Il fronte dei 100: Rod Steiger
Dove la mano dell’uomo non aveva messo piede …
sentieri di cinema!
Di Andrea Crozzoli
Se nell’anno 2024 il centenario è stato ad appannaggio di Marlon Brando, Marcello Mastroianni, Sidney Lumet, Lauren Bacall, Charlton Heston, Ed Wood e del quasi dimenticato Walter Chiari; il 2025 vedrà, fra gli altri, sotto i riflettori della tanto celebrata ricorrenza, anche il grande indimenticabile attore Rod Steiger, spesso esagerato ed eccessivo nelle sue interpretazione, così come del resto lo era nella vita e frequentemente sovrappeso, ma non se ne facevo un cruccio, anzi usava la sua mole per infondere maggior carisma ai suoi personaggi. Sullo schermo ha interpretato boss mafiosi, avidi personaggi, generali, imperatori e dittatori in declino, un attore potente e burrascoso, schierato, coraggioso, qualche volta retorico ma mai falso.
Era nato nel 1925 a Westhampton, nello stato di New York, figlio unico di una coppia di attori, dopo il divorzio dei genitori, ormai quindicenne, decise di andarsene da casa. Mentendo poi sull’età, riuscì a farsi arruolare nella Marina. Finita la guerra, Steiger, per sopravvivere, affronta diversi lavori e, a tempo perso, comincia a recitare. Si iscrive alla scuola di drammaturgia di New York per poi andare a studiare all’Actors Studio, dove i suoi compagni di classe sono Marlon Brando e Karl Malden. Nel 1951 esordisce sul grande schermo con Teresa per la regia di Fred Zinnemann, protagonista Anna Maria Pietrangeli, un film “sensibile, un penetrante dramma psicologico sul problema dei reduci con moglie straniera a carico” dove Rod Steiger spicca tra i diversi attori.
Ma sarà Fronte del porto (1954) di Elia Kazan a lanciarlo definitivamente nell’olimpo cinematografico, nel ruolo del fratello del ritrovato compagno di studi Marlon Brando. Tratto dal romanzo scritto da Budd Schulberg, il film è una storia di violenza, corruzione e rivalsa, ambientata in una New York spettrale, nebbiosa, racchiusa nei confini del suo porto, che pone al proprio centro la ricerca di giustizia e di rivalsa, un manifesto cinematografico con un Brando già capriccioso e poco incline al rispetto delle regole sul set. Nella famosa scena del taxi, costruita soprattutto sui primi piani di Brando alternati a quelli di Steiger; mentre durante le riprese Steiger rimaneva sul set, anche se era fuori dall’inquadratura, per permettere a Brando di recitare al meglio, lo stesso appena finito se ne andava e Steiger era costretto a recitare con una persona che gli leggeva le battute di Brando. Nonostante queste intemperanze “il film imposta il problema sociale – scrive la critica – con rigoroso impegno, rivelando una forza drammatica, un’impetuosità narrativa e un’acutezza d’indagine psicologica davvero esemplari. E’ certo una delle testimonianze più vive del cinema realista americano.” ed è considerato a tutt’oggi un classico oltre che uno dei capolavori del cinema mondiale con ben otto premi Oscar vinti su dodici candidature. Decolla così una splendida carriera che durerà quasi cinquant’anni con registi come Otto Preminger, Robert Aldrich, Samuel Fuller, Henry Hathaway ed altri ancora. Ma sarà l’Italia a sedurlo nel 1963 con La mani sulla città di Francesco Rosi, Leone d’Oro a Venezia, dove impersona uno spietato speculatore edilizio dedito alla corruzione; un Rod Steiger monumentale, politico che si lancia all’attacco di Napoli per i propri interessi personali. Da quel momento il nostro paese diventerà la sua terra di elezione per molti altri film tra cui Gli indifferenti (1964) di Francesco Maselli, E venne un uomo (1965) di Ermanno Olmi intercalati da film, sempre in