Il
2 dicembre 2020, alla soglia dei novant’anni, Franco Giraldi ci ha lasciati. Nemmeno
un anno dopo, alla XIV edizione di Pordenone Docs Fest – Le Voci del
Documentario, sugli schermi di Cinemazero, ha ripreso luce – in una versione
preziosamente restaurata – Il Carso, suo cortometraggio d’esordio,
girato sul Carso triestino durante le festività natalizie del 1959 e a lungo –
fino al 2018, anno in cui Lorenzo Codelli ne rinviene una copia in buono stato
presso la Cineteca di Bologna – ritenuto perduto. L’emozione di riscoprirlo
assieme a lui, in una sala gremita in suo onore, sarebbe stata grande.
A
marzo di quest’anno, in un ideale prosieguo, Cinemazero ha intrapreso un nuovo
percorso di studio e riscoperta legato alla sua figura: Franco Giraldi:
raccontare la frontiera, lanciato in risposta a un bando di cultura storica
ed etnografica promosso dalla Regione Friuli-Venezia Giulia. Con il
coinvolgimento di studenti del territorio, l’iniziativa intende ripercorrere
non soltanto la carriera del regista nato a Comeno (oggi Komen, in Slovenia),
ma anche fare il punto sulla tormentata storia del confine orientale e sulla
grande letteratura di frontiera che ha fornito al nostro la base per la trilogia
realizzata a cavallo tra il 1973 e il 1996: La rosa rossa (da Pier
Antonio Quarantotti Gambini), Un anno di scuola (1977, da Giani
Stuparich) e La frontiera (da Franco Vegliani). Ai ragazzi coinvolti
sarà chiesto di realizzare, al termine di un ciclo di lezioni e laboratori condotti
da esperti dei vari campi d’analisi e con l’aiuto di un videomaker
professionista, un piccolo documentario in grado di riassumere compiutamente le
tematiche trattate; l’elaborato sarà dipoi presentato a un pubblico più ampio
in occasione delle rassegne dedicate a Giraldi che, a partire da settembre,
coinvolgeranno i maggiori cinema regionali.
Nato
da madre slovena di Trieste e da padre italiano dell’Istria, Giraldi –
esponente alto della cultura mitteleuropea – ha saputo portare nel suo cinema,
come nessun altro, l’esperienza indelebile della frontiera italiana intesa come
luogo esistenziale, milieu culturale, figura del discorso filmico. La
sua opera dà adito a molteplici collegamenti e approfondimenti: dalla vicenda
del confine italo-jugoslavo a quella della Resistenza, dalla grande letteratura
di confine al tema di rilevanza umanistica delle relazioni tra popoli e
culture. La ricaduta ampia che le attività legate al progetto Franco
Giraldi: raccontare la frontiera ambiscono ad avere, testimoniano l’impegno
che Cinemazero riversa da tempo nella conservazione e nella divulgazione della
memoria di questo sottovalutato autore. Far conoscere la sua figura alle nuove
generazioni, coinvolgendole in un percorso di riscoperta attivo e creativo, ci
sembra altresì il modo migliore per onorare il ricordo di un intellettuale di
eccezionale intelligenza e umanità, il cui amore per il cinema ha preso le
forme di una «passione allargata e dongiovannile» (L. De Giusti) al cospetto
della quale nessun amante delle immagini in movimento, nemmeno in questi tempi
distratti, può rimanere indifferente.
Decision to Leave di Park Chan-wook. Dalla Croisette a Pordenone (e non solo). I prossimi arrivi in sala targati Cannes
di Marco Fortunato
Forse quest’anno il Festival di
Cannes e il suo gigantesco “Marchè” – il mercato dove i film vengono visionati
dai potenziali acquirenti e quindi venduti ai diversi distributori – vedrà un
po’ meno affollamento del solito. La
paura del Covid non c’entra, la rivoluzione del mercato cinematografico
favorita anche dalla pandemia in parte sì. “Per la prima volta i film in
concorso sono già quasi tutti venduti” confessa un buyer, “ma per il cinema è
un fatto positivo. Almeno siamo sicuri che li vedremo in sala!”
E allora diamo uno sguardo a chi
(e quando) porterà in sala i pezzi da novanta che si contenderanno la Palma
d’Oro 2022, ovviamente escludendo i titoli italiani di cui si è già ampiamente
occupato Andrea Crozzoli in un altro articolo. Come spesso accade di alcuni titoli
si sa tutto, o quasi, su altri regna un alone di mistero.
