ContagiZero
Di Marco Fortunato
Scritto prima del DPCM del 24 ottobre
Nell’ultima (nel momento in cui scriviamo) ordinanza regionale, emanata a pochi giorni dall’avvio di quella che ormai sappiamo essere la tanto temuta “seconda ondata” della pandemia, gli unici due settori per i quali vengono modificate le misure di prevenzione sono le RSA e i teatri/cinema.
Per quest’ultimi, oltre alle misure già in vigore, che prevedono posti preassegnati e distanziati tra non congiunti, l’obbligo di mascherina per tutto il periodo di permanenza in sala, il divieto di ricircolo dell’aria negli impianti di condizionamento e la tracciatura delle presenze è stato previsto, in aggiunta, anche la riduzione della capienza massima ad un terzo di quella consentita.
Ciò significa, all’atto pratico, costringere le strutture con sale medio-piccole, come Cinemazero, a poter ospitare un massimo di 15-20 persone per spettacolo. È un sacrificio enorme ma nessuno oserebbe metterlo in discussione se servisse, anche solo in minima parte, a contrastare la diffusione del virus che rappresenta ovviamente la priorità per tutti noi. Purtroppo però, anzi per fortuna, non è così, perché i cinema e i teatri si sono dimostrati, dati alla mano, i luoghi più sicuri per evitare il contagio, ambienti in cui il rischio di infettarsi è praticamente pari a zero.
A metterlo nero su bianco una serie di studi, nazionali ed internazionali i cui risultati sono stati resi pubblici proprio in questi giorni. In primis l’indagine commissionata da AGIS sui dati raccolti dalle ASL territoriali nel corso di quasi 2.800 eventi culturali che hanno avuto luogo tra il 15 giugno e inizio ottobre. Su 347.262 spettatori si è registrato un solo caso di contagio. Dati confermati dallo studio di Celluloid Junkie, società leader nelle ricerche di settore, che ha utilizzato una serie di strumenti di tracciamento a 360° (tra cui Google, email, LinkedIn, Twitter, Zoom ecc.), incrociato i dati di esercenti, organismi governativi (tra cui, UNIC, NATO, e altri) e militari oltre a interviste e database, secondo nessun singolo caso di Covid-19 in tutto il mondo può essere ricondotto a un cinema, multiplex o spazio pubblico adibito a cinema.
Ma c’è di più. Entrambi gli studi sottolineano come le sale cinematografiche non siano in alcuno modo veicolo di trasmissione del virus. Nell’unico caso individuato dallo studio AGIS infatti le autorità sanitarie hanno certificato che in seguito a tutti gli accertamenti effettuati è emersa la negatività di tutti gli spettatori entrati in contatto con lo stesso. Celluloid Junkie porta a conferma i dati della Corea del Sud, che possiede uno dei più sofisticati ed efficaci sistemi di tracciamento realizzato sin dalla nascita della pandemia. Dal 1° febbraio al 20 settembre risultano 49 ingressi al cinema da parte di persone poi risultate positive al Covid-19 (su un totale di 31,5 milioni di ingressi al cinema in quel periodo) e non risulta che alcuno dei 49 spettatori poi risultati positivi abbia trasmesso il virus ad un altro spettatore o dipendente dei cinema.
Fa riflettere a questo punto il fatto che la decisione di aprire o meno i cinema – o come nel nostro caso di applicarvi misure sempre più restrittive – sia basata più sulla politica più che sulla scienza. Basti pensare che a New York sono aperte chiese e piste di bowling (ma non i cinema), nonostante sia stata dimostrata la correlazione tra focolai e l’attività di ristoranti, locali notturni, bar, chiese.
A ognuno le sue conclusioni ma non possiamo non sottolineare come proprio nei momenti più complessi sia fondamentale ponderare le scelte più delicate per evitare conseguenze che possono essere drammatiche per un settore, come quello culturale, tra i più provati dalle ricadute economiche della pandemia.