Rassegna video-cinematografica del CAI Pordenone “Incontri a Cinemazero – Patrimonio green: parchi, riserve naturali, boschi”
di CAI – Pordenone
Covid e Guerra in Ucraina stanno da mesi, giustamente, catalizzando la nostra attenzione. Corriamo il rischio però di distogliere il nostro interesse, e la nostra preoccupazione, nei riguardi delle tematiche ambientali, che tanto sono importanti e determinanti per la salute e la sopravvivenza stessa del nostro pianeta e dei suoi abitanti. La Sezione del Club Alpino Italiano di Pordenone vuole quindi, con la programmazione dei suoi Incontri a Cinemazero, riportare la giusta attenzione su questi temi, in particolare rispetto al loro legame e alla loro influenza sul mondo della Montagna, focalizzandosi per questa rassegna primaverile sul Patrimonio green. Tre serate, ad ingresso gratuito fino ad esaurimento dei posti, che vogliono rappresentare con lo strumento cinematografico e di documentazione, e con la presenza di autori e protagonisti, lo straordinario mondo dei parchi, riserve naturali e boschi, per portare conoscenza e stimolare una maggiore consapevolezza.
Il programma degli Incontri si apre giovedì 5 maggio alle
ore 21:00 con “C’era una volta il bosco”. Paola Favero, forestale,
alpinista e scrittrice, racconterà le montagne e i boschi ai tempi della crisi
climatica, attraverso le immagini e le parole del suo libro e con la proiezione
artistica del fotografo Paolo Spigariol. L’azione dell’uomo si ripercuote
indiscutibilmente sull’evoluzione del clima e degli eventi metereologici. Il
grande errore che commettiamo è che riteniamo l’ambiente naturale una risorsa
da usare a nostro piacimento, senza renderci conto delle conseguenze delle
nostre azioni.
“Perché fuggiamo dalla civiltà per scegliere la solitudine, la
semplicità di una vita nei boschi o fra le montagne?” È a questa domanda che
vuol dare risposta Marco Albino Ferrari, scrittore e giornalista, nell’Incontro
del 19 maggio. Sarà proiettato il documentario “La via incantata”,
di cui egli è il protagonista. Il racconto del viaggio verso il più antico e
vasto santuario di natura selvaggia delle Alpi, la riserva integrale del Pedum,
nel Parco Nazionale della Val Grande, luoghi abitati fino a metà del secolo
scorso, prima che un inarrestabile spopolamento segnasse la sorte di intere
comunità. La via incantata è l’esperienza di due uomini a contatto con questa
wilderness così emotiva e tangibile.
Al Parco Naturale Prealpi Giulie sarà dedicato l’Incontro
del 26 maggio. I parchi sono un sistema territoriale di particolare
interesse per valori naturali, scientifici, storico-culturali e paesaggistici e
la loro finalità è quella di tutelare, conservare e ripristinare l’ambiente
naturale e le sue risorse. Il direttore del Parco, Antonio Andrich, con
l’ausilio di immagini e filmati, parlerà di quest’area protetta della nostra Regione,
della specificità della zona, determinata dal contatto di tre aree
biogeografiche diverse (mediterranea, illirica ed alpina) che concorrono a
determinare una straordinaria biodiversità, e dei numerosi progetti in essere.
Un’inaccettabile discriminazione. E tanta confusione.
di Marco Fortunato
Una decisione discriminatoria e
per questo inaccettabile. Dal primo di maggio nella stragrande maggioranza dei
luoghi al chiuso la mascherina (non la FFP2 ma la semplice mascherina) è solo
raccomandata e si fa leva sul senso di responsabilità delle persone. Al cinema
invece no e l’obbligo di indossare la mascherina FFP2 è stato prorogato fino al
15 giugno, come negli ospedali e nei mezzi di trasporto. Per i trasporti l’esigenza
è legata al cronico problema del sovraffollamento, per gli ospedali, ambienti
dove la tutela dei più fragili e deboli costituisce la massima priorità per la collettività,
la FFP2 sembra imprescindibile anche se la nuova normativa testualmente richiede
ai visitatori un generico dispositivo di protezione delle vie respiratorie.
