Berlinale 2022
di Alessandro Del Re
Dopo la pausa imposta dal Covid dell’anno 2021 in cui si è tenuta esclusivamente online, la Berlinale è tornata a riempire le sale di tutta Berlino dimostrandosi quell’evento cittadino sentito e partecipato capace di occupare i cinema da Kiez a Potsdamer Platz, da Friedrichschain a Alexander Platz, con un pubblico misto di spettatori interessati, stampa e addetti ai lavori.
Pur priva ancora dell’European Film Market, spostatosi online a causa del dilagare di Omicron, la Berlinale è riuscita a proporre un programma ricco e variegato con un’impronta decisa data dalla direzione artistica di Carlo Chatrian volta a confermare la posizione del festival come patria del cinema d’autore e di ricerca. In questo senso pur più conservativo rispetto all’anno scorso, su stessa ammissione di Chatrian, il concorso ufficiale è riuscito a collezionare e far convivere sotto la stessa idea artistica la presenza di giovani autrici in rampa di lancio, Carla Simon, Kamila Andini e Natalia López Gallardo, con maestri del cinema d’autore come Hong Sang-soo, Ulrich Seidl, Rithy Pahn, Denis Côte e Claire Denis.
A spuntarla per l’Orso d’oro è stata proprio Carla Simon con Alcarràs, secondo lungometraggio della talentuosa regista catalana già apprezzata in Italia con Estate 1993 (distribuito da Wanted Cinema), un film che conferma Simon come una delle giovani voci più interessanti nel cinema contemporaneo. Inoltre, c’è anche un po’ di Italia in questo Orso d’oro, il film infatti è in coproduzione con l’Italia grazie a Kino Produzioni di Giovanni Pompili, sintomo di una nuova generazione di produttori e produttrici che si sta affermando guardando più lontano rispetto ai confini della penisola.
Confermata per il terzo anno la sezione Encounters che dopo gli exploits dei primi due anni con le anteprime dei celebrati film di Catarina Vasconcelos, Andreas e Roman Zürcher e Mariusz Wilczyński tra gli altri, riesce a confermare il ruolo della sezione nel programma berlinese come spazio per indagare i confini del cinema. In tal senso il concorso è riuscito a dare spazio a una polifonia di forme cinematografiche che vanno dal coming-of-age di Small, Slow but Steady di Sho Miyake alla quarantine-reverie di Coma di Bertand Bonello, uno dei picchi del concorso, fino all’utopia di Unrest di Cyril Schäublin, che conferma il personale percorso artistico del cineasta/artista elvetico, e al folgorante À Vendredi, Robinson, dell’iraniana Mitra Farahani, sullo scambio “epistolare” tra Ebrahim Golestan e Jean-Lui Godard.
Da segnalare anche il film d’apertura della sezione Panorama Viens Je t’emmene di Alain Guiraudie, già in Italia con Lo sconosciuto del lago (distribuito da Teodora), in cui il regista francese torna alla commedia d’inizio carriera per fare a pezzi i pregiudizi dei suoi connazionali in un turbinio di situazioni surreali e dissacranti.