Le giornate del Cinema Muto
Di Andrea Crozzoli
E siamo arrivati alla quarantesima edizione. Sembra ieri che discutevamo, subito dopo l’omaggio a Max Linder, su come strutturare una manifestazione dedicata al cinema muto. Quei dodici giornalisti, studiosi e amici che avevano partecipato alla prima edizione assieme al pubblico pordenonese, ci spronavano a proseguire nella nostra riscoperta del cinema delle origini. Sull’onda di quel giovanile (allora) entusiasmo, nonostante avessimo bisogno di tutto, dai finanziamenti giù giù fino ad un logo, l’anno successivo proponemmo Mack Sennett e le sue indiavolate comiche assieme al nostro omino disteso disegnato da Alfredo De Santis che divenne la bandiera del festival. Nel 1984, alla terza edizione, i dodici giornalisti, studiosi e appassionati erano già diventati duecento per la retrospettiva su Thomas H.Ince che attirò anche Tullio Kezich esperto e amante del western. Edizione che segnò numerose novità: dalla serata inaugurale in Aula Magna con la proiezione del distopico Metropolis di Fritz Lang (peraltro ambientato nel 2026) nella versione pop/rock di Giorgio Moroder, uno dei più celebrati produttori musicali di quel decennio, collaboratore di Donna Summer e David Bowie, che utilizzò le sonorità di Bonnie Tyler, Freddie Mercury (da solista), Jon Anderson (ex-Yes), Loverboy, Adam Ant, Billy Squier, Cycle V, Pat Benatar per accompagnare il film in un misto di new wave, synthpop e pop rock. Jean Mitry, allora presidente del festival e decano degli studiosi, uscì inorridito a metà proiezione con le mani fra i capelli! Ma fu la serata finale che segnò il definitivo passaggio della manifestazione dall’Aula Magna del Centro Studi, abituale sede delle proiezioni di Cinemazero, al più capiente Teatro Giuseppe Verdi con la proiezione di Nosferatu di Murnau, in quanto unico luogo dotato di buca per l’orchestra. L’Opera Giocosa di Trieste diretta dal maestro berlinese Berndt Heller eseguì dal vivo la partitura originale davanti a milleduecento spettatori rapiti dalla bellezza magnetica dello spettacolo. Non avevamo risorse per approntare sottotitoli e distribuimmo all’ingresso un fogliettino con la traduzione in italiano delle didascalie in tedesco, all’apparire delle quali, nel buio della sala, si accendevano decine e decine di fiammelle degli accendini per leggere la traduzione italiana. Uno spettacolo memorabile, indimenticabile ed emozionante. Era la prima trionfale uscita dalla piccola sede abituale dell’Aula Magna e la definitiva consacrazione a livello internazionale di questo appuntamento dedicato al cinema muto. Sull’entusiasmo per il successo ottenuto l’anno seguente venne dedicata una retrospettiva a Roberto Roberti, il regista preferito da Francesca Bertini, e invitammo il figlio Sergio Leone a Pordenone per questo omaggio. Leone rimase stupito e commosso davanti alle immagini dei film del padre che non aveva mai visto prima e ritornò più volte a Pordenone. Nel 1985 inoltre si festeggiava i novanta anni della nascita del cinema con una mega torta al chiostro di San Francesco. Finalmente nel 1986 venne a trovarci Maud Linder per presentare L’homme au chapeau de soie, il film di montaggio dedicato a suo padre Max Linder e la serata finale vide l’orchestra sinfonica di Lubiana diretta da Carl Davis eseguire le sue musiche, sotto lo schermo, mentre scorrevano le immagini di The Wind di Sijostrom, capolavoro assoluto e magnificamente interpretato da Lillian Gish. Venti minuti di applausi e una standing ovation salutò questa imemorabile proiezione mentre veniva letta una lettera della stessa Gish al festival dove si rammaricava di non poter essere presente in quanto impegnata sul set del film Le balene d’agosto con Bette Davis. Da allora si sono susseguite anno dopo anno innumerevoli retrospettive, restauri, scoperte, rivisitazioni e Le giornate del cinema muto sono diventate ineludibile punto di riferimento ed esempio per la conservazione di questo patrimonio collettivo che è il cinema.