CANNES 2023
Di Marco Fortunato
Quella del 2023 verrà ricordata
senza dubbio come un’ottima edizione del Festival di Cannes soprattutto per la
qualità dei film, e non solo quelli in selezione ufficiale. Se è vero che in
una proposta così ampia (in dieci giorni di kermesse vengono proiettati diverse
centinaia di film) alti e bassi sono “fisiologici” possiamo dire che quest’anno
i film che potremmo definire “brutti” (o più prosaicamente “non all’altezza del
contesto di una tra le più importanti vetrine del cinema a livello mondiale”) sono stati davvero pochi.
Il massimo riconoscimento – la Palma d’Oro – è stato assegnato
dalla giuria capitanata dallo svedese Ruben Östlund (che vinse lo scorso
anno con Triangle of sadness) a Anatomie d’une chute, intrigante thriller
psicologico di Justine Triet, che ha fatto parlare di sé anche per il discorso
di ringraziamento, durante il quale si è pesantemente scagliata contro il
governo francese la sua riforma delle pensioni. Grand Prix per The Zone of
Interest di Jonathan Glazer, girato ad Auschwitz e liberamente ispirato ai
fatti, realmente accaduti, raccontati nel romanzo omonimo di Martin Amis,
autore inglese morto contemporaneamente alla presentazione del film sulla
Croisette.
Premio della giuria a Les
Feuilles Mortes di Aki Kaurismaki, che ha conquistato pubblico e critica per la sua capacità di
raccontare con incredibile realismo ed autenticità la tragicomica storia
d’amore tra due proletari di Helsinki. Un
uomo e una donna, lei, dipendente di un supermercato viene licenziata perché si
porta a casa la merce scaduta invece di buttarla, lui metalmeccanico, che ha
perso il lavoro a causa del suo alcolismo. Un incontro di due solitudini, la
cui unione, forse potrebbe portare all’amore e dunque alla felicità. Il
cineasta finlandese – alla sua quinta esperienza a Cannes – dirige un racconto
minimalista, dove tutto è essenziale, schivando ogni forma di retorica o
pietismo lasciando la scena agli uomini e ai loro sentimenti nella forma più
pura. Come avete intuito sarebbe stata la “nostra” Palma d’Oro.
Un altro film che ci ha colpito –
e di cui si è indubbiamente parlato moltissimo (lo avevamo fatto anche noi su
questa pagine nel 2021 https://notizie.cinemazero.it/martin-scorsese-e-il-thriller-vestito-da-western/)
– è stato l’attesissimo Killers of the flower moon di Martin Scorsese che,
al contrario di Kaurismaki, non è sembrato preoccuparsi minimamente di
“asciugare” il racconto, anzi l’impressione è quasi che si sia concentrato su
come dilatarlo per lasciarsi andare al piacere di narrare. Scritto dallo stesso
Scorsese – insieme ad Eric Roth – e basato sul romanzo di David Grann, il monumentale
film ruota attorno alla vita di un giovanotto non particolarmente intelligente
che, arrivato nella nazione Osage dopo la Prima Guerra Mondiale, si ritrova in
una terra al centro di un enorme, anche se invisibile, conflitto: benedetta
dalla scoperta del petrolio che ha reso ricchi i nativi americani e maledetta
dall’invidia e dal razzismo dei bianchi. Il giovane finirà presto per diventare
una pedina del diabolico zio (Robert De Niro), che fingendo amore e amicizia
verso i nativi, in realtà vuole ucciderli per impadronirsi delle loro
ricchezze. Un’opera epica che, mescolando moltissimi generi e infinite
citazioni, dà l’impressione, a volte, di perdere la bussola (e con essa l’attenzione
degli spettatori) ma che va assolutamente visto, non foss’altro per le due
superbe interpretazioni di due attori straordinari, quelle del sempre più
acclamato Leonardo DiCaprio e quella della semi-esordiente Lily Gladistone. Il
primo è in grado di dare spessore ad un personaggio davvero complesso da
interpretare, lasciando lo spettatore nel perenne dubbio circa la sua
consapevolezza rispetto alle azioni che compie. Una performance eccezionale
amplificata nella sua efficacia proprio da quella della Gladistone, sua
compagna sul set. Una storia, quella dell’attrice statunitense, quasi da film
nel film. Fortemente voluta da Scorsese che si è detto impressionato dalla sua
bravura dopo averla vista in Certain Women della regista americana Kelly
Reichardt (che nel 2016 la chiamò a recitare al fianco di Kristen Stewart e
Laura Dern), la Gladistone ha confermato di essere stata raggiunta dalla mail
di convocazione, proprio quando era sul punto di abbandonare la carriera
cinematografica. Dopo il film della Reichardt, infatti, non avendo avuto grandi
spazi, era sul punto di cambiare
vita, tanto da aver deciso di iscriversi ad un corso per analisi di dati
sull’apicultura. «Questo ruolo è
arrivato dunque come un segno del destino – ha dichiarato – e l’ho sentito
subito perfetto per me.» «Essendo cresciuta in una riserva in Montana,
nell’America dell’Ovest e nella nazione Indiana – ha spiegato – è stato
familiare vedere questo goffo, esagerato personaggio simile a un cowboy (DiCaprio)
innamorarsi di una donna nativa molto consapevole di sé. Si tratta di una
dinamica che conosco bene perchè fa parte di molte storie che ho sentito raccontare nella mia comunità.
Chissà che i due, dopo l’esperienza sul set, non si rivedano la notte degli
Oscar.»
E chiudiamo con una piccola
chicca, dalla sezione Un certain regard. Si tratta di Terrestrial
Verses Ali Asgari e Alireza Khatami, un film strutturato a piccoli episodi capace
di raccontare in maniera originale e molto efficace l’attuale vita in Iran e la
sua dittatura religiosa che opprime gli abitanti diramando i suoi tentacoli
fino a coprire ogni aspetto della vita dell’individuo. Punto di forza l’abilità
degli autori di far risaltare nella quotidianità l’assurdità di una burocrazia asfissiante
e illogica, mostrando come la limitazione della libertà, passi per tante,
piccole, vessazioni, che potrebbero addirittura sembrare ridicole nella loro
assurdità, se non se ne conoscessero le conseguenze. Un distretto di polizia,
un semplice negozio d’abbigliamento, l’ufficio di presidenza di una scuola sono
le cornici di un carnefice rappresentato sempre in fuori campo, mentre la
macchina da presa indugia sullo sconcerto delle vittime umiliate dall’abuso di
potere. A fare da sfondo Teheran, teatro di questa assurda guerra che vede contrapposti
milioni di persone, divise tra una moltitudine in cerca di normalità ed
un’altra composta dai fanatici del regime dietro cui nascondono i propri
soprusi. Censura e ricatto, ed una legge sacra da esibire come giustificazione
contro il peccato di volere un’esistenza ordinaria priva di stupidi divieti. Un’operazione
eroica, tanto nella realizzazione, quanto nella potenza del messaggio a difesa
della libertà, d’azione e pensiero, che ha il sapore di attualità ben oltre i
confini iraniani.
E per concludere una bella, anzi
ottima, notizia. Tutti i film di cui vi abbiamo parlato usciranno in Italia sul grande schermo. Visti i
tempi non era scontato ed è un segnale molto incoraggiante.