Al Trieste Film Festival 2022 ho applaudito assieme a un migliaio di spettatori Murina, la coproduzione croato-slovena diretta da Antoneta Alamat Kusijanović che aveva ottenuto il prestigioso premio Caméra d’Or al Festival di Cannes 2021. Un premio, com’è noto, assegnato annualmente da una giuria internazionale alla migliore opera prima di tutte le straripanti sezioni cannensi. Murina era stato selezionato dalla Quinzaine des Réalisateurs.
Assai bene accolto dalla critica internazionale, la quale ha unanimemente elogiato la performance subacqueo/terrestre della protagonista Gracija Filipović. Ho avuto la fortuna d’incrociarla a Trieste e di percepire la sua forte emozione in vista dell’imminente “performance” alla Berlinale 2022. È stata infatti selezionata nella rosa delle dieci European Shooting Stars. Gracija Filipović studia biologia a Zagabria, lavora in teatro ed è nuotatrice provetta.
Si ammirano le sue arti natatorie in Murina, ove per gran parte del film, girato lungo il meraviglioso arcipelago croato, indossa aderentissimi costumi da bagno color bianco o blu attirando le mire erotiche dei due più uno personaggi maschili della bergmaniana vicenda. Murina significa murena, e la murena Gracija ci appare sia nel prologo che nell’epilogo sotto le onde a caccia col fucile subacqueo, svelta e sinuosa esattamente com’era l’immortale Esther Williams ai tempi d’oro della Metro Goldwyn Mayer.
Su Vimeo ci si può deliziare con la sua precedente immersione recitativa nel cortometraggio Into the Blue, diretto dalla stessa regista Antoneta Alamat Kusijanović e presentata alla Berlinale 2017 nella sezione Generation 14plus.
Antoneta la bionda trentaseienne e Gracija la bruna ventenne, ambedue native di Dubrovnik, adorano il mare, beate loro. Idem Martin Scorsese, il quale figura tra gli “executive producers” di Murina. Uscirà in Italia ci auguriamo, perlomeno a Grado, Lignano, Caorle, Portofino, Rimini, Capri, Sorrento, Taormina e su altri lidi assolati.
Dove la mano dell’uomo non aveva messo piede…sentieri di cinema!
di Andrea Crozzoli
Preparata, caparbia, concreta e determinata, con l’aggiunta di una adeguata dose di acuta sensibilità tutta femminile: si presenta così Nadia Trevisan, giovane presidente e co-fondatrice di Nefertiti Film, tra le più attive realtà produttive nel campo cinematografico.
Una carriera fulminante, di livello ormai internazionale …
Nel 2019 sono stata selezionata per partecipare a Cannes 2019 come
rappresentante per l’Italia a Producers on the Move ‐ Le Marché du Film
Cannes. Faccio parte dell’European Audiovisual Entrepreneurs, dell’European
Film Academy e dell’European Women’s Audiovisual Network. Il fatto
di frequentare i festival internazionali, di approcciarmi ad iniziative
plurinazionali mi ha permesso, così, di essere conosciuta più all’estero che in
Italia. Tanto che siamo arrivati al punto che non sono più io che cerco
progetti ma i progetti cercano me!
Come è iniziata questa avventura?
Sono partita in maniera un po’ anomala. Non ho studiato per fare cinema, ero semplicemente una fruitrice di cinema. Quando con mio marito, il regista Alberto Fasulo, abbiamo intravisto la possibilità di fondare una nostra società di produzione che permetteva oggettivamente una maggiore libertà creativa, ho operato la scelta definitiva ed abbracciato questa nuova, stimolante e impegnativa attività di produttrice.
Partendo da San Vito al Tagliamento, dal Friuli, dalla lontana
periferia …
Partire dal Friuli, una terra di confine, multietnica e
multiculturale con una serie di lingue diverse che si intrecciano tra loro, dal
friulano allo slavo etc. è stato un vantaggio non trascurabile. Già con il
primo progetto produttivo di TIR per la regia di Alberto Fasulo, di cui
mi sono occupata, eravamo di fronte ad una coproduzione con la Croazia. Se
pensiamo che è più facile dal Friuli andare a Zagabria o Lubiana, che a Roma,
ci rendiamo conto delle grandi possibilità che abbiamo qui da noi. Ho quindi
imparato operando sul campo, pensando al cinema come qualcosa che poteva
nascere e svilupparsi anche a San Vito al Tagliamento, un paese di soli
quindicimila abitanti, sconosciuto fuori regione ai più.
