Ji.hlava International Documentary Festival
Di Alessandro Del Re
Ormai appuntamento obbligato per gli appassionati del cinema documentario e per i professionisti del settore in cerca di nuovi progetti in fase di sviluppo, Ji.hlava International Documentary Festival arriva alla sua 27esima edizione con un programma massiccio ma coeso capace di soddisfare le richieste sia di un pubblico generalista interessato ad approfondire temi del contemporaneo sia di coloro che cercano le ultime novità in campo di sperimentazione del linguaggio audiovisivo documentario.
A farla da padrone, come di consuetudine, le tre retrospettive dedicate alla filmmaker americana Shirley Clarke, a Lionel Rogosin e al cinema documentario filippino con una selezione di titoli capaci di raccontare l’evoluzione del genere dagli albori del cinema ai maestri contemporanei come Khavn e Lav Diaz.
In un’edizione che si è contraddistinta per il ritorno del pubblico, perlopiù giovane, frutto di una politica aperta all’inclusione degli spettatori universitari e liceali, non sono mancate le polemiche con la proiezione fuori concorso del controverso Sparta di Ulrich Seidl, accusato di aver creato un clima violento su un set popolato da bambini, e per questo già oggetto di critiche a San Sebastian e Toronto, dove il film è stato tolto dal palinsesto. Sempre fuori concorso è stato proiettato l’ultima opera di Sergej Losznitsa, Natural History of Destruction, tratto da W.G Sebald, che, come al solito, va oltre la ricostruzione d’archivio e si erge a riflessione universale sulla guerra e la distruzione a essa legata.
Se nel fuori concorso due filmmaker navigati e di riferimento come Losznitsa e Seidl si sono imposti, nei vari concorsi il festival è riuscito a proporre una buona varietà di giovani autori tra cui i vincenti Damir Markovina, regista di Deserters, film autobiografico sulla guerra in Bosnia, la città di Mostar e i suoi abitanti, fuggiti alle violenze etniche, e il vincente 7h15 Merle Noir della giovane Judith Auffray, mirabile riflessione sull’immaginazione e i limiti dello sguardo cinematografico.
Da segnalare inoltre l’ultima fatica di Werner Herzog, The Fire Within: Requiem for Katia and Maurice Kraft, sublime ritratto dei vulcanologi Katia e Maurice Kraft, già protagonisti recentemente di The Fire of Love di Sara Dosa, e il poetico e sorprendente Gigi La Legge del friulano Alessandro Comodin, gravitati entrambi in Constellations.