È notizia di questi giorni che
due importanti case di distribuzione di cinema d’essai (Koch Media e Lucky Red)
hanno siglato un accordo per la distribuzione in Italia del nuovo film di
Hirokazu Kore-eda, Broker. Dopo aver vinto la Palma d’oro con Un
affare di famiglia (2018), l’acclamato regista giapponese – ben noto al
pubblico friulano grazie a Tucker Film che ha portato in Italia Ritratto di
famiglia con tempesta – torna in concorso firmando con un film le cui
vicende ruotano intorno alle cosiddette “baby boxes”: i luoghi dove i
genitori coreani abbandonano i bambini che hanno messo al mondo ma che non
possono o non vogliono tenere con sé, in modo che possano essere adottati e
cresciuti da qualcun altro. In questo caso sarà un autoproclamatosi “broker di
buone azioni”; insieme ad un socio, ad offrire aiuto che però presto si
scontrerà con il ritorno della ragazza madre del bambino, pentitasi della sua
scelta, e due agenti di polizia. Nel cast del film, anche la superstar del
cinema della Corea del Sud Song Kang-ho, protagonista del premiatissimo Parasite.
Il film arriverà sugli schermi italiani in autunno.
Sempre la Lucky Red di Andrea
Occhipinti porterà in sala anche Tori et Lokita dei fratelli Dardenne,
ambientato nel Belgio dei giorni nostri, dove arrivano un giovane ragazzo e
un’adolescente che hanno viaggiato da soli dall’Africa per scappare dalle
crudeli condizioni in cui erano costretti. La vita in esilio non sarà facile, e
dovranno fare affidamento alla loro invisibile amicizia per fronteggiare le
numerose difficoltà. La data di distribuzione in Italia non è ancora stata
definita.
Sarà Teodora Film a portare nei cinema italiani Triangle of Sadness, di Ruben Östlund. L’atteso film dell’autore svedese, che vinse la Palma d’Oro con The Square un ritratto dei difetti e dei vizi dell’arte contemporanea inscenati attraverso una performance che gioca su uguaglianze e disuguaglianze sociali questa volta ha annunciato di voler prendere di mira il mondo della moda. Lo stile, ha anticipato in un’intervista, sarà sempre quello di un dramma satirico incentrato sull’ossessione per il proprio aspetto e i troppi agi della classe sociale che vi appartiene
Non ci sono certezza di date – ma
di arrivo in Italia sì vista la potenza di BIM Distribuzione nel mercato
d’essai – anche per R.N.M. di Cristian Mungiu. Il regista rumeno, già
Palma d’Oro nel 2007 per il suo secondo lungometraggio 4 mesi, 3 settimane e
2 giorni, torna sulla Croisette con un film “politico”, per raccontare come
nasce, cresce ed “esplode” il razzismo odierno, in un viaggio ai confini con
l’Ungheria. Non film non si sa molto altro ma è evidente la terribile attualità
del tema.
Altro titolo che sicuramente
vedremo in sala (questa volta con Universal) sarà Armageddon Time di
James Gray il cui cast è a dir poco stellare. Il racconto di formazione
ispirato alla vita dello stesso James Gray negli Stati Uniti pre-Reagan, e
specificatamente nel distretto del Queens, a New York, vedrà dietro la macchina
da presa Anthony Hopkins, Jeremy Strong, Anne Hathaway, Robert De Niro, Oscar
Isaac, Donald Sutherland e Cate Blanchett. Forse per compensare questo eccesso
di stelle (e di personalità) che il Gray ha deciso di accentrare su di sé il
ruolo di regista, sceneggiatore e produttore.
In cerca di acquirenti italiani Holy
Spider di Ali Abbasi. Il regista nato a Tehran e poi emigrato in Svezia, si
è fatto conoscere per l’intrigante Border, creature di confine scoperto
e portato in sala da Valmyn distribuzione (chissà che non decidano di
ripetere l’avventura il cui esito al botteghino fu assai interessante). Anche
in quest’opera, è la marginalità ad essere protagonista. Holy Spider è
la storia di un padre di famiglia, Saeed, intraprende la sua ricerca religiosa:
“ripulire” la santa città iraniana di Mashhad dalle prostitute di
strada immorali e corrotte. Dopo aver ucciso diverse donne, diventa sempre più
disperato per la mancanza di interesse pubblico nella sua missione divina.
