Una settimana di “Muta passione”
Al Verdi dal 5 al 12 ottobre, con preapertura il 4 a Sacile e replica dell’evento inaugurale il 13
di Jay Weissberg
Sono lieto di poter dire che il programma della 38a edizione delle Giornate del Cinema Muto è sbilanciato verso la commedia, il che secondo me è sacrosanto perché abbiamo davvero bisogno di ridere e, anche se non è questa la ragione principale per cui sono così contento della sezione – curata da Ulrich Rüdel e Steve Massa – sulle origini dello slapstick europeo, devo ammettere che si tratta di una coincidenza molto fortunata. Ciò che rende questa sezione così importante è il modo in cui si prefigge di identificare le origini delle gag della commedia classica, dalla loro iniziale comparsa nel music-hall e nel vaudeville al loro proliferare nelle comiche brevi e infine nei lungometraggi, dove queste invenzioni trovano la loro forma più compiuta. Sono convinto che, grazie a questa retrospettiva, potremo meglio comprendere le origini della commedia in Europa, nonché rivelare come lo slapstick si sia sviluppato negli Stati Uniti grazie al contributo determinante di comici francesi, britannici, tedeschi, ungheresi e di altre nazionalità. Lo stesso vale per il felice ritorno delle “nasty women”, ispirate creatrici di pandemonio, la cui sfacciata irriverenza nei confronti dell’autorità in tutte le sue forme fu all’origine di uno dei
programmi più innovativi nella storia recente del festival, quando presentammo la prima serie nel 2017. Quest’anno avremo altri cortometraggi che hanno come protagoniste le simpatiche figure anarcoidi di Léontine, Cunégonde, Lea e Rosalie, oltre che alcune loro alleate
nell’arte del caos. Altre “nasty women” compaiono nei brevissimi corti ricreati da Rob Byrne, Thierry Lecointe e Pascal Fouché a partire dai flipbooks fin-de-siècle ritrovati in una collezione privata in Francia, alcuni dei quali si presentano anche come la prima occasione che abbiamo di vedere immagini in movimento di alcuni titoli di Georges Méliès considerati
perduti.
A proposito di resurrezioni: l’incalcolabile contributo di William S. Hart all’evoluzione del western e di Hollywood in generale è ormai riconosciuto da tutti, ma quando è stata l’ultima volta che abbiamo avuto l’opportunità di mettere a fuoco l’uomo Hart e la sua opera di attore e di regista? Richard Abel, Diane e Richard Koszarski hanno curato un programma di quindici film realizzati fra il 1914 e il 1918, più due frammenti, grazie ai quali potremo conoscere meglio il lato più autentico di questa personalità iconica della storia del cinema.
La sezione dei film sul cinema getta uno sguardo su come il nuovo mezzo di espressione volesse descriversi al pubblico nei primi decenni della sua esistenza, fornendoci così un ritratto senza precedenti sui modi in cui la storia del cinema fosse già scritta e riscritta quando il cinema era ancora in fasce.
Per tradizione, le Giornate si preoccupano di esplorare tutte le forme e i generi del cinema muto; dopotutto, come si farebbe altrimenti a conoscere un periodo storico – e soprattutto una forma d’arte in divenire – se guardassimo soltanto i capolavori riconosciuti? Questo intento di indagare più in dettaglio un particolare periodo e un particolare contesto sociale ha ispirato la sezione sui cortometraggi di Weimar. Documentari scientifici, cortometraggi di avanguardia e di attualità, film di educazione all’igiene e pubblicità: ecco un programma dedicato alla marginalità, ma è proprio guardando ai margini che si possono trovare gli strumenti necessari a comprendere un’età così complessa come il periodo di Weimar.
Non solo certi tipi di cinema sono spesso rimasti fuori dai libri di storia, è accaduto a volte a interi paesi. Prendiamo l’esempio dell’Estonia, una nazione con una piccola ma vivace eredità cinematografica, per lo più ignorata a causa dei disastri della guerra, dell’occupazione, e della scomparsa delle copie dei film. La direttrice del Filmimuuseum estone e la direttrice del Rahvusarhiivi filmiarhiiv (la sezione cinematografica dell’Archivio Nazionale dell’Estonia) hanno messo insieme un piccolo ma eccezionale programma di cortometraggi comici, di animazione e documentari, insieme a due lungometraggi, grazie ai quali avremo modo di ripensare ai pregiudizi che impediscono una visione più completa della storia del cinema.
Siamo entusiasti di iniziare la nostra collaborazione con il Musée Albert Kahn di Parigi, che presenta la prima di una serie di film dalla straordinaria ma ancora poco nota collezione di questa istituzione.
Famoso per il suo ineguagliabile patrimonio fotografico, il museo è il frutto di un visionario filantropo, Albert Kahn, spinto dal desiderio di intraprendere un dialogo fra le culture a inviare fotografi e operatori in tutte le parti del globo. La maggior parte dei film non sono mai stati proiettati fino ad ora; questa cooperazione può dunque trasformarsi in un vero e proprio sodalizio culturale ed è nostra speranza che questa prima tranche possa segnare l’inizio di una sezione permanente che ci consentirà di esplorare sempre nuove direzioni tematiche.
Come molti altri, ho cominciato a interessarmi agli studi di cinema perché ero un grande ammiratore delle personalità che hanno illuminato il grande schermo, e anche quest’anno non vogliamo ignorare questo aspetto vitale della cinefilia. Reginald Denny, emblematica stella degli studi Universal, riceve quest’anno un doveroso tributo, che coincide con la pubblicazione di un affascinante volume a firma della nipote di Denny, Kimberly Pucci, in cui si narra la vita eccezionale di un uomo che non fu solo un campione della commedia leggera ma anche – come è stato scoperto da poco – un inventore aeronautico, la cui attività segreta per il governo statunitense durante la seconda guerra mondiale è all’origine della tecnologia dei droni. Chi l’avrebbe mai detto?
Una sezione sulle vedettes francesi getta nuova luce sull’incantevole Suzanne Grandais, tragicamente scomparsa a soli 27 anni, e su Mistinguett, una delle personalità più celebri dell’epoca. Poi c’è Marion Davies, l’attrice sul nostro manifesto di quest’anno, nel film Beverly of Graustark, nonché la fascinosa e ingiustamente negletta diva italiana Elettra Raggi in La morte che assolve, in uno strepitoso restauro della Cineteca Italiana di Milano.
Alcuni temi del festival proseguono un percorso tracciato lo scorso anno: ecco dunque un altro lungometraggio di John M. Stahl, The Woman Under Oath, insieme all’unico rullo sopravvissuto di The Wanters. La seconda parte del tributo a Mario Bonnard approfondisce la nostra conoscenza di questo importante attore e regista italiano. La rassegna dello scorso anno sui film pubblicitari era incentrata sul tema del genere; il prosieguo è disseminato nelle varie sezioni del festival e osserva il modo in cui i cortometraggi pubblicitari giocavano con le formule narrative, spesso con risultati esilaranti. Ma non ho ancora menzionato gli eventi orchestrali! The Kid (Il monello) con la partitura di Charlie Chaplin diretta da Timothy Brock è uno spettacolo capace di infondere una speciale felicità, mentre la composizione di Neil Brand per The Lodger di Alfred Hitchcock, condotta dal maestro Ben Palmer, suggellerà la nostra ammirazione per il musicista e per il maestro della suspense. Mercoledì sera avremo la “prima” internazionale della musica orchestrale di Vladimir Deshevov, da poco ritrovata, per il capolavoro di Fridrikh Ermler’s Oblomok Imperii (Un frammento d’impero), sotto la guida di Günter Buchwald. Tutte e tre le composizioni orchestrali saranno eseguite dall’Orchestra San Marco di Pordenone, che annoveriamo da tempo fra i nostri più valenti collaboratori.
L’edizione 2019 è dedicata alla memoria dell’animatore Richard Williams. Dick occupa un posto speciale nel cuore di tutti noi alle Giornate, non solo per la splendida sigla del festival che ci ha regalato, e non solo per l’ormai leggendaria Masterclass sull’animazione che ha tenuto a Sacile nel 2003, ma
anche e soprattutto per l’irresistibile sorriso che illuminava il suo volto quando, seduto al Verdi, era deliziato dalle immagini che passavano sullo schermo. Il suo attaccamento al festival era per noi fonte di grande orgoglio, la sua amicizia un dono gioioso.