Nessun problema quindi la lontananza da Roma caput mundi?
Se potevano esserci difficoltà lontani da Roma, dal Ministero,
dalla sede di Rai Cinema e da altre importanti piattaforme, il Covid ha fatto
sì che attraverso l’online venisse meno anche questo ostacolo della lontananza
fisica. Ora i contatti via web sono praticamente quotidiani e anche queste
piccole difficoltà sono tranquillamente superate.
Il Friuli Venezia Giulia terra di cinema quindi …
Oggi sempre di più è in atto una delocalizzazione, lontano da Roma. Il Friuli Venezia Giulia ha un vasto fermento di iniziative, di ottimi progetti, di nuovi registi in quanto abbiamo la fortuna di avere un validoFondo Audiovisivo FVG che ha permesso alle società di poter nascere in regione attraverso contributi specifici. Ciò ha fatto sì che le realtà potessero sviluppare sul territorio le iniziative, sempre attraverso regolari bandi che selezionavano il meglio. Tutto questo è stato propedeutico per fare impresa; ha permesso a tanti motivati gruppi di radicarsi in Friuli Venezia Giulia. Un radicamento, peraltro, favorito anche dall’attività della Film Commission FVG che ha dato modo a diverse produzioni di venire a girare in regione.
Che tipologia di produttore pensi di incarnare?
Io mi definisco una produttrice creativa. In generale un produttore può limitarsi soltanto a cercare finanziamenti, costruire un budget adeguato, redigere un piano finanziario per dare il via al film. Io invece, assieme alla mia squadra (oltre a me c’è Alberto, Claudia, Chiara, Elisa e Paolo), discutiamo le idee e i progetti che ci vengono sottoposti. Li elaboriamo con gli autori, in un dialogo costante che permette condivisione piena delle scelte operative. Non un produttore, quindi, che accetta tutto quello che gli viene proposto o che impone dittatorialmente le proprie idee, ma una costruzione condivisa e collegiale dell’opera. Ognuno può dare al progetto un proprio feedback, un proprio punto di vista, una propria idea, in un dialogo sempre costante e costruttivo con gli autori.
Mai avuto problemi di genere nel ruolo che rivesti?
Penso che non dovrebbe esserci la necessità di avere le quote
rosa. Nel momento in cui parliamo di quote rosa significa che c’è una
diseguaglianza. Spero che presto non ci sia più necessità di parlare di quote
ma solo di validità dei progetti, selezionati unicamente per la qualità e non
per il genere di chi li propone. Nel nostro piccolo, alla Nefertiti Film,
abbiamo brillantemente superato il problema, in quanto siamo quattro donne su
sei componenti il gruppo.
Come è andato questo ennesimo anno pandemico?
Nell’appena concluso 2021, abbiamo presentato due produzioni Nefertiti
Film nei maggiori festival cinematografici. Con Piccolo Corpo di
Laura Samani, abbiamo esordito in concorso alla Semaine de la Critique
al Festival di Cannes, poi al Tarragona Film Festival dove ha vinto il premio
miglior film e una menzione speciale; al Cairo International Film Festival dove
si è aggiudicato il Silver Pyramid Special Jury Award. Dopo il premio
per il miglior film al Festival del Cinema Europeo di Siviglia ha ricevuto il Golden
Alexander al Thessaloniki Film Festival, mentre a Londra ha ricevuto la
menzione speciale al BFI London Film Festival e contemporaneamente, in Slovenia
ha ricevuto il Vesna Award per la miglior co-produzione e per la miglior
fotografia. Non pago di cotanti allori il film ha ricevuto anche il premio del
pubblico al Cinéma Italien di Annency. Ad oggi il film è stato selezionato in
oltre 40 festival internazionali vincendo, finora, una decina di premi.
E con l’alto film?