Sembra impossibile a dirsi ma chi
potrebbe trovare problemi di distribuzione (al momento si sa solo che il film
uscirà in America il 3 giugno) è Crimes of the Future di David
Cronenberg. Se normalmente solo il nome del regista – che in questo caso si
aggiunge al cast composto da Viggo Mortensen, Léa Seydoux e Kristen Stewart – sarebbe
bastato a scatenare la corsa all’offerta più alta per accaparrarsi i diritti
del film, questa volta la situazione potrebbe cambiare. Le indiscrezioni
parlano di un tale realismo nella messa in scena nella pellicola delle
mutazioni e degli organi umani, indiscussi protagonisti di un body horror che è
già stato definito di livello pornografico per la dovizia di particolari, da
preannunciare una valanga di polemiche e qualche possibile svenimento in sala
in un dejà vu di quanto accade nel 2018 durante la proiezione di The House
That Jack Built di Lars Von Trier che provocò veri e propri momenti di
panico a causa delle scene molto violente. Anche allora, malgrado il cast (Matt
Dillon e Uma Thurman), il film fece molta fatica in sala. Incrociamo le dita,
dunque, nella speranza che qualche coraggioso distributore si faccia avanti.
Chiude questa ampia carrellata il
futuro cinematografico italiani, assai incerto, di Decision to Leave
diretto dall’acclamato regista sudcoreano Park Chan-wook. Pochi giorni fa si è
diffusa la notizia che il film è stato acquisito dal servizio di streaming di
film indipendenti Mubi che ha però precisato di voler distribuire il film nelle
sale prima di un’uscita in streaming esclusivamente su Mubi. Non è chiaro però
a quali paesi la distribuzione cinematografica facesse riferimento nel suo
comunicato.
Staremo a vedere se il Festival,
come spesso accade, saprà essere l’occasione per chiudere anche le più delicate
delle trattive e soprattutto quale sarà il destino dei molti film delle sezioni
parallele sulle quali il mercato deve ancora dire la sua.
I gradini di una lunga scalinata che conduce in alto, oltre le nuvole, in una laica ascensione, per indicarci la strada di un poetico rinnovamento rappresentato dal cinema, come momento di riflessione e di reinvenzione del nostro futuro. Tutto questo sembra raccontarci il bellissimo manifesto ufficiale della 75ma edizione del Festival di Cannes che, dal 17 al 28 maggio, presenterà il meglio di quanto prodotto, in questa ultima stagione, dal cinema mondiale.
E per
presentare tutto il meglio Cannes è costretto a frequentare il cinema alto e
basso, sia in termini artistici che di budget. Ma non ci interessa tanto il Top
Gun: Maverick di Joseph Kosinski con l’inossidabile Tom Cruise, assente
dalla Croisette da trent’anni, ossia dal 1992 dove accompagnò all’epoca Cuori
ribelli (Far and Away) di Ron Howard, al quale i giornali pop
dedicheranno pagine e pagine; oppure l’altra attesa anteprima mondiale Elvis
di Baz Luhrmann con l’efebico Austin Butler e il maturo Tom Hanks dove si narra
la vita del grande Elvis Presley. A nostro avviso, invece, Cannes è
particolarmente interessante per ripercorrere quella scala, riportata sul
manifesto, alla ricerca di nuovi orizzonti, di nuove connessioni filmiche, di
piacevoli scoperte, o conferme, di autori fino a quel momento sconosciuti ma
che segneranno la storia del cinema di domani. Le prime connessioni già
emergono con il film di apertura del festival Coupez (Final Cut)
di Michel Hazanavicius, non tanto per le polemiche suscitate dall’originario
titolo che doveva essere Z (Comme Z) subito rimosso dopo le proteste
ucraine, quanto perchè il film è il remake del giapponese Zombie contro
zombie (One Cut of the Dead) di Ueda Shinichiro, un horror-comico su
un gruppo che vuole girare un film sugli zombie e viene assediato, invece, da
veri morti viventi. Film a suo tempo lanciato e premiato, non poteva essere
altrimenti, dal Far East Film Festival di Udine nel 2018. Il
cinquantacinquenne regista francese Hazanavicius è salito agli onori nel 2011
con il pluripremiato The Artist, un sentito e doveroso omaggio al cinema
del periodo muto.
Altre
connessioni che coinvolgono l’Italia in progetti internazionali, le ritroviamo
in questa co-produzione Le otto montagne della coppia belga (anche nella
vita) Charlotte Vandermeersch e Felix Van Groeningen; un adattamento del
romanzo di Paolo Cognetti Le otto montagne interpretato dai
nostri divi Luca Marinelli e Alessandro Borghi. È la storia di Pietro che
vent’anni dopo, tornerà in montagna, dove da bimbo trascorreva le estati, per
cercare di fare pace con se stesso e il suo passato. Van Groeningen non è nuovo
a questi temi relazionali, nel 2018 aveva diretto con notevole successo My
Beautiful Boy con Steve Carell e Timothée Chalamet, su un padre e un figlio
il cui rapporto è messo a dura prova dalla tossicodipendenza del ragazzo.
In
concorso, poi, battente ufficialmente bandiera italiana Mario Martone che, con Nostalgia,
ritorna nella sua Napoli per raccontare, tra i vicoli del rione Sanità, la
storia, tratta da un romanzo di Ermanno Rea, di Felice (interpretato da Pierfrancesco
Favino), dopo 40 anni di lontananza dalla sua città.
Altro pezzo d’Italia con Andrea Occhipinti e la sua Lucky Red coinvolta nella produzione di Les Amandiers per la regia di Valeria Bruni Tedeschi con Louis Garrel. La Bruni Tedeschi è presente nel concorso ufficiale con la storia di Etienne, Stella e Adèle, tre ventenni che, superato l’esame di ammissione alla scuola di Teatro, si ritrovano ad affrontare i primi grandi cambiamenti ma anche le prime tragedie.
Ma
l’Italia è anche presente alla Quinzaine des Réalisateurs con Pietro
Marcello e il suo L’envol, racconto popolare, musicale e storico, al
confine con il realismo magico. In questo nuovo lungometraggio, in prima
mondiale, scritto dallo stesso Pietro Marcello con Maurizio Braucci, Maude Ameline
e con la partecipazione di Geneviève Brisac, nel cast troviamo ancora Louis
Garrel. Dopo il grande successo oltralpe di Martin Eden (2019) questo è
il primo film realizzato in Francia da Pietro Marcello, liberamente ispirato a Le
vele scarlatte di Aleksandr Grin, scrittore russo pacifista del XX
secolo, e ambientato nel profondo nord francese dove la protagonista Juliette,
spirito solitario, appassionata di musica e di canto, un giorno, lungo la riva
di un fiume, incontra una maga che le predice una profezia inquietante alla
quale, da quel momento, non smetterà mai di credere.
Sempre la Lucky Red di Andrea Occhipinti porta a Cannes nella sezione Premiere la serie televisiva Esterno Notte di Marco Bellocchio sul rapimento e l’assassinio di Aldo Moro che sarà poi presentato nelle sale in due parti, la prima dal 18 maggio e la seconda dal 9 giugno per arrivare in autunno sugli schermi televisivi di Rai1. Nel cast Fabrizio Gifuni nei panni di Aldo Moro, Margherita Buy in quelli della moglie Eleonora Moro, Toni Servillo in quelli di Paolo VI mentre Fausto Russo Alesi sarà Giuseppe Cossiga. «Quello che Marco Bellocchio ha realizzato è un vero capolavoro. Il racconto di un momento cruciale della storia – ha dichiarato Andrea Occhipinti – del nostro paese e non solo, di una generazione, di una famiglia, di un uomo. Un grande film avvincente e tremendamente attuale».
L’Italia
sarà presente anche nella giuria ufficiale con Jasmine Trinca, una delle più
affascinanti, intelligenti e sensibili giovani attrici del nostro cinema,
protagonista del film Palma d’Oro 2001 La stanza del figlio di Nanni
Moretti, e sarà a fianco di Vincent Lindon, presidente di giuria, e Rebecca
Hall, Deepika Padukone, Noomi Rapace, Asghar Farhadi, Ladj Ly, Jeff Nichols e
Joachim Trier per assegnare l’ambitissima Palma d’Oro 2022. Ma lo sguardo di
Cannes non poteva ignorare, in questo tragico periodo, l’Ucraina e, dopo essere
passato per Bologna dove ha presentato Maidan e Donbass, il
regista ucraino Sergei Loznitsa accompagnerà sulla Croisette il suo nuovo film The
Natural History of Destruction come proiezione speciale in anteprima
assoluta. Ma il cinema ucraino troverà spazio anche in Un Certain Regard
con l’atteso promettente esordio di Butterfly Vision per la regia di
Maksym Nakonechnyi. Ed essendo luogo di cultura, scambio e civiltà, il Festival
presenterà anche il regista esule russo Kirill Serebrennikov con Tchaikovski’s
Wife. Tutto questo è solo un assaggio del lungo e sapido pranzo
cinematografico che, come da tradizione, si consuma ogni anno a maggio sulla
Costa Azzurra!