Davvero, dunque, appare senza
logica la richiesta di obbligare il pubblico ad indossare la mascherina FFP2 in
un momento in cui, purtroppo, il comparto è ancora in grande difficoltà e il
rischio del sovraffollamento è decisamente remoto. Ma anche se così non fosse è
bene ricordare che la normativa di pubblico spettacolo italiana, comprendente
anche le disposizioni in tema di obbligo di ricambio d’aria, di installazione
di idonei impianti dimensionati sul massimo affollamento e sul volume delle
sale, è tra le più stringenti imposte a livello internazionale. E allora perché
questo accanimento?
Chiunque sia entrato in una sala
cinematografica negli ultimi due anni ha potuto verificare personalmente il
grande impegno nel rispetto di tutte le normative sia da parte degli operatori
che del pubblico, malgrado l’oggettiva complessità nel farlo: complici leggi e
regolamenti poco chiari, spesso comunicati all’ultimo minuto (e non è un modo
di dire, basti ricordare quanto accaduto alla Vigilia di Natale quando furono
emanate le norme valide dal giorno successivo!)
Ma ciò che conta è il principio
di uguaglianza. Non ci siamo mai opposti alle regole ma pretendiamo che ci sia
uniformità di trattamento. Altrimenti appunto diventa una discriminazione senza
significato che avrà il solo risultato di penalizzare un settore che ha già
subito un enorme contraccolpo dalla pandemia.
Esiste, per fortuna, ancora una
possibilità di rimediare. Nel percorso di conversione del Decreto Legge il
Parlamento potrebbe, con un emendamento, cancellare quest’assurdità. Sarebbe un
primo passo ma molto significativo. Ad esso dovrebbero poi fare seguito i più
volte auspicati interventi strutturali da parte del Ministero per porre rimedio
alle criticità strutturali del settore. Proprio su quest’ultime, a partire dal
tema delle windows (a cui più volte abbiamo accennato e sulle quali si stanno
rincorrendo dichiarazioni contraddittorie) fino alla distribuzione delle
risorse all’interno della filiera, è necessario un approfondimento per
elaborare un’immediata revisione.
Manoel Cândido
Pinto de Oliveira ci ha lasciato a 106 anni e 4 mesi compiuti, il 2 aprile
2015. Mi trovavo a Lisbona quel tristissimo giorno di lutto nazionale. Un
feeling di saudade paragonabile ai sentimenti
collettivi provati il giorno dell’addio
in Italia a Federico Fellini, in Svezia a Ingmar Bergman, in
Svizzera a Charlie Chaplin.
Avevo avuto la fortuna di conoscere de Oliveira alla Mostra di Venezia quand’era già più o meno centenario. Habitué di antica data del Lido, lucidissimo, brillante conversatore, se ne stava diritto in piedi al bar dell’Excelsior assieme alla moglie, Maria Isabel Brandão de Meneses de Almeida Carvalhais, un’elegante dama dieci anni più giovane di lui. C’era anche il suo direttore della fotografia, il mitico globetrotter svizzero Renato Berta, il quale nella sua recente autobiografia ha dedicato al cineasta portoghese delle pagine bellissime (Photogrammes, Grasset, Parigi 2021).
L’ascesa in Paradiso di San Manoel ci regalò un lungometraggio che egli aveva concepito per i posteri, un autoritratto nostalgico girato nel 1982 che aveva deciso di non mostrare in vita: Visita ou Memórias e Confissões. Capolavoro assoluto.
Lo Stato portoghese ci ha riflettuto assai bene su come rendere un omaggio, vitale e non sepolcrale, al padre-padrone del cinema muto e sonoro nazionale più celebre nell’universo. La scelta non avrebbe potuto essere più azzeccata, anzi più deoliveriana.
Situata a Porto naturalmente, la “città della mia infanzia”, tuttora traboccante di antichi caffé, di teatri e palazzi storici délabrés, di lungofiume e piazzali nei quali de Oliveira visse, amò e filmò.
Un po’ fuori città, sull’estuario del Douro, fauna fluvial (1931, esordio del regista), nel verdissimo parco di Serralves si erge il neo-lloydwrightiano Museu de Arte Contemporânea. Nelle sue diverse ale i massimi artisti di oggi, da Ai Wei Wei a Jeff Koons, propongono mostre temporanee di forte impatto.
Girando per il parco, tra fontane stile Boboli, prati infiniti che evocano i fasti di Versailles, gloriet cosparsi di sculture surrealiste giganti, si arriva alla Casa do Cinema Manoel de Oliveira.