Con Brotherhood di Francesco Montagner inaspettatamente, nel senso che non speravamo tanto, al 74° Locarno Film Festival abbiamo vinto il Pardo d’Oro Cineasti del Presente, un prestigiosissimo premio per un’opera oggettivamente difficile e autoriale. A questo è seguito l’altro trofeo come miglior film nella sezione Czech Joy di Ji.hlava nella Repubblica Ceca. Insomma un anno denso e impegnativo nonostante la pandemia.
Quando vedremo questi due film sugli schermi italiani?
Piccolo Corpo di Laura Samani e Brotherhood di
Francesco Montagner usciranno, distribuiti dalla Nefertiti Film, molto
presto nel mercato italiano. Contiamo tra febbraio e marzo 2022 di illuminare
il buio della sala cinematografica con i nostri due film nei cinema,
accompagnati ovviamente dagli autori. A cominciare da Cinemazero.
Siete diventati come Nefertiti Film anche distributori ..
Oggi per il cinema di qualità il grosso problema è trovare uno schermo, poter uscire in sala. Luogo che è il naturale sbocco per un film. Per questo abbiamo scelto di occuparci anche di distribuzione. Per poter intervenire in quelle logiche di mercato che non fanno arrivare al pubblico i film. Vogliamo, in maniera determinata, dare la giusta visibilità ai film che produciamo. Consapevoli certo che la vera difficoltà è trovare uno spazio nella programmazione dei cinema, per questo ci rivolgiamo a quelle persone intelligenti e sensibili, a quelle realtà con le quali abitualmente dialoghiamo. Contiamo infatti su quei cinema d’essai che ancora propongono al loro pubblico il cinema d’autore. Siamo anche certi che il pubblico ci seguirà, apprezzerà i nostri film e potrà confrontarsi con un cinema autoriale di registi giovani che si sono imposti sul panorama internazionale.
Sul fronte delle piattaforme digitali che distribuiscono in
streaming i film come vi rapportate?
Attualmente la nostra attenzione è rivolta verso le piccole opere
del cinema d’autore indipendente. Grazie anche alla Legge 220/2016, che a
livello nazionale garantisce molte più linee di finanziamento su questi
progetti. Il tutto con l’attento ausilio anche delle varie Film Commission e
dei Fondi Audiovisivo. Il problema delle piattaforme, prima o poi, dovremo
affrontarlo. Ora siamo solo all’inizio del nostro percorso, siamo piccoli e non
ancora strutturati per avere opere commissionate dalle piattaforme.
Progetti per il 2022?
A marzo partiranno le riprese in Brasile di Heartless dei
registi brasiliani Nora Normande e Tiao. In questo progetto franco/brasiliano
siamo i co-produttori di minoranza italiani sostenuti dal contributo selettivo
per le co-produzioni minoritarie del Ministero. Abbiamo poi un documentario al
quale teniamo molto: La lingua salvata di Francesca Pirani, regista e
sceneggiatrice che nel suo percorso artistico ha collaborato con un maestro del
cinema come Marco Bellocchio (per La visione del sabba e Il sogno
della farfalla). Con quest’ultimo progetto parteciperemo a When East
Meets West il forum di co-produzione che si tiene nell’ambito del Trieste
Film Festival, dove si riuniscono oltre 500 professionisti del settore
provenienti da diversi paesi. Abbiamo già un preciso interesse da parte di una
società cambogiana e verificheremo in quella occasione la possibilità di un
terzo partner interessato al progetto.
Lunga vita, quindi, alla Nefertiti Film …
Certo, in cantiere abbiamo anche il nuovo film di Alberto Fasulo, il prossimo lavoro diLaura Samani e di Francesco Montagner, oltre a tanti altri progetti.
Dalla lanterna magica (una scatola con una candela dentro e una lente anteriore, che proiettava sulle pareti della sala buia delle figure disegnate su un vetro), che è stata l’antesignana del cinema moderno, al Cinematografo dei fratelli Lumière, che proiettava immagini su una parete e consentiva una visione pubblica, collettiva. Dal primo tipo di montaggio (inventato da Méliès in Francia), che veniva utilizzato principalmente per mostrare delle metamorfosi (un oggetto che si trasformava in una altro, una persona che spariva, ecc) alla nascita del cinema narrativo (fra il 1906 e il 1915 avviene quella che Edgar Morin ha chiamato la “trasformazione del Cinematografo in Cinema”).
