Non solo numeri

di Marco Fortunato

Sembrava difficile riuscire a confermare gli ottimi risultati del 2023 (che aveva beneficiato del fenomeno “Cortellesi” che nella parte finale dell’anno aveva dato una grande spinta a presenze ed incassi) e invece, a pochi giorni dal giro di boa, possiamo dire che ce l’abbiamo fatta. Cinemazero conferma, anche quest’anno, un bacino di pubblico di oltre 150mila persone, tra proiezioni – più di 3.800 quelle organizzate quest’anno con ben 270 titoli diversi – eventi, incontri e tante altre attività legate al mondo dell’audiovisivo. 

Ma se i numeri sono importanti le “parole” lo sono ancora di più, soprattutto per chi – come Cinemazero – proprio attorno ad alcune di esse si era impegnato a sviluppare un preciso percorso culturale. Le parole chiave, lanciate lo scorso anno proprio durante il nostro tradizionale brindisi di Natale erano state: COMUNITÀ,  SOSTENIBILITÀ, ECCELLENZA e FUTURO. E intorno ad esse, come promesso, sono state sviluppate le linee guida intorno a cui abbiamo impostato la nostra attività quotidiana. Ed è quindi da queste parole che vogliamo partire per tracciare un bilancio dell’anno che sta per concludersi.

Partiamo dalla COMUNITÀ, il vero cuore pulsante dell’associazione: un cuore composto dalle decine e decine di migliaia di persone che frequentano le quattro sale dell’Aula Magna e le altre strutture gestite da Cinemazero (lo Zancanaro di Sacile e il NuovoCinemaDonBosco) e partecipano alle numerose attività, eventi ed incontri durante tutto l’anno. la comunità è fatta di persone ma anche e soprattutto di realità associative che, come Cinemazero, animano la vita culturale e sociale di un territorio vasto e con le quale Cinemazero ha un dialogo costante. Oltre 100 quelle con cui abbiamo collaborato quest’anno. ma della comunità fanno parte anche gli ospiti. Ben 70 quelli che sono venuti a trovarci quest’anno – tra cui Paolo Virzì, Margherita Buy, Pietro Castellitto, Gianni Amelio, Francesca Comencini, Alessandro Borghi, Gabriele Salvatores. Protagonisti della settima arte, che altrove chiamano “talent” e qui chiamiamo amici, a cui raccontiamo il nostro progetto e a cui chiediamo di far parte del nostro mondo e dei suoi valori consegnandogli la nostra CinemazeroCard, che è il simbolo di una “FAMIGLIA” in cui spettatori e artisti trovano CASA allo stesso modo. Ci sono poi collaboratori, fornitori, professionisti, insomma tutto l’indotto che si muove intorno ad una grande impresa culturale.

Quello della comunità è un concetto centrale per un cinema che, come diciamo sempre, non è solo luogo d’elezione della visione ma vero hub culturale, luogo d’incontro e confronto, dove le persone si ritrovano, in presenza, unite da una passione, che li porta davanti allo schermo e nei luoghi della città e del territorio che animiamo, creando relazioni sociali: in una parola vivono. Fanno parte della comunità anche coloro che ne sono, temporaneamente, ai margini. Il pensiero va agli ospiti della Casa circondariale per i quali da molti anni Cinemazero organizza proiezioni e incontri. O ancora ai minori non accompagnati, a cui Cinemazero – sostenendo con una raccolta fondi mirata – ha donato parte dei suoi incassi per acquistare materiale didattico. Iniziative non sporadiche ma strutturali come dimostra il sostegno alla Scuola Fatoma di Borgo Mezzanone e agli “NO sponsor” (Amnesty, Un Ponte Per, Unicef) che – con Pordenone Docs Fest – abbiamo valorizzato nel corso dell’anno. Ed è lavorando insieme alla comunità, che è territoriale principalmente ma che si allarