Poesia Doc

Cinemazero a Pordenonelegge per omaggiare tre grandi autori del nostro tempo

Sempre più di frequente le vite dei poeti vengono raccontate attraverso le immagini, la loro voce e quella di chi li ha conosciuti, nei luoghi da loro vissuti e evocati. Ne escono intensi ritratti sull’uomo e la sua opera, talora intrecciate, in altri casi ineffabilmente discoste. Ecco dunque che Cinemazero,  in collaborazione con Pordenonelegge propone tre documentari su altrettante figure di poeti importanti per il nostro tempo. Tutte le proiezioni si terranno nella Sala Grande del Cinemazero alle 17.30.

Mercoledì 15 settembre ci sarà “Franco Fortini – Memorie per dopo domani” (regia di Lorenzo Pallini), che è il coronamento di sei anni di lavoro e di studio, ma anche e soprattutto di viaggi, incontri e legami. Questa intensità si avverte soprattutto nel montaggio, che spesso fonde piani di realtà solitamente destinati alla rigidità dell’alternanza e della separazione. Il materiale di repertorio trascolora nel girato vero e proprio; la voce dei partecipanti al documentario sfuma in quella di Fortini, conservata su vinili e musicassette d’archivio. Sarà presente il regista Lorenzo Pallini.

Giovedì 16 settembre sarà la volta de “La Macchia di Inchiostro” , l’opera prima di Ciro Valerio Gatto: un ritratto inedito di uno dei più grandi intellettuali italiani del Novecento, Roberto Roversi, raccontato attraverso la messa in scena dell’omonima opera inedita e con le testimonianze di Stefano Benni, Alessandro Bergonzoni, Gaetano Curreri, Antonio Bagnoli e di studiosi, ricercatori universitari e collaboratori. Sarà presente il regista Ciro Valerio Gatto.

Venerdì 17 settembre verrà proiettato “Leo su Leo”, il documentario su Leonardo Zanier. Realizzato da Stefano Lizier e edito con il libro da Kappavu, tra racconto in prima persona e lettura di testi, il documentario (27 minuti) mostra i profili più amati del poeta friulano: l’appartenere ai luoghi, la protesta con il disgregarsi della loro antica socialità e la vicinanza al mondo del lavoro. Sarà presente Valerio Furneri, co-autore della biografia edita nel 2020.

Filmagogia 2021

Cinemazero sabato 11 settembre alla Mostra del Cinema di Venezia ha ricevuto il Premio Filmagogia edizione 2021, prestigioso riconoscimento voluto dall’omonima fondazione che va a confermare quello che è stato il suo costante impegno nel proporre nel difficile periodo della pandemia contenuti on-line – in particolare tutta l’attività del festival “Pordenone  Docs Fest – Le voci dell’inchiesta”, coi suoi numerosi film in anteprima e approfondimenti – e il supporto dell’attività didattica e di formazione per studenti e docenti.

In rappresentanza di Cinemazero sono intervenuti alla tavola rotonda Audiovisual cares: film literacy come sostegno ai bisogni socio-educativi in tempo di pandemia e del post-pandemia Elena Chiara D’Incà – Responsabile Mediateca e attività didattiche, e Paolo Antonio D’Andrea – Formatore. Il dibattito di quest’anno si focalizzerà sul tema

Cinemazero intende rinnovare l’impegno e la disponibilità che gli sono stati riconosciuti anche per il prossimo anno scolastico 2021/2022, mettendo a disposizione tutte le proprie competenze tecniche, scientifiche e le professionalità, così come l’uso dei propri spazi per ampliare le occasioni di apprendimento culturale degli studenti dentro e fuori la scuola.

La nuova offerta formativa pensata per l’anno scolastico 2021/2022 è già online e consultabile sul sito di Cinemazero: https://cinemazero.it/cinemazero-e/didattica-audiovisivo/

Un impegno a supporto dell’attività di Docenti e Dirigenti scolastici che si conferma anche con l’attivazione presso la sua Mediateca di uno sportello informativo e di consulenza sugli strumenti e metodologie didattiche per applicare in aula le potenzialità del linguaggio audiovisivo e dei nuovi media, ed avere consulenza sul diritto d’autore a scuola (servizio in collaborazione con AVI – Associazione Videoteche e Mediateche Italiane).

«Venezia, la luna e… robot»

Di Lorenzo Codelli e Lello Bersani

Ansa ultim’ora. Paolo Villaggio e Marco Ferreri gireranno per la prima volta un film assieme. Ambedue hanno deciso, all’insaputa l’uno dall’altro, di chiedere al Ministero delle Nuvolette una «007 licenza di divertirsi post- covid»

Ancora top secret titolo e soggetto della pellicola. 

Si sa solo che sarà interamente girata, tra il Natale e l’Epifania, al Lido di Venezia.  

Grazie ai schèi della Malamocco Film Commission. 

Creata tre giorni fa, sul proprio yacht, da Dino De Laurentiis. 

Paolo Villaggio interpreterà Robotxol, una via di mezzo tra Fantozzi e il Dottor Stranamore. 

“Boxol“ era l’appellativo del macchinario elefantiaco di prenotazione on line della Mostra del Cinema 2021, quello che prese definitivamente il potere al Lido.

Ferreri: «Ho sentito raccontare il mio attuale dirimpettaio, Alberto Barbera, manager culturale di prima grandeur, le cose da fantascienza che gli erano capitate nell’estate del ‘21».

Così rivela Ferreri intervistato da Lello Bersani sul Tg1, ridendosela sotto la barbetta incolta a raggiera.

Ferreri:  «Ti ricordi Io, robot ? La raccolta di Isaac Asimov pubblicata da Arnoldo Mondadori nel lontano 1950. Io avevo 22 anni. L’emergente scrittore russo-americano così profetizzava:

« Quando la Terra è dominata da un padrone-macchina… »

«Quando i robot sono più umani dell’umanità….»

Lello: « Perchè vuoi fare un’altra storia di sf? Un floppone come Il seme dell’uomo non t’era bastato?»

 Villaggio: « Pardon, boys. Il mio compagno di merende Roberto Cicutto mi ha riferito gli stessi, incredibili fatti accadutigli nell’estate caliente del’21. Lui allora era Superpresidente Megagalattico della Biennale dello Spazio. Un ente inutile creato in Laguna nientemeno che dal Re d’Italia in un momento di sconforto, tra la ritirata di Caporetto e D’Annunzio incocainato a Fiume. Un plotone di robot alieni, capeggiati dal demente Robotxol, seguendo beninteso alla lettera tutti quanti gli innumerevoli decreti anti-covid del ministro Esa-Speranza, e dopo un bel po’ di spritz trincati a Torcello con gli osti Tinta e Tinto alla Locanda Cipriani, s’impadronì nottetempo a San Marco degli Uffici Stampa, Ospitalità, Sbigliettatura, Sbordellamento e Demenxiapura della LXXVIII Mostra del Cinema. Diagnosi secondo Àlex de la Iglesia: Veneciafrenia ».

Lello: «Lo girerai in chiave di commedia dell’assurdo, tipo L’udienza ?».

Ferreri : «Piuttosto una Grande abbuffata al LSD. Paolo interpreterà un robot perverso quanto esilarante. Spietatissimo contro gli umani in generale, e in particolare contro i cosiddetti “accreditati alla Mostra”. Quei poveri fessacchiotti che gli han versato on line un obolo di 60 € con l’illusiò di godersi qualche bel filmetto di Sorrentí, Larraí, Tornató, tre o quattro days before scaricarseli gratis da internet. Rimasero tutti in braghe de tela! Villaggio se fa n’abbuffata gigantesca di abbonamenti inservibili, press pass disabilitati e ticket di non-accesso alle proiezioni, tuffandocisi dentro beato come Paperòn de Paperoni».

         Lello: « Happy end oblige Marco, sennò Dino te mena !?».

Ferreri: «Non lo so. Forse lo girerò a Parigi, scavando nuovamente il gran canyon sotto les Halles che avevo usato per Non toccare la donna bianca. Più probabilmente girerò dal vero, al Lido di Venezia, il finalone neorealista che m’ha suggerito un teenager triestino, Lorentz Codellich. Si vedranno i tre compari, cioè i veri Robotxol/Villaggio, Cicutto e Barbera, in fuga disperata su una gondoeta. Dall’alto del cielo piomba su di loro, e sul vero Palazzo del Cinema, un vero missile nucleare. Lo cavalco io, vestito da true cowboy. BOOOOOOOOOOOOOOOM !!! ».

Lello: «Ti costerà una valanga di miliardi! Kubrick aveva usato effetti speciali per un happy end simile».

Ferreri: «Lui era un genio! Io un buzzurrone ahò. Faccio quel che posso pè vvendicà stò cacchio d’umanità!».

#Venezia78

reportage dalla Mostra del Cinema di Venezia

di Marco Fortunato

Un programma ricco, anzi ricchissimo quello della 78ma edizione della Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia (1-11settembre) che in molti, tra pubblico e addetti ai lavori, sperano sia di buon auspicio per la ripartenza dell’intero settore.

Almodovar, Sorrentino, Villeneuve, Martone sono solo alcuni dei nomi attesi al Lido – e speriamo a breve in sala – insieme al gotha degli autori d’essai e a non poche anteprime di quei titoli più “commerciali”. Una tendenza, quella ad ospitare grandi produzioni hollywoodiane, via via crescente negli ultimi anni e motivata dalla voglia di allargare il pubblico festivaliero (con titoli più pop che offrono sicuramente maggior chance di ritorno mediatico) e di guadagnare riconoscimento internazionale nella corsa ai grandi premi, su tutti gli Oscar.

Ad aprire il festival Madres paralelas, nuovo film di Pedro Almodóvar, storia di due donne agli antipodi, che la vita ha scelto di far incontrare in una stanza di ospedale. Una grande ritorno, quello del Premio Oscar spagnolo che proprio a Venezia ebbe la sua consacrazione con Donne sull’orlo di una crisi di nervi  e che promette di raccontare il suo universo femminile in maniera inedita, con molti gesti e poche parole. Dal trailer, privo di dialoghi, pare proprio che la promessa verrà mantenuta.

Pochi giorni dopo sarà la volta della prima mondiale (fuori concorso) dell’attesissimo Dune di Denis Villeneuve. Quasi tre ore di sci-fi tratto dal romanzo cult di Frank Herbert il cui adattamento cinematografico era già stato tentato – senza successo – da David Lynch, nel 1984, e, una decina d’anni prima, da Alejandro Jodorowsky. Villeneuve, che ha già annunciato di essere al lavoro sul sequel del film (anzi di aver messo la possibilità di realizzarlo come condizione stessa per accettare di fare il primo film) ha colto l’occasione dell’imminente presentazione per ribadire l’importanza della visione in sala, portando proprio l’esempio della sua opera. “Francamente, guardare Dune in televisione è come guidare un motoscafo nella tua vasca da bagno. È un film che è stato realizzato come tributo all’esperienza del grande schermo. ”

Quasi in contemporanea al via anche le proiezioni dei film italiani, ben 5 quelli in concorso, decisi a giocare un ruolo da protagonisti nella corsa al Leone d’Oro.

Un numero davvero considerevole, come ha sottolineato il diretto della Biennale Alberto Barbera in occasione della conferenza stampa di presentazione del programma, precisando però come questa “non sia una scelta nazionalistica ma fotografi un momento di grazia nel quale cineasti affermati sembrano in grado di esprimersi al meglio delle loro capacità, mentre altri si confermano punti di riferimento imprescindibili per il cinema di oggi e di domani.”

Nella prima categoria rientrano certamente Paolo Sorrentino e Mario Martone. Il regista e sceneggiatore Premio Oscar torna nella “sua” Napoli con È stata la mano di Dio una storia intima che mescola tragici fatti personali (la scomparsa di entrambi i genitori a soli 16 anni) con il mito, dentro e fuori dal campo di Diego Armando Maradona che per i partenopei è stato molto di più di un semplice calciatore. Nonostante i dubbi di queste settimane il film, prodotto da Sorrentino stesso, uscirà in contemporanea al cinema e su Netflix.

Sempre Napoli che fa da cornice alla lunga e appassionata lettera d’amore al teatro e in particolare all’opera di Eduardo Scarpetta, padre di Eduardo De Filippo, firmata dal maestro Mario Martone che dirige Toni Servillo in Qui rido io.

Tra le file dei giovani che già rappresentano un punto di riferimento del cinema made in Italy ci sono sicuramente i fratelli D’Innocenzo che, dopo l’acclamato Favolacce (premiato alla Berlinale), proseguono il loro percorso artistico insieme a Elio Germano, protagonista di America Latina un thriller d’amore disincantato e brutale.

Difficile invece definire con un genere cinematografico Freaks Out, attesissima opera seconda di Gabriele Mainetti che, dopo il folgorante esordio con Lo chiamavano Jeeg Robot – film autoprodotto che fece incetta di premi – tenta il grande salto cimentandosi con un kolossal (per le finanze italiane) da ben 15 milioni di euro. Ambientato all’indomani dell’occupazione di Roma durante la Seconda Guerra Mondiale Freaks Out vuole essere, nelle parole dello stesso Mainetti “un racconto d’avventura, un romanzo di formazione e – non ultima – una riflessione sulla diversità.

Chiude la squadra italiana un altro ritorno, dopo undici anni, quello di Michelangelo Frammartino che porta in concorso Il buco.Ci è voluto tantissimo per fare questa opera che ricostruisce con grande rigore l’impresa di un gruppo di speleologi piemontesi” ha dichiaratol’autore, parlando dell’opera come una vera e propria sfida dal punto di vista cinematografico “Le grotte costituiscono un fuori campo assoluto, anche perché la notte eterna che regna al loro interno sembrerebbe quanto di più ostile alla macchina da presa. Eppure, chi ama il cinema sa bene che il fuori campo, l’invisibile, rappresentano la sua “sostanza” più profonda.”

Occhi puntanti anche su Spencer di Pablo Larraìn – con Kristen Stewart nei panni di Lady Diana, incentrato sul weekend natalizio dei primi anni ’90, durante il quale Lady Di decise di separarsi dal Principe Carlo – e sul ritorno di Paul Schrader con Il collezionista di carte che si muove negli ambienti del gioco d’azzardo. E per finire impossibile non citare un amico di Cinemazero e habitué del Lido, il documentarista e accademico Andrea Segre che sarà alla Mostra per il terzo anno consecutivo. Dopo Il pianeta in mare e Molecole, Segre sbarca alle Giornate degli Autori con Welcome Venice che racconta passato e presente della città tra vecchi mestieri e deriva commerciale. Un’analisi sul rapporto tra economia e vita che non vuole però essere un’operazione nostalgia perché, precisa, “il passato contiene anche molti dolori”.  Il regista di Dolo presenterà anche un altro lavoro (il 31 agosto), Il cinema al tempo del Covid. “L’anno scorso la Biennale mi ha chiesto di documentare un’edizione forse unica, forse storica (ancora la domanda è aperta) della Mostra del Cinema” –racconta Segre – “Ero impegnato in un altro lavoro e avevo pochi giorni a disposizione, ma la sfida era bella e l’ho accettata. Ne è nato un piccolo diario filmato, non posso chiamarlo film, sono appunti in presa diretta di un pezzo inatteso della storia della Mostra e del cinema, sono semplicemente uomini e donne incontrate nel cuore della Mostra, che riflettono su quanto stanno e stiamo vivendo”.