BERNARDO BERTOLUCCI:
un poeta dietro la macchina da presa
Di Andrea Crozzoli
In questo pandemico 2021 Bernardo Bertolucci avrebbe
compiuto 80 anni. Occasione propizia, dunque, per veder finalmente pubblicata
dalla casa editrice La nave di Teseo l’imperdibile sua lectio
doctoralis Il mistero del cinema tenuta all’Università di
Parma nel 2014, e occasione altrettanto propizia per ristampare dall’editore
Garzanti la raccolta delle sue poesie giovanili In cerca del mistero,
volume a suo tempo insignito del premio Viareggio-opera prima nel 1962.
Ciò che lega i due volumi non è solo l’autore, uno dei
registi – se non il regista – più internazionale che abbia avuto il cinema
italiano, ma anche la parola “mistero” e Bernardo Bertolucci tenta con la sua lectio
doctorali di indicarci una qualche via da percorrere per tentare di addentrarci
nel mistero della sua creazione artistica. Creazione che passa, prima ancora
del cinema, attraverso il distillato della parola scritta, ovvero la poesia.
Figlio di Attilio, uno dei maggiori poeti contemporanei, aveva respirato poesia
fin dalla culla. I suoi primi componimenti, intrisi di dolce malinconia, come i
versi de L’ombra affiorano già alle elementari
Mi piace l’ombra con il suo passo
lieve,
Mi segue sempre, è sempre al mio
fianco.
È nera, nera anche se c’è la neve
…
Poesie che dovevano per forza confrontarsi con la vivida
bellezza dei versi paterni; quel padre Attilio che, come affermerà Bernardo in
più occasioni, li aveva resi (lui e suo fratello Giuseppe) così figli da non
poter essere a loro volta genitori. Nell’adolescenza di Bernardo sarà un’altra
figura paterna ad affiancarsi, quella di Pier Paolo Pasolini, all’epoca trasferitosi
da poco nello stesso stabile dei Bertolucci. La figura di Pasolini contribuirà,
in qualche modo, a costruire la poetica di Bernardo, tanto da fargli dichiarare
che considerava una sorta di sua università quelle lunghe sere trascorse al
ristorante con Alberto Moravia, Elsa Morante e lo stesso Pasolini ad ascoltare
in silenzio le loro discussioni. In quegli stessi anni Pasolini gli dedicherà A
un ragazzo, una lunga lirica che fotografava in maniera puntuale ed
affettuosa la partecipazione di Bernardo a quei convivi
Col sorriso confuso di chi la
timidezza
e l’acerbità sopporta con allegrezza,
vieni tra gli amici adulti e
fieramente
umile, ardentemente muto, siedi attento
alle nostre ironie, alle nostre
passioni.
Ad imitarci, e a esserci lontano, ti disponi,
vergognandoti quasi del tuo cuore
festoso…
Seguendo il percorso di Pier Paolo Pasolini nel labirintico mistero
del cinema, prima come aiuto regista in Accattone, e subito dopo
firmando, a soli 21 anni, la regia di La commare secca da un soggetto
dello stesso Pasolini, per Bernardo si dischiudono nuovi orizzonti. Era il 1962
e, nello stesso anno del premio Viareggio per la raccolta delle poesie In
cerca del mistero, si ritrovava anche alla Mostra del Cinema di Venezia
con La commare secca dove raccoglieva lusinghiere critiche. Quest’opera segnava
l’inizio di una folgorante carriera nel cinema con capolavori come Strategia
del ragno, Il conformista, Ultimo tango a Parigi e tanti
altri fino al suo momento apicale, nel 1988, con i nove Oscar assegnati a L’ultimo
imperatore cui fece seguito nel 1991 l’attesissimo Il tè nel deserto.
Quella pellicola fu il primo film importante che Cinemazero riuscì a presentare
in uscita nazionale (era uno degli eventi di Natale più attesi del momento) rompendo
così la resistenza dei noleggiatori che al tempo ci consideravano poco
remunerativi. Il film, in cartellone dal 21 dicembre 1990 al 10 gennaio 1991,
totalizzò oltre settemila presenze, un record per Cinemazero rimasto imbattuto
per molti anni. Non avevamo avuto il coraggio di invitare Bernardo Bertolucci,
richiestissimo da mezzo mondo, ma coscienti dell’importanza di questa uscita
nazionale invitammo Gabriella Cristiani, fresca di Oscar per il montaggio de L’ultimo
imperatore e montatrice anche per Il tè nel deserto. Appena giunta a
Pordenone la Cristiani ci raccontò che in aeroporto aveva incontrato Bernardo,
informandolo che lei stava andando a Pordenone invitata alla proiezione de Il
tè nel deserto. Risposta di Bertolucci: «Però! A me nessun invito!».
Nel gennaio 1994 l’invito riparatore. Arrivò così a
Pordenone, per la prima volta, Bernardo Bertolucci per presentare, in un caloroso
e affettuoso bagno di folla, Piccolo Buddha. Il viaggio in Friuli lo
portò, nei giorni seguenti, su sua precisa richiesta sui luoghi “pasoliniani”:
dal cimitero di Casarsa, dove volle sostare in silenzio davanti alla tomba di
Pier Paolo Pasolini, alla piccola costruzione lungo i binari dismessi dove
Pasolini aveva allestito, durante i bombardamenti della seconda guerra
mondiale, una piccola scuola, alla chiesetta di San Antonio a Versutta con gli
affreschi fatti riemergere dallo stesso Pasolini. Una specie di ritorno al
passato per Bernardo Bertolucci che considerava Pasolini come un suo secondo
padre, dal quale aveva cercato cinematograficamente di svincolarsi attraverso
un linguaggio filmico diverso. Per questo aveva sposato un altro padre, quel
Jean Luc Godard che tanto ammirava e spesso citava nel suo cinema.
Ma la matrice poetica di Bernardo Bertolucci, nonostante
avesse abbracciato totalmente il cinema, era rimasta intatta, il suo sguardo si
posava delicatamente sulle cose e sulle persone con grazia e levità perché,
come diceva sempre di lui Giorgio Bassani: «Bernardo è bello dentro e bello
fuori.».
Nel 2003, quando già le sue gambe mostravano evidenti segni
di cedimento, volle essere presente alla proiezione romana presso il Nuovo
Sacher di Nanni Moretti di Pasolini prossimo nostro il bel documentario
diretto dal fratello Giuseppe e prodotto da Ripleys e Cinemazero. Dopo la
proiezione andammo tutti assieme in un ristorante di Porta Portese per continuare
la discussione; noi, Bernardo e Giuseppe Bertolucci, Nanni Moretti ed altri
ancora. Quasi un tentativo di replica delle mitiche serate con Moravia e
Pasolini.
Nel 2011 Bernardo Bertolucci ritornerà a Pordenone per Lo
sguardo dei maestri a lui dedicato incontrando oltre mille persone al
teatro Verdi gremito in ogni ordine di posti. Una disponibilità commovente nel
momento in cui veniva chiamato in vari angoli del globo per ricevere Palme
d’Oro e altri prestigiosi premi ed omaggi.
Con l’usuale sensibilità poetica aveva risposto all’invito
scrivendomi: “… devo ringraziarti per la tua lettera che con la dolcezza e
la sapienza di Cinemazero ha costruito per me una gabbietta di cui solo voi
avete le chiavi. Dovrò proprio essere con voi a Pordenone …”.
A tre anni dalla sua scomparsa, e ottanta dalla nascita, il
mistero della sua genialità creativa, anche se meno fitto di prima, continua in
maniera inafferrabile. In ogni caso tanti auguri Bernardo Bertolucci!