Dalle avanguardie, che vedono nel cinema un’arte nuova e rivoluzionaria, al cosiddetto “cinema narrativo classico”, che è fondato sull’illusione di realtà e riesce a dare allo spettatore l’illusione di essere al centro del mondo. Dal neorealismo, che sovverte i canoni del cinema classico e dà spazio al caos della realtà quotidiana, allaNouvelle vague, che rielabora, reiventa, sovverte completamente la narrazione. Dall’avvento del cinema moderno, che abbandona la vecchia “illusione di realtà”, al cinema postmoderno, caratterizzato dall’uso di nuove tecnologie digitali e da nuovi stili di espressione.
La cinematografia è un’arte che, nel corso del tempo, ha subito le influenze di molti altri linguaggi espressivi ed è mutata costantemente, secondo i contesti sociali e culturali che ha attraversato. Quella della settima arte è un’avventura affascinante che, come afferma Sandro Bernardi (professore di Storia e critica del cinema alla Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Firenze), “è il risultato di incroci, meticciati e ibridazioni, scambi e conflitti”.
Proprio dal desiderio di ripercorrere questa la meravigliosa avventura nasce Cinema talks, un’iniziativa co-progettata da Cinemazero ed Esploratori Culturali CGN, il brand culturale di Servizi CGN, azienda pordenonese che opera nel mercato della consulenza fiscale per professionisti.
Cinema talksè un viaggio tra discipline, arti e generi che hanno un rapporto diretto o una commistione con la cinematografia.
Come
ogni anno, Cinemazero mette a disposizione le sue sale e la sua esperienza in
campo didattico per la ricorrenza internazionale del Giorno della Memoria
(27 gennaio). La proposta di matinée a tema per le scuole, accompagnati
da un’introduzione storico-critica e da un dibattito finale, si inserisce nel
novero di iniziative promosse dal Comune di Pordenone, volte a incentivare
la riflessione costante su uno dei capitoli più bui della storia contemporanea.
Il
cinema, da questo punto di vista, costituisce il medium che forse più
di ogni altro riesce a far “entrare” lo spettatore nella vicenda storica e
nelle sue circostanze: la visione partecipata è da sempre generatrice di
emozioni, in quanto costruita sul principio dell’identificazione. Saranno due i
film proposti, secondo una logica che non si ferma al semplice volgersi
indietro storico, ma rilancia un’attiva attualizzazione delle
tematiche, nella convinzione che il passato sia sempre e comunque un riferimento
e una lezione per il presente (e il futuro).
Il primo è Quel giorno tu sarai (2021) di Kornél Mundruzcò, film che ripercorre le vicende ditre generazioni di una grande famiglia ebrea, a partire dalla fine della Seconda Guerra Mondiale fino alla Berlino di oggi. Si parte dalla tragica nascita di Éva all’interno di un campo di concentramento, per poi attraversare i decenni e giungere fino al nipote Jonas, che oggi conduce la sua esistenza proprio a Berlino, un tempo sinonimo di “inferno” per gli ebrei, oggi capitale di una società multietnica.
Il secondo è il documentario di Petra Epperlein e Michael Tucker, Il senso di Hitler (2020), un’indagine sul fascino malato che la figura di Adolf Hitler e il nazismo esercitano ancora all’inizio del XXI secolo, favorendo l’ascesa del suprematismo bianco, normalizzando l’antisemitismo e riscrivendo la storia stessa. Realizzato in nove Paesi, il film ripercorre i movimenti di Hitler, la sua presa di potere e i suoi crimini, mentre storici, scrittori famosi e cacciatori di nazisti valutano l’impatto duraturo della sua virulenta ideologia.
Passato,
presente e futuro:
gli scottanti temi che il Giorno della Memoria porta con sé vanno ben oltre il
determinato lasso di tempo in cui la tragedia si è verificata, arrivando a
toccare, tramite le forme corrotte di una nostalgia ideologica e violenta, i
nostri giorni. L’occasione non deve dunque scemare nell’abitudinarietà
dell’appuntamento fisso, della ricorrenza comandata, ma deve farsi di anno in
anno sprone per una rinnovata presa di posizione nei confronti del reale.
Cinemazero, assieme a tutte le realtà coinvolte dal Comune di Pordenone, lavora
da sempre, attraverso il cinema, perché questo sia possibile.
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