ruoli sofferti, come in L’uomo del banco dei pegni (1964) di Sidney Lumet premiato come Miglior attore al Festival di Berlino dello stesso anno, o Il dottor Zivago (1965) di David Lean prodotto da Carlo Ponti (pellicola che detiene il record di tenitura in Italia con oltre due anni di ininterrotta programmazione in un cinema di Roma) dove Rod Steiger si ritaglia il ruolo di un personaggio in conflitto interiore, una figura capace di raccontare il lato più tormentato e oscuro dell’animo umano. Sarà sempre Carlo Ponti a richiamarlo in Italia nel 1967, dopo che Steiger ha finalmente ricevuto l’Oscar per miglior attore per La calda notte dell’ispettore Tibbs di Norman Jewison, che mette in scena i pregiudizi e il razzismo degli agenti di polizia in maniera schietta e nerboruta. Lo stesso anno torna, quindi, in Italia per interpretare La ragazza e il generale di Pasquale Festa Campanile con una Virna Lisi sulla cresta dell’onda ed Umberto Orsini giovane promessa del cinema italiano. Rod Steiger veste qui i galloni del generale nemico e Virna Lisi la bruna contadina friulana in questo episodio immaginario della prima guerra mondiale. Una storia ambientata e girata interamente in Friuli fra la fine di giugno e i primi di luglio del 1966 in varie località fra cui Venzone, Val Resia, Pissebus (fra Amaro e Tolmezzo), Pertegada, Palazzolo dello Stella, Cividale, Latisana, sul Carso, nei dintorni di Pese, e in Val Rosandra e sull’altopiano triestino. Le riprese del film furono costellate da una serie di incidenti come quello capitato alla Lisi caduta in un torrente in Val di Resia o un autentico aereo da guerra che precipita al suolo durante la lavorazione, o la controfigura di Rod Steiger arrestata per furto. La stampa locale riporta: “Come per analoghi casi del passato, sembra che le nostre valli, i colli e la cerchia dei monti siano destinati a far sfondo a pellicole sulla prima guerra mondiale, e che l’etichetta di Udine capitale della guerra non sia ancora caduta in disuso.”. Una prima guerra mondiale declinata, però, in forma di commedia di costume dove la parodia della storia è rappresentata con misurata arguzia, buon gusto e intelligenza. Nel 1970 sarà un intenso Napoleone in Waterloo di Sergej Bondarčuk e l’anno seguente tornerà in Italia per girare un film di culto nella carriera di Steiger, il western più politico e dirompente dell’intera filmografia di Sergio Leone: Giù la testa dove Rod Steiger e James Coburn formano una coppia magnificamente orchestrata, fatta di contrasti e di un’alchimia stridente. Nel 1973 ancora in Italia e ancora con Francesco Rosi che lo dirige in Lucky Luciano nel ruolo del boss Giannini.
Nello stesso anno lavora anche con Duccio Tessari nel film Gli eroi ambientato durante la seconda guerra mondiale. Vestirà poi i panni del duce al tramonto nel film di Carlo Lizzani Mussolini ultimo atto (1974)in cui tratteggia mirabilmente un uomo confuso e incapace di prendere in mano il proprio destino, che si aggira come un fantasma attraverso un regime in decomposizione. Offrì infine una delle migliori prove nel Gesù di Nazareth(1977) di Franco Zeffirelli, dove incarnò un cinico e risolutore Ponzio Pilato capace di giudicare il destino del condannato secondo le proprie impressioni. Tra i suoi ultimi film ricordiamo Pazzi in Alabama (1999) l’esordio nella regia di Antonio Banderas. Rod Steiger dotato di uno stile recitativo influenzato dal ‘metodo’ dell’Actors Studio, per tutta la sua carriera mostrò un solido mestiere e una grande serietà professionale con il suo stile recitativo di impronta naturalistica. Si è spento, per le complicazioni di una polmonite, nel 2002.