è arrivato il momento di dire NO
Due considerazioni sul caso Netflix
di Marco Fortunato
Fino al 1988, una normativa europea stabiliva in modo molto chiaro che “i film possono essere trasmessi in TV solo dopo due anni dalla prima proiezione nei cinema” creando così una “finestra” di due anni durante il quale l’opera poteva essere vista esclusivamente nelle sale cinematografiche.
Com’era immaginabile regole così rigide non potevano durare a lungo e ben presto iniziarono a esserci delle eccezioni sempre più frequenti che permettevano di accorciare un po’ queste finestre, ma senza mai mettere in discussione il primato del grande schermo che tutti riconoscevano essere la modalità ideale, e per questo la prima, per godere appieno della visione.
Oggi questa “finestra” cinematografica è di 105 giorni, contati dalla prima data di uscita al cinema, periodo durante il quale il film può essere proposto solo al cinema. Trascorso tale termine può andare sulle piattaforme e su altri supporti.
Non è una vera e propria legge – che esiste in altri Paesi, come la Francia – ma un compromesso condiviso da tutti coloro che opera-no nel settore (produttori, distributori, esercenti) compresi i circuiti dei multisala e le major internazionali.
Da tutti meno Netflix che, lo scorso anno, ha di fatto deciso di igno-rare questa prassi, distribuendo due film senza rispettare questa finestra. Si è trattato di Sulla mia pelle di Alessio Cremonini, uscito in contemporanea al cinema e sulla loro piattaforma e di Roma di Alfonso Cuaron per il quale fu prevista una mini-finestra di pochi giorni tra l’uscita in sala e il passaggio sulla piattaforma ondemand. Malgrado ciò Cinemazero decise di fare una scelta coraggiosa, e non priva di conseguenze, programmando ambedue i film: in un caso prevalse l’assoluta urgenza dei temi civili affrontati, dall’altro il valore autoriale dell’opera. Ma non solo. Allora c’era anche la spe-ranza, forse troppo ottimistica, che si sarebbe potuta trovare una soluzione, magari attraverso una legge – com’ è avvenuto per i film italiani – per bilanciare al meglio gli interessi di tutti, compresi quelli delle sale cinematografiche e del loro pubblico. Ciò purtroppo non è avvenuto e oggi, con The Irishman di Martin Scorsese, ci ritroviamo nella stessa situazione.
Ed è per questo che, a malincuore, abbiamo deciso di fare una scelta diversa, di dire di NO e non proiettare il film. Non è facile, anzi forse è la cosa più difficile in assoluto per chi ama il cinema dover rinunciare ad un film e non poterlo far vedere al proprio pubblico. Malgrado ciò siamo convinti che sia necessario farlo, e con noi ci saranno tutte le più importanti sale italiane, d’essai e commerciali. Uniti non contro qualcuno – ci teniamo a sottolinearlo – ma per qualcosa. È ormai un’esigenza imprescindibile che il mer-cato si doti di regole chiare e semplici a tutela degli interessi di tutti coloro che lavorano nella filiera. Per questo, pur non condividendo i metodi di questa “battaglia” – che rischiano di danneggiare esclusivamente il pubblico – tentiamo anche questa strada pur di difendere il ruolo della sala cinematografica che è e resta, noi crediamo, luogo privilegiato per la visione di un film e per vivere l’esperienza sociale e culturale collettiva che ne deriva.