“La Solitudine dell’ala destra”. Pasolini e il calcio in mostra a Pordenone
di Riccardo Costantini
Apre al pubblico sabato 23 aprile alle 15 alla Galleria Harry Bertoia “La solitudine dell’ala destra. Pier Paolo Pasolini e il calcio“, una grande mostra composta per lo più da materiale inedito, realizzata da Cinemazero e Comune di Pordenone, con il sostegno della Regione Friuli-Venezia Giulia e il patrocinio del Centro Studi Pier Paolo Pasolini di Casarsa. Con 120 fotografie, filmati, scritti, gadget, il percorso espositivo, curato da Piero Colussi, ricostruisce le tappe salienti della passione sportiva, lunga tutta la vita, di Pasolini, nell’anno del centenario della nascita.
In un’intervista all’Europeo il 31 dicembre 1970, l’intellettuale dichiarava: «Il calcio è l’ultima rappresentazione sacra del nostro tempo. È rito nel fondo, anche se è evasione. Mentre altre rappresentazioni sacre, persino la messa, sono in declino, il calcio è l’unica rimastaci. Il calcio è lo spettacolo che ha sostituito il teatro».
La mostra in Galleria Bertoia narra questa passione dalle origini, a Bologna, la città natale di Pasolini, dove frequentava il Liceo Galvani e il calcio riempiva le sue giornate. Affermava infatti: «I pomeriggi che ho passato a giocare a pallone sui Prati di Caprara (giocavo anche sei, sette ore di seguito, ininterrottamente: ala destra, allora…) sono stati indubbiamente i più belli della mia vita. Mi viene quasi un nodo alla gola, se ci penso».
In quegli anni, il Bologna Football Club era uno squadrone capace di vincere ben
quattro scudetti di fila e Pasolini ne divenne un accanito tifoso. Durante le
vacanze estive, a Casarsa, nella casa della famiglia della madre Susanna
Colussi, indossava la maglia bianconera della società del paese, partecipando
al campionato della Gioventù Italiana del Littorio. Le partite si giocavano nel
campo sportivo dietro la ferrovia. A fungere da spogliatoio, c’era una stanza
dell’albergo Leon d’Oro. Finita la guerra, Pasolini fu tra i promotori della
nascita della Società Artistico Sportiva
Casarsa, che nell’autunno del 1946 fissò la propria sede nello stanzone
adiacente a Casa Colussi Batiston, dove
erano ospitate le attività dell’Academiuta
di lenga furlana. Sempre in quell’anno, Pasolini fu tra i promotori dell’Unione Sportiva Sangiovannese. Nel 1947 iniziò
anche a scrivere di calcio come corrispondente de Il Friuli Sportivo.
A Roma, nei campetti di calcio delle borgate romane, Pasolini conobbe coloro che in seguito sarebbero diventati i protagonisti dei romanzi Ragazzi di vita e Una vita violenta. A metà degli anni Sessanta fu fra gli ideatori, assieme a Ninetto Davoli e Franco Citti, della squadra chiamata Attori e Cantanti, che qualche anno più tardi divenne la Nazionale dello Spettacolo, di cui Pasolini portò a lungo la fascia di capitano. Nella primavera del 1975, qualche mese prima di venire assassinato, organizzò a Parma la partita tra la troupe di Salò e quella che a pochi chilometri di distanza stava girando Novecento di Bernardo Bertolucci. Fra i protagonisti della sonante vittoria di Bertolucci, per 5 a 2, c’era il giovane calciatore della squadra “primavera” del Parma, Carlo Ancellotti, che, per l’occasione, era stato “assunto” come attrezzista nella troupe di Novecento e aveva segnato pure un goal.
Nell’anno del centenario della nascita, la mostra di Pordenone è un’occasione per scoprire quanto fosse forte il legame di Pasolini con il calcio, tanto che nel 1973, alla domanda di Enzo Biagi per La Stampa, dichiarava che senza cinema, senza scrivere, quello che gli sarebbe piaciuto diventare era: «un bravo calciatore. Dopo la letteratura e l’eros, per me il football è uno dei grandi piaceri». Ogni venerdì alle 17.30 sarà possibile visitare la mostra, accompagnati dal curatore Piero Colussi: per prenotarti invia una mail a press@cinemazero.it
Un percorso che continua venerdì 13 maggio con la proiezione a Cinemazero ad ingresso gratuito del film “L’ultima partita di Pasolini”, alla presenza dell’autore Giordano Viozzi.
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