Chantal Akerman- Femminile al Plurale

Di Paolo D’Andrea

Il 5 ottobre 2015 si toglieva la vita, appena sessantacinquenne, Chantal Akerman. Il suo ultimo film, No Home Movie, straziante cronaca dei mesi precedenti la morte dell’amatissima madre, era uscito nemmeno due mesi prima. Impossibile rendere conto in poche righe del caleidoscopio di suggestioni che promana dalla sua opera multimediale, frammentata e intenzionalmente sfuggente; ci ha provato, dimostrando di possedere il dono della sintesi, Ivonne Margulies, che ha significativamente intitolato la sua monografia del 1996 Nothing Happens. Chantal Akerman’s Hyperrealist Everyday. Il ritratto di quotidianità apparentemente insignificanti, l’assenza di storia e di personaggi narrativamente codificati, la libertà dirompente delle sue figure femminili sono le cifre piú icastiche della sua arte sottrattiva, vicenda di corpi e di montaliani «silenzi in cui le cose / s’abbandonano e sembrano vicine / a tradire il loro ultimo segreto». Il progetto Femminile, al plurale. Le immagini pubbliche delle donne da Leonardo ai nostri giorni, curato da Sergia Adamo con il patrocinio dell’Università degli Studi di Trieste e della Commissione Regionale per le Pari Opportunità e realizzato grazie all’interazione tra UTI Noncello, Comune di Pordenone e Regione Friuli Venezia-Giulia, ha scelto in sinergia con Cinemazero di dedicare, tra le tante iniziative, una rassegna a questa irripetibile esploratrice della pluralità del femminile, impegnata per una vita a indagare la complessità della propria figura pubblica e privata. A introdurre la retrospettiva sarà, venerdí 7 febbraio alle ore 18 presso la Mediateca di Cinemazero, l’incontro con Ilaria Gatti, collaboratrice di “Filmcritica” nonché autrice con Alessandro Cappabianca dell’unico testo monografico in italiano sulla Akerman. Lunedí 10, alle 20:45, l’appuntamento è invece a Cinemazero con la proiezione del già citato No Home Movie (2015), autentico film-testamento, ritratto struggente degli ultimi mesi di vita della madre Natalia, polacca sopravvissuta all’orrore di Auschwitz e costante figura di riferimento nell’universo poetico della regista belga. A chiudere il ricordo dell’autrice sarà infine lunedì 17, sempre alle 20:45, Je, Tu, Il, Elle (1974), primo lungometraggio di fiction della regista, storia di una lettera, di un lui, di una lei e di un Io, quello della stessa Akerman.