Se Fellini ha il proprio cenotafio nei fortilizi della natia Rimini, Bergman sull’adorata isola di Fårö, Charlot nella propria villa di Vevey, a de Oliveira è toccato di meglio.
La palazzina a due piani è intima, disadorna come certi suoi film. Al pianoterra un’esposizione temporanea, al primo piano quella permanente. Tutto di piccole dimensioni volumetriche però di grandissime ambizioni, didattiche e spettacolari.
Alla mostra permanente si possono passare giornate intere a rivedere alcuni film in versione integrale, a studiare la bio-filmografia interattiva, in un semibuio affascinante cosparso qua e là di Leoni d’oro, Palme d’oro e altri premi internazionali.
La mostra temporanea in aprile non poteva essere più geniale dal punto di vista metodologico. Intitolata “O princípio da incerteza. Manoel de Oliveira e Augustina Bessa Luís”. Ovvero i rapporti di lavoro e amicizia durati due vite tra il prolifico regista e la sua principale sceneggiatrice, una romanziera di successo tradotta in molte lingue.
Non trascurate assolutamente una tappa al vasto bookshop del Museo. Vi troverete a prezzi modici sia i dvd dei film diretti da Manoel de Oliveira che i voluminosi cataloghi delle mostre a lui dedicate, pubblicati in portoghese e in inglese. Scoprirete così che de Oliveira è stato anche un eccellente fotografo e saggista.
I gradini di una lunga scalinata che conduce in alto, oltre le nuvole, in una laica ascensione, per indicarci la strada di un poetico rinnovamento rappresentato dal cinema, come momento di riflessione e di reinvenzione del nostro futuro. Tutto questo sembra raccontarci il bellissimo manifesto ufficiale della 75ma edizione del Festival di Cannes che, dal 17 al 28 maggio, presenterà il meglio di quanto prodotto, in questa ultima stagione, dal cinema mondiale.
E per
presentare tutto il meglio Cannes è costretto a frequentare il cinema alto e
basso, sia in termini artistici che di budget. Ma non ci interessa tanto il Top
Gun: Maverick di Joseph Kosinski con l’inossidabile Tom Cruise, assente
dalla Croisette da trent’anni, ossia dal 1992 dove accompagnò all’epoca Cuori
ribelli (Far and Away) di Ron Howard, al quale i giornali pop
dedicheranno pagine e pagine; oppure l’altra attesa anteprima mondiale Elvis
di Baz Luhrmann con l’efebico Austin Butler e il maturo Tom Hanks dove si narra
la vita del grande Elvis Presley. A nostro avviso, invece, Cannes è
particolarmente interessante per ripercorrere quella scala, riportata sul
manifesto, alla ricerca di nuovi orizzonti, di nuove connessioni filmiche, di
piacevoli scoperte, o conferme, di autori fino a quel momento sconosciuti ma
che segneranno la storia del cinema di domani. Le prime connessioni già
emergono con il film di apertura del festival Coupez (Final Cut)
di Michel Hazanavicius, non tanto per le polemiche suscitate dall’originario
titolo che doveva essere Z (Comme Z) subito rimosso dopo le proteste
ucraine, quanto perchè il film è il remake del giapponese Zombie contro
zombie (One Cut of the Dead) di Ueda Shinichiro, un horror-comico su
un gruppo che vuole girare un film sugli zombie e viene assediato, invece, da
veri morti viventi. Film a suo tempo lanciato e premiato, non poteva essere
altrimenti, dal Far East Film Festival di Udine nel 2018. Il
cinquantacinquenne regista francese Hazanavicius è salito agli onori nel 2011
con il pluripremiato The Artist, un sentito e doveroso omaggio al cinema
del periodo muto.
Altre
connessioni che coinvolgono l’Italia in progetti internazionali, le ritroviamo
in questa co-produzione Le otto montagne della coppia belga (anche nella
vita) Charlotte Vandermeersch e Felix Van Groeningen; un adattamento del
romanzo di Paolo Cognetti Le otto montagne interpretato dai
nostri divi Luca Marinelli e Alessandro Borghi. È la storia di Pietro che
vent’anni dopo, tornerà in montagna, dove da bimbo trascorreva le estati, per
cercare di fare pace con se stesso e il suo passato. Van Groeningen non è nuovo
a questi temi relazionali, nel 2018 aveva diretto con notevole successo My
Beautiful Boy con Steve Carell e Timothée Chalamet, su un padre e un figlio
il cui rapporto è messo a dura prova dalla tossicodipendenza del ragazzo.
