Il cinema del futuro

di MarcoFortunato

Tra qualche settimana si terrà a Vilnius, in Lituania, la 23ma conferenza di Europa Cinemas, il più importante network di sale d’essai europeo che a oggi coinvolge 1.200 cinema in 33 diversi paesi. Nell’ambito di questo prestigioso appuntamento Cinemazero è stato chiamato a confrontarsi con i colleghi sulle prospettive di sviluppo del settore, in altre parole a ragionare su come sarà il cinema del futuro.

Un tema di grande fascino e altrettanta complessità che negli ultimi anni sta evidenziando un chiaro trend di sviluppo. A livello internazionale è, infatti, interessante notare come la riflessione tenda, anno dopo anno, ed espandersi, abbracciando non solo gli aspetti culturali e commerciali proprio dell’attività di esercizio cinematografico, ma arrivando a comprendere le ricadute sociali e verrebbe da dire anche sociologiche che derivano dalla presenza di una sala cinematografica in territorio. Sempre di più questi spazi rappresentano e sono riconosciuti come presidi culturali e sociali, luoghi di aggregazione cittadina la cui attività influenza, positivamente, l’intera comunità in cui operano.

Cinemazero crede profondamente in questo modello, la cui idea di fondo è che il cinema, inteso come spazio fisico, faccia parte di un ecosistema che produce valore, non solo culturale ma anche economico e sociale. Per questo vediamo con favore la nuova struttura sorta di fronte all’Aula Magna che può rappresentare un’importante possibilità di sviluppo in questa direzione.

Il nuovo spazio nasce, infatti, su quello che prima era un parcheggio e dunque – senza ulteriore consumo di suolo – costituisce un esempio di riconversione virtuosa di un’area che, sottratta alle auto, potrà essere utilizzata per diverse iniziative culturali. Incontri con gli autori, presentazioni di libri, laboratori, workshop, piccoli concerti, sono solo alcuni degli esempi di attività che potranno essere ospitate, rendendolo un polo aggregativo a servizio non solo del pubblico del cinema ma anche di ragazzi e ragazze che frequentano gli istituti scolastici della zona. Un luogo, magari impreziosito da un po’ di verde, dove avere occasioni di (ri)vivere il piacere di un’esperienza collettiva in un’epoca che ci sembra ancora troppo orientata ad incentivare un consumo culturale ed un esercizio dei propri diritti in forma individuale e indiretta, attraverso i social network.

Non mancheranno ovviamente le sfide. La prima sarà quella di sfruttare al meglio questo contenitore culturale la cui valorizzazione passerà per un utilizzo il più possibile continuativo, con ricco calendario di proposte e attività che possano intercettare un ampio spettro di interessi. Ciò sarà possibile solo se vi sarà un impegno collettivo, al quale dovranno concorrere tutte le istituzioni e le realtà culturali del territorio e al quale ovviamente anche Cinemazero, considerata quantità e qualità delle iniziative in essere è pronto a dare un importante contributo.

L’altra sfida fondamentale, soprattutto all’inizio, sarà quella di raccontare le potenzialità di questo spazio e il suo ruolo nel contribuire a costruire questo modello di futuro, fatto di socialità, inclusione e partecipazione. La complessità in questo caso risiede nel cercare di tradurre in gesti concreti il perseguimento di questi ideali similmente a quanto accade, ad esempio, quando si parla di sostenibilità.

Su questo aspetto di grande aiuto saranno le scelte architettoniche che, avendo privilegiato l’utilizzo del vetro e dell’acciaio, hanno dato vita ad una struttura leggera e trasparente che si presta ad essere attraversata con lo sguardo, disegnando uno spazio in cui chi è dentro può vedere cosa accade fuori e viceversa, richiamando così quella dimensione di dialogo che ogni realtà culturale, ma non solo, dovrebbe sempre ricercare.

Dal set alla sala: i capolavori svelati dalla Magnum ritornano a Cinemazero

Di Martina Zoratto

In occasione della mostra Magnum sul Set: lo Sguardo dei Grandi Fotografi, inaugurata il 14 settembre presso la Galleria Bertoia e visitabile fino all’8 dicembre 2024, Cinemazero riporta in sala due classici intramontabili. 

A novembre torneranno infatti sul grande schermo Luci della Ribalta (Charlie Chaplin, 1952) e Quando la moglie va in vacanza (Billy Wilder, 1955): due proiezioni pensate per arricchire l’esperienza della visita alla mostra, che vede esposte 116 fotografie realizzate da 18 reporter sui set di 12 produzioni hollywoodiane.

Organizzata dal Comune di Pordenone, con il sostegno della Regione FVG e Promoturismo, l’esposizione ha visto il coinvolgimento di Cinemazero – tra i partner insieme a Contrasto, Pordenonelegge, Craf, Magnum e Versicherungskammer Kulturstiftung – che ha messo a disposizione una preziosa selezione di locandine e materiale a stampa, in collaborazione con la Cineteca del Friuli.