Intervista con Gianni Di Gregorio

Di Lorenzo Codelli

« L’idea di Lontano lontano me l’ha data Matteo Garrone. Come sai aveva prodotto lui il mio primo film, Pranzo di ferragosto (2008). Devi fare un film su un pensionato povero che non ce la fa ed è costretto ad emigrare per avere delle condizioni di vita migliori. Se non lo fai tu che sei uno specialista di vecchietti chi lo fa?“. L’idea mi ha folgorato. Ci ho lavorato moltissimo e ne è uscito un raccontino pubblicato da Sellerio nell’antologia Storie della città eterna. Poi sono andato avanti, un anno e mezzo di scrittura della sceneggiatura. Verso la fine lo sceneggiatore Marco Pettenello mi ha aiutato a chiuderla. Aveva lavorato con Carlo Mazzacurati, è un veneto che si diverte moltissimo con la romanità. L’unico personaggio centrale si è moltiplicato, sono diventati tre. Il primo è un “romano di Roma”, uno dei rari popolani che abitano ancora nel centro storico. Ormai sono andati via tutti, ci sono solo bed & breakfast! Anche nel mio palazzo sono rimasto da solo, è diventato tutto un b&b! Quel personaggio, interpretato da Giorgio Colangeli, ha la pensione minima, capisce di dover andare all’estero. Cerca di convincere un amico d’infanzia, un ex professore, l’unico borghese del terzetto. Un ex prof di latino e greco che neanche lui sta molto bene con la pensione. Lo interpreto io. È pigro pure lui, gente mai uscita dal proprio quartiere, dai bar. L’amico lo convince a partire, ma i due non hanno la più pallida idea di dove andare. Vanno a cercare in periferia, a Tor Tre Teste, un terzo personaggio, interpretato da Ennio Fantastichini. Incontrano quel coetaneo per equivoco, è un ex frichettone, un rigattiere restauratore di modernariato. Si arrangia andando la domenica a Porta Portese a vendere le sue cose.  Non ha neanche la pensionema è entusiasta del viaggio. Diventa il capo della combriccola, è molto energico. È purtroppo l’ultima interpretazione di Fantastichini. Un grande attore, un grande uomo, dotato di un’umanità, di una profonda tensione morale. Spumeggiante e leggero nella vita. Ha lasciato un vuoto pazzesco. Un professore interpretato da Roberto Herlizka diventa il consulente del terzetto, perchè se ne vorrebbe andare anche lui a causa d’una moglie opprimente che non lo fa bere. Così li convince ad andare alle Azzorre per un sacco di motivi meravigliosi. Mentre stavo divertendomi a scrivere di questi personaggi era il periodo dei grandi naufragi di emigranti, il Mediterraneo era un inferno. Questa cosa è entrata per forza di cose nella storia. Così è nato il personaggio di Gabu interpretato da un vero emigrante, Salih Saadin Khalid. Lo abbiamo trovato nel centro di Riace. Un ragazzo meraviglioso che adesso non sta più in Italia. Sta andando in Canada grazie ai soldi ricevuti per il film. Questo personaggio era un vero cittadino del mondo che per necessità deve andare Lontano lontano ».

« Il primo titolo del film era Cittadini del mondo, ma i distributori mi hanno chiesto di cambiarlo. Lontano lontano è il sogno un po’ di tutti. Ho scelto le Azzorre che appartengono al Portogallo perchè lì ci sono le detrazioni fiscali migliori. I miei quattro film si svolgono perlopiù a Trastevere, il mio quartiere, forse perchè anch’io non riesco realmente a muovermi. Un fatto di radicamento profondo, di carattere. Anche da giovane ho fatto viaggi minimi, non vedevo l’ora di tornare al baretto di Santa Maria in Trastevere. È un po’ la culla. Ho il privilegio dove vengono tutti, da tutto il mondo, entrano loro nel quartiere. Il problema è la antica pigrizia romana. Qui posso parlare con chiunque, arriva chiunque. Inoltre qui ci sono ancora brandelli di solidarietà, di umanità. Non ti senti solo anche se sei solo in casa».

«Avevo fatto il militare in Friuli e mi è rimasto nel cuore. Per alcuni il servizio di leva obbligatorio è stato un incubo, per me invece una meraviglia. Sono finito vicino a San Daniele del Friuli, un posto meraviglioso. Avevo 24 anni credo, e nelle ore libere, nellecdomeniche mi è piaciuto molto visitare il Friuli. L’ho visto tutto con calma e me ne sono inbamorato. La domenica me ne stavo seduto su quella terrazza panoramica di San Daniele, una finestra sul mondo. Mangiando prosciutto e bevendo i migliori vini europei. Si c’era anche un po’ di fatica, i carri armati eccetera, ma per me è stato una specie di gioco. Era anni prima del terremoto. A Gemona sono stato in una caserma talmente bella, un edificio del Settecento».

«Devo tantissimo a Matteo Garrone per avermi prodotto il primo film. Pranzo di ferragosto lo avevo proposto a tanti produttori ma nessuno lo voleva fare. Si spaventavano: “È un film di vecchiette!“. Matteo invece l’ha subito sposato e capito. Prodotto con 500.000 euri, ha incassato nel mondo 11 milioni di dollari. Per i film successivi mi sono rivolto ad Angelo Barbagallo, un vecchio amico. Angelo è un tipo passionale, partecipa molto, ogni tanto litighiamo ma poi ci si mette sempre d’accordo».