In
concorso, poi, battente ufficialmente bandiera italiana Mario Martone che, con Nostalgia,
ritorna nella sua Napoli per raccontare, tra i vicoli del rione Sanità, la
storia, tratta da un romanzo di Ermanno Rea, di Felice (interpretato da Pierfrancesco
Favino), dopo 40 anni di lontananza dalla sua città.
Altro pezzo d’Italia con Andrea Occhipinti e la sua Lucky Red coinvolta nella produzione di Les Amandiers per la regia di Valeria Bruni Tedeschi con Louis Garrel. La Bruni Tedeschi è presente nel concorso ufficiale con la storia di Etienne, Stella e Adèle, tre ventenni che, superato l’esame di ammissione alla scuola di Teatro, si ritrovano ad affrontare i primi grandi cambiamenti ma anche le prime tragedie.
Ma
l’Italia è anche presente alla Quinzaine des Réalisateurs con Pietro
Marcello e il suo L’envol, racconto popolare, musicale e storico, al
confine con il realismo magico. In questo nuovo lungometraggio, in prima
mondiale, scritto dallo stesso Pietro Marcello con Maurizio Braucci, Maude Ameline
e con la partecipazione di Geneviève Brisac, nel cast troviamo ancora Louis
Garrel. Dopo il grande successo oltralpe di Martin Eden (2019) questo è
il primo film realizzato in Francia da Pietro Marcello, liberamente ispirato a Le
vele scarlatte di Aleksandr Grin, scrittore russo pacifista del XX
secolo, e ambientato nel profondo nord francese dove la protagonista Juliette,
spirito solitario, appassionata di musica e di canto, un giorno, lungo la riva
di un fiume, incontra una maga che le predice una profezia inquietante alla
quale, da quel momento, non smetterà mai di credere.
Sempre la Lucky Red di Andrea Occhipinti porta a Cannes nella sezione Premiere la serie televisiva Esterno Notte di Marco Bellocchio sul rapimento e l’assassinio di Aldo Moro che sarà poi presentato nelle sale in due parti, la prima dal 18 maggio e la seconda dal 9 giugno per arrivare in autunno sugli schermi televisivi di Rai1. Nel cast Fabrizio Gifuni nei panni di Aldo Moro, Margherita Buy in quelli della moglie Eleonora Moro, Toni Servillo in quelli di Paolo VI mentre Fausto Russo Alesi sarà Giuseppe Cossiga. «Quello che Marco Bellocchio ha realizzato è un vero capolavoro. Il racconto di un momento cruciale della storia – ha dichiarato Andrea Occhipinti – del nostro paese e non solo, di una generazione, di una famiglia, di un uomo. Un grande film avvincente e tremendamente attuale».
L’Italia
sarà presente anche nella giuria ufficiale con Jasmine Trinca, una delle più
affascinanti, intelligenti e sensibili giovani attrici del nostro cinema,
protagonista del film Palma d’Oro 2001 La stanza del figlio di Nanni
Moretti, e sarà a fianco di Vincent Lindon, presidente di giuria, e Rebecca
Hall, Deepika Padukone, Noomi Rapace, Asghar Farhadi, Ladj Ly, Jeff Nichols e
Joachim Trier per assegnare l’ambitissima Palma d’Oro 2022. Ma lo sguardo di
Cannes non poteva ignorare, in questo tragico periodo, l’Ucraina e, dopo essere
passato per Bologna dove ha presentato Maidan e Donbass, il
regista ucraino Sergei Loznitsa accompagnerà sulla Croisette il suo nuovo film The
Natural History of Destruction come proiezione speciale in anteprima
assoluta. Ma il cinema ucraino troverà spazio anche in Un Certain Regard
con l’atteso promettente esordio di Butterfly Vision per la regia di
Maksym Nakonechnyi. Ed essendo luogo di cultura, scambio e civiltà, il Festival
presenterà anche il regista esule russo Kirill Serebrennikov con Tchaikovski’s
Wife. Tutto questo è solo un assaggio del lungo e sapido pranzo
cinematografico che, come da tradizione, si consuma ogni anno a maggio sulla
Costa Azzurra!
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