Protagonisti assoluti gli scatti di maestri del calibro di Henri Cartier Bresson, Elliot Erwitt e Eugene Smith: sguardi inediti che hanno immortalato momenti significativi della vita sul set, catturando i segreti delle maestranze e i ritratti delle star, restituendoci così una documentazione inestimabile del lavoro di uomini e donne del cinema.

Un’opportunità unica per guardare a tali capolavori da una prospettiva insolita, e al contempo un modo per conoscere un versante meno noto dell’attività della storica agenzia fotografica.

Un viaggio che a partire da immagini di backstage rubate ai grandi set attraversa la fase d’oro della storia hollywoodiana, conducendo il visitatore alla scoperta dei meccanismi che hanno permesso la realizzazione di pellicole che hanno fatto la storia, e che ancora oggi vale la pena riscoprire nella loro dimensione naturale: la sala cinematografica.

Il Marchese Altoviti

Di Lorenzo Codelli

«Ma come si è soli ad organizzare un film! Hai tutti contro: contro il regista che non ti considera più un amico; contro il produttore che non ti considera abbastanza autoritario; contro i finanziatori che non ti considerano abbastanza economo; contro gli attori, i tecnici che ti considerano u tiranno, gli operai che ti considerano un padrone. Che mestiere di merda! E alla fine del film, dopo che hai faticato come una bestia, nessuno ti è grato».

Uno sfogo comunissimo quando il cosiddetto “organizzatore di produzione“ dei film non è che un anonimo funzionario della ditta. Molto meno quando a sfogarsi è un nobile di antico lignaggio abituato al jet set piuttosto che ai set. Aveva liberamente scelto di ergersi a quell’ingrato ruolo nientemeno che Antonio Corbizzo Altoviti Avila Niccolai Lazzerini (1914-2002). 

   Ce lo descrive come segue lo studioso Roberto Cadonici che riedita a Pistoia un impagabile memoriale di Altoviti.

    «Nasce a Firenze il 15 ottobre 1914. La famiglia ha origini antichissime e raggiunge l’apice del proprio prestigio in età rinascimentale, quando Bindo Altoviti, ostile ai Medici, ottiene dalla Curia pontificia prestigiosi e lucrosi incarichi connessi alle attività bancarie del tempo. È assai noto, tra gli altri, il suo ritratto eseguito da Raffaello. Antonio è scontento della famiglia, che giudica conformista e priva di ambizioni, cristallizzata su scontento dell’ambiente fiorentino. Tuttavia coltiva gli studi fino alla laurea in Giurisprudenza, cui presto affiancherà, senza particolare entusiasmo, un secondo alloro in Scienze Politiche e Sociali. L’opportunità di una necessaria inversione di rotta gliela offre il matrimonio con la figlia di Badoglio, Maria, conosciuta in occasione di un Maggio Musicale. Il trasferimento a Roma e l’influenza del suocero – per lungo tempo Capo di Stato Maggiore dell’esercito – gli consentono le prime esperienze lavorative al CNR e al Ministero dell’Africa Orientale Italiana. Per quanto lontano dalla politica per tutta la vita, in gioventù è piuttosto sensibile alla retorica fascista, tanto che nel 1940 parte volontario per la Francia. Ufficiale di ordinanza, staziona al principio nella zona di confine, tra Alessandria, Ospedaletto e Ventimiglia. Le fotografie di quel periodo non parlano di guerra, quanto piuttosto di vita in apparenza spensierata tra bagni, giochi e cameratismo. Si sposta in seguito a Grenoble, dove resterà per circa un anno “fra i francesi che ci odiavano e i tedeschi che ci disprezzavano”. Torna a Roma nel 1942 e ha il suo primo impatto (folgorante) col cinema. Lavora all’ufficio censura del Minculpop e di tempo in tempo viene spedito a Genova con l’incarico di visionare e selezionare i film americani…».

      Le mille esperienze fatte durante i fatidici anni bellici e postbellici da Antonio Altoviti debordano di scoperte, incontri, conversioni, intuizioni, freddure. Ecco alcuni suoi aneddoti.

   «Valerio Zurlini era fissato con un quadro di Morandi che io possedevo – neanche bello: anche ai più grandi pittori alcune cose vengono bene, altre meno – e voleva assolutamente portarmelo via, diceva che non ne ero degno… Aveva girato un documentario a Bologna su Morandi quando era ancora vivo e se ne era innamorato. Mi ossessionava talmente e così persistentemente, secondo i suoi principi gesuitici, che un giorno gli dissi: “Prendilo e vattene!”. Ci rimisi un sacco di soldi, ma finalmente potei dormire la mattina, e d’altronde il De Pisis che mi dette in cambio mi piace moltissimo, anzi di più».