«Già da un pezzo io mi sarei sottratto come attore nei miei film. Mi sento più un regista anche se ho studiato recitazione. Fino a Lontano lontano, prima Matteo e poi Angelo volevano che io ci fossi come attore. È faticosissimo, è un doppio lavoro. Però, se serve al film, io mi metto a disposizione. Lontano lontano è stato accolto benissimo dal pubblico al Torino Film Festival, una vera gioia! Un calore simile ti dà la forza per proseguire nel tuo lavoro. Non mi succedeva dai tempi del mio primo film, forse anche perchè gran parte del pubblico non ha visto i miei due film successivi, Gianni e le donne (2011) e Buoni a nulla (2014) ».

BERLINALE 2020

Di Marco Fortunato

“”Non facciamo film, li riceviamo, e non iniziamo una selezione con un’idea in mente (…) il nostro obiettivo non è quello di dare una direzione, poiché speriamo che ci sia più di una storia.” Con queste parole il (nuovo) direttore artistico del Festival internazionale del cinema di Berlino, Carlo Chatrian, ha presentato i 18 film che si contenderanno l’ambito Orso d’oro.

Detto questo due dati emergono con chiarezza. Da una parte una tendenza, che potremmo definire “dark” – sempre per riprendere le parole di Chatrian – che ha sottolineato come “Un buon numero di film ha deciso di guardare al lato oscuro dell’essere umano e parlare di paura”, dall’altro un ruolo significativo, del cinema italiano.

Partiamo da qui. Saranno ben due i film italiani in selezione ufficiale, Favolacce, di Damiano e Fabio D’Innocenzo, e Volevo nascondermi di Giorgio Diritti, accomunati da un nome, quello di Elio Germano, presente in entrambi i film. Per i fratelli D’Innocenzo si tratta dell’opera seconda (dopo il felice esordio, proprio a Berlino, con La terra dell’abbastanza), una favola nera che racconta senza filtri le dinamiche che legano i rapporti umani all’interno di una comunità di famiglie, in un mondo apparentemente normale dove la rabbia e la disperazione sono pronte ad esplodere.

Per Giorgio Diritti invece la sfida è quella di portare sul grande schermo Antonio Costa, conosciuto come Ligabue, immaginifico pittore nato in Svizzera e cresciuto a Gualtieri, in provincia di Reggio Emilia.  Qui, dopo aver trascorso un’infanzia e un’adolescenza difficili, provato dalla solitudine e dalla malattia incontrerà lo scultore Renato Marino Mazzacurati in quello che sarà l’inizio di un riscatto in cui, grazie all’arte,(ri)costruire la propria identità e scoprire la possibilità di farsi riconoscere e amare dal mondo.

C’è poi Siberia, altra produzione nazionale, firmata dall’italo-americano Abel Ferrara che dirige ancora una volta William Dafoe alle prese con un viaggio, fisico e mentale, in cui dovrà confrontarsi con i propri sogni, i ricordi e le visioni, cercando così di attraversare il buio per raggiungere la luce.

E qui iniziamo a intravedere quella direzione “dark” che potrebbe essere una prima linea interpretativa di questa 70ma edizione della Berlinale. Una linea che sembra caratterizzare DAU. Natasha di Ilya Khrzhanovskiy e Jekaterina Oertel, storia di violenza tanto radicale quanto provocatoria, All the Dead Ones di Caetano Gotardo e Marco Dutra, altra vicenda tutta al femminile dove l’ossessione per il passato degenera in follia e The Roads Not Taken di Hong Sangsoo che ci catapulta nella vita di una ragazza chiamata ad occuparsi di suo padre dallo stato mentale alterato.

