Tagliamento il 17 novembre nel pomeriggio.
Fuori
programma, prima dei film in competizione, proietteremo quello che riteniamo
essere un manifesto, “A guerra finita” di Simone Massi con la voce di
Gino Strada, un appello contro le guerre. Tra gli eventi live segnaliamo a San
Vito al Tagliamento il 17 il dj set di Lorenzo Commisso, il 18 il dj set
di Eva Poles e il 19 il concerto per voce solista della cantante Nygel
Panasco, autrice camerunense.
A
Pordenone, a Cinemazero, in particolare presentiamo una Masterclass diretta agli
studenti delle scuole superiori e la sezione AnimaYoung con i film di diploma e
opere prime realizzate dagli studenti delle scuole internazionali di Cinema. A
presentare il suo lavoro ci sarà Elisa Turrin (Upata), appena diplomata
all’ISIA di Urbino, autrice di “Zaguate”.
Upata
è anche illustratrice e disegnatrice di fumetti ha pubblicato la sua prima storia
“Untamed” nel 2021 e ha partecipato all’antologia “Materia
degenere 2” nel 2021 per Diabolo edizioni. Ci racconterà come sia passata
dal disegno all’animazione e come ha sviluppato il suo cortometraggio animato.
Un
omaggio al grande storico dell’animazione, Giannalberto Bendazzi, con la sua
definizione di “Animazione pittorica” è il tema che affronterà Paola
Bristot, docente all’Accademia di Belle Arti di Venezia. Bendazzi è uno dei più
importanti studiosi e ricercatori di film d’animazione, ospite in varie
occasione del Piccolo Festival dell’Animazione, è scomparso lo scorso dicembre.
Tra le sue numerose pubblicazione il fondamentale “Cartoons. Cento anni di
Cinema d’animazione”, pubblicata da Marsilio nel 1988 e il recentissimo
“Animazione – Una storia globale” una enciclopedia di riferimento per
chi voglia avere una conoscenza dell’animazione edita da UTET nel 2018.
Impossibile non ricordarlo parlando di uno degli aspetti del cinema animato che
era stato oggetto dei suoi saggi e che sosteneva con grande passione.
Nella
serata sempre a Cinemazero sarà presentato il programma dei film della
Competizione principale III. Una rassegna con le voci degli autori
contemporanei. Abbiamo come ospite uno dei registi, Mauro Carraro con il suo
ultimo cortometraggio “Barrouder”. Il film racconta in breve il senso
di una esistenza di chi ha scelto di vivere da nomade, con i pro e contro di
questa decisione così radicale. A dare le voci ai personaggi del film due
doppiatori sui generis, Paolo Cossi e Davide Toffolo, entrambi disegnatori e
autori di fumetti che commenteranno questo singolare intervento nel film di
Carraro.
Come
fuori programma e una speciale sorpresa mostreremo un film realizzato dal
“b.brothers studios”, nata da 3 fratellini Andrea, Mario ed Enrico
che hanno elaborato un video “Halloween con i Tre Allegri Ragazzi
Morti”, nato dopo un concerto del celebre gruppo musicale. Il film ha
visto la collaborazione di tutta la famiglia che sarà ospite del Piccolo
Festival dell’Animazione in questa serata a Pordenone.
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