    «Luchino Visconti fece un elaborato provino a Sophia Loren per una ipotetica Monaca di Monza, film che poi mai si fece. Meglio così, perché il connubio delle due prepotenze milanesi Ponti-Visconti era piuttosto preoccupante. Con un regista che, quando si arrabbiava con le attrici, aveva l’abitudine di dire “Ma torna in casino”, non era certo prevedibile una liscia lavorazione».

    «Totò. Adorabile, strampalata creatura scesa dalla luna! Napoletano profondamente perbene: un signore alla sua maniera surreale, metafisica. Fellini, geniale come al solito, diceva: “Non si crede ai propri occhi quando lo si vede da vicino: è un evento fatato come quando da bambini si vede, per la prima volta, una giraffa, un pellicano”».

  Altoviti aveva collaborato nel 1952 a Totò a colori, uno degli innumerevoli titoli di una filmografia impressionante. Io ho avuto il piacere d’incontrare Altoviti, e chissà quante volte, non nella vita, nelle scene esilaranti che ha interpretato ne La donna scimmia, un capolavoro di Marco Ferreri. Interpretava lui lo snob grottesco e libidinoso che aspirava ad acquisire la villosa Annie Girardot.

Antonio Altoviti, L’alfabeto del Marchese, a cura di Roberto Cadonici, Compagnia dei Santi Bevitori, Pistoia, 2024. Pubblicato in occasione del Mauro Bolognini Film Festival. Il ricchissimo Centro Studi Mauro Bolognini di Pistoia conserva anche la Collezione Altoviti.

Gli occhi dell’Africa 2024

Di Martina Ghersetti

Gli occhi dell’Africa è la rassegna di cinema e cultura africana, giunta quest’anno alla maggiore età, ideata dalla Caritas della diocesi di Concordia-Pordenone, realizzata con la collaborazione di Cinemazero e del Centro culturale Casa dello Studente Zanussi. Il nucleo centrale è costituito da film e documentari creati da autori africani, che possano dare uno sguardo inedito su un continente ricco di storia e di contraddizioni, che va conosciuto al di là degli stereotipi, attraverso lavori d’autore che i normali circuiti di distribuzione cinematografica ignorano. La rassegna si avvale della consulenza e della collaborazione del Festival di Cinema africano di Verona e Festival di cinema africano, Asia, America Latina di Milano, nonché della rivista Africa.

Accanto ad una selezione della più recente filmografia africana, la rassegna presenta una serie di momenti di approfondimento: incontri per adulti e per le scuole, laboratori per bambini e ragazzi, un concerto, almeno un lavoro teatrale, una mostra fotografica, presentazione di libri. Si inizierà martedì 5 novembre con il primo incontro, dedicato all’attualità in Africa, con Marco Trovato, direttore editoriale di Africa, che parlerà alla Casa dello Studente Zanussi di fronte al pubblico dell’Università della Terza Età di Pordenone.

Il 12 novembre si prosegue con un appuntamento sulla musica africana, con il musicista camerunense Stephane Ngono e il 19 novembre con la presentazione del libro Con l’Africa, del giornalista Giuseppe Ragogna, dedicato all’opera dei volontari del Cuamm Medici con l’Africa di Padova: tutti questi tre incontri si replicheranno la mattina seguente per le scuole. Il 5 novembre, nello Spazio Foto della Casa dello Studente Zanussi, si inaugura la mostra Terra madre, che racconta la sfida della sostenibilità ambientale in Africa attraverso 40 immagini realizzate da grandi fotografi. l loro scatti sono uno sguardo corale sulle urgenze più impellenti per l’umanità viste dal continente più fragile, resiliente e vitale. Si assaggeranno specialità africane, al termine della presentazione della mostra. Tra i libri che verranno presentati, il 15 novembre, prima della proiezione, alle 20.45, ci sarà ItaliApartheid. Stranieri nella penisola del razzismo, di Leonardo Palmisano, docente di Sociologia della devianza all’Università di Foggia, editorialista del Corriere del Mezzogiorno.

Tre i laboratori per bambini e ragazzi, nei sabati di novembre, per parlare di Africa in maniera creativa. Verrà proposto lo spettacolo multimediale di e con Gabriele Del Grande Il secolo è mobile. La storia delle migrazioni in Europa vista dal futuro.

Il 29 novembre ci sarà un momento musicale con testimonianza del suo percorso di migrazione del musicista Chris Obehi. I giovani dello Young Club di Cinemazero realizzeranno un documentario sul mutamento della situazione migratoria a Pordenone, con testimonianze di giovani di seconda generazione e di esperti. In gennaio, la rassegna si concluderà con una grande festa, per la maggiore età dell’iniziativa, nel nuovo padiglione multifunzionale davanti a Cinemazero.