Ma Berlino guarda anche a se stesso, con due film che vedono la città protagonista. È il caso di Berlin Alexanderplatz di Burhan Qurbani, dove la capitale fa da sfondo al difficile percorso di Francis, unicosopravvissuto di un viaggio della speranza partito dall’Africa e deciso a rifarsi una vita migliore e rispettabile, così come ad Undine di Christian Petzold, lungometraggio ispirato all’omonimo racconto di Friedrich de la Motte Fouqué che il regista tedesco traspone nelle vicissitudini di una laureata tedesca che lavora come guida nella città tedesca.

IL “SAPER FARE”

Cinemazero impegnato in due corsi destinati ad adulti della regione

Di Manuela Morana

Da sempre Cinemazero ha a cuore l’attività di diffusione della cultura cinematografica. Per questo, è da sempre attivo, tutto l’anno, un servizio didattico rivolto principalmente alle scuole dell’infanzia, alle scuole primarie e alle secondarie di primo e secondo grado che si articola in laboratori, workshop, rassegne e che se da una parte integra lo studio delle discipline scolastiche, mettendosi al servizio della didattica curricolare, dall’altra porta il cinema a scuola, dando forma concreta al sogno dell’ora di cinema in mezzo a quelle di italiano e matematica. A questa attività didattica, che diventa assai intensa nei consueti mesi dell’anno scolastico, si affianca quella rivolta a studenti adulti, persone con un diploma o una laurea in tasca, impegnati in un’attività di studio e aggiornamento in vista di una prima o nuova occupazione.
E’ quanto sta accadendo, proprio in questi mesi, grazie alla collaborazione stretta con Opera Sacra Famiglia di Pordenone e con ENAIP di Udine (sede di Pasian di Prato).
Le competenze e il curriculum professionale di coloro che animano col proprio lavoro Cinemazero e che ne rendono possibile l’attività viene così messo al servizio dei disoccupati o dei lavoratori che siano interessati ad approfondire o affinare la conoscenza degli strumenti necessari per esercitare l’attività di operatore culturale nella nostra regione. Strategie, modelli, case studies sono gli speciali libri di testo che Cinemazero porta con se, e attraverso i quali alza il velo sul bagaglio di idee, valori e conoscenze sul campo necessari per tenere in vita 4 sale cinematografiche e una mediateca nel centro città, e mostrando gli effetti positivi sul tessuto urbano e più ampiamente regionale e nazionale resi possibili dal lavoro di squadra compiuto ai piedi del grande schermo!
Presso Opera Sacra Famiglia, l’intervento di Cinemazero al corso di PROGETTAZIONE, PROMOZIONE E GESTIONE DI EVENTI E SPETTACOLI DAL VIVO è focalizzato sul festival Le Voci dell’Inchiesta. In vita da 13 anni, l’evento costituisce uno degli impegni organizzativi più importanti per il gruppo di lavoro di Cinemazero. Un modulo di 16 ore consente di partire con l’illustrazione delle basi del progetto del festival: lo studio del documentario come strumento di narrazione, la sua centralità in un evento unico in regione e in Italia che ogni anno, ad aprile, mostra l’attualità attraverso il cinema e attraverso le parole dei suoi autori, di giornalisti ed esperti di politica nazionale e internazionale. Sono oggetto di analisi anche alcuni degli speciali focus che hanno trovato spazio al festival, in questi anni, come quello sul cinema della cineasta Agnes Varda (a cui Le Voci dell’inchiesta ha dedicato un libro e una rassegna, ben prima della sua scomparsa); gli eventi didattici ideati per studenti e insegnanti, come proiezioni che prevedono l’incontro con l’autore  delle opere, e workshop con professionisti del mondo del giornalismo e dei media. Non da ultima, trova ampio spazio l’approfondimento sulle modalità con cui un evento così ricco possa e debba essere comunicato, dimostrando, anno dopo anno, come gli strumenti e le strategie vadano costantemente riveduti e corretti in ragione della velocità con cui i media entrano in relazione coi diversi pubblici.
Presso ENAIP di Udine, invece, un modulo di Didattica ed eventi culturali: la sfida per il pubblico del futuro