Festival international du film d’animation d’Annecy
una nuova dimensione di festival anche per una giuria!
Di Andrea Crozzoli
Il Festival international du film d’animation d’Annecy è figlio delle antiche Journées internationales du cinéma d’animation e si svolge, dal lontano 1960, nel mese di giugno. Solo a partire dall’edizione 1963 il festival divenne biennale, per poi ritornare annuale dal 1998 fino ad oggi. Per rispettare l’annualità, nel 2020, a causa del temibile virus pandemico, il festival si è svolto on line. Una manifestazione costretta alla dimensione virtuale all’insegna del distanziamento sociale, che impone il contagioso Covid-19, e che certamente ha aperto nuovi orizzonti e possibilità per i festival in generale e non solo.
Se da un lato il senso di una manifestazione festivaliera è proprio quello di far incontrare il pubblico con i film d’animazione, con gli autori, con i professionisti del settore e la stampa (lo scorso anno oltre settemila persone accreditate solo in queste ultime due categorie), di far conoscere una meravigliosa cittadina arroccata in mezzo alle Alpi, curatissima nel suo gradevole centro storico attraversato da limpidi canali, tanto da fregiarsi del titolo di “Venezia delle Alpi”. Dall’altro lato utilizzare il web significa certamente allargare la potenziale utenza e visibilità della manifestazione, dando la possibilità a chi non può o non riesce muoversi
di seguire in qualche modo il festival attraverso il web. Con la profonda contraddizione di rimanere comunque una fruizione personale, casalinga, priva di socialità, di scambio di emozioni diretto; una fruizione che ci costringe, in questo periodo di pandemia, a rinviare ogni
incontro e socializzazione nei luoghi che ci erano tradizionali, costringendoci ad una sorta di onanismo filmico deprivato del piacere del grande schermo in compagnia di svariate centinaia di persone.
In questo periodo molto particolare le giurie di Annecy 2020 hanno comunque lavorato alacremente, compresa la giuria Fipresci, che assegna il premio della stampa specializzata, ed era composta dal sottoscritto Andrea Crozzoli per l’Italia, Naama Rak per Israele e Bernard
Génin per la Francia. Tre giurati “immobili”, che non si sono mossi dai loro paesi, costretti a svolgere il lavoro a tavolino, in piena solitudine come novelli Robinson Crosuè nell’isola deserta.
Un’esperienza per certi versi estraniante, solipsistica, davanti ad uno schermo di computer, scambiando giudizi, impressioni e sentimenti per mail o con il filtro delle varie applicazioni vocali che rimangono in ogni caso virtuali, asettiche, sanificate dal distanziamento sociale.
Peccato, perchè in generale i cortometraggi d’animazione di questa edizione 2020 del Festival international du film d’animation d’Annecy sono stati tutti molto interessanti e meritavano il calore dell’applauso in sala, dell’incontro ravvicinto con l’autore, delle strette di mano, dell’odore dolce del tabacco all’uscita del cinema.
I temi che hanno affrontano erano totalmente adulti: dalla memoria all’identità sessuale, dall’alienazione alla condizione femminile e così via. Se pensiamo al cinema di animazione come un cinema di semplice intrattenimento e divertimento stile cartoons siamo completamete fuori strada. Il cinema d’animazione, non da ora, è un cinema adulto in grado di narrare compiutamente ogni aspetto, anche il più intimo, della vita e del mondo. Chiaramente accanto al contenuto, come in ogni film, conta
anche la tecnica e la qualità del racconto, del montaggio, delle musiche e in questo caso anche del disegno.
Come giuria Fipresci, in una inedita triangolazione Parigi – Gerusalemme-Pordenone, pur difronte ad una selezione di altissima qualità, abbiamo subito convenuto dopo un rapido giro di mail e di chiamate vocali con WhatsApp, sul lavoro da premiare per il 2020, ovvero il mediometraggio Physique de la tristesse del bulgaro, naturalizzato canadese, Theodore Ushev, un’opera dove l’autore ripercorre magistralmente i ricordi della sua giovinezza in Bulgaria e del suo successivo trasferimento in Canada. Un film labirintico, seducente e avvolgentem per intensità e ritmo dove Ushev utilizza come fonte di ispirazione il romanzo Physique de la mélancolie di Guéorgui Gospodinov, scrittore bulgaro fra i più conosciuti e amati. Ne scaturisce un’opera percorsa da sentimenti di crescente e struggente malinconia unita al senso di disagio e sradicamento nell’età adulta trascorsa in Canada.
Film dal respiro ampio e dal disegno assolutamente pittorico e fluido, evocativo e autoriale nel contempo Physique de la tristesse è la prima animazione che Ushev ha realizzato con una tecnica pittorica molto antica in cui i colori vengono diluiti con la cera d’api fusa, ottenendo così una grana e una scala di sfumature particolari. Inoltre Theodore Ushev ha utilizzato, come voce narrante nel film, la straordinaria e ispirata recitazione di Xavier Dolan (“ragazzo prodigio” del nuovo cinema canadese e uno dei pupilli del Festival di Cannes) che funge da collante del racconto.
Sarà bene tenere d’occhio questo Theodore Ushev, nato nel 1968 a Kyoustendil, in Bulgaria, trasferitosi poi a Montreal nel 1999 dove ha realizzare più di 10 film con il supporto del National Film Board of Canada vincendo oltre 150 premi e riconoscimenti: sentiremo ancora a
lungo parlare di lui.
Da segnalare infine, tra i tanti bei lavori presenti a questa edizione 2020 di Annecy, la partecipazione in concorso dell’artista italiano Andrea Vinciguerra con No, I don’t want to Dance, un breve ma intenso stop motion pieno di ironia, ritmo e sarcasmo. Diviso in piccoli episodi con un utilizzo perfetto del black humor No, I don’t want to Dance ci mostra, in due minuti e mezzo, quanti danni possa causare la danza a proposito della quale lo stesso Vinciguerra ha dichiarato con sagacia: «Seguire ciecamente i “movimenti” altrui può portare a conseguenze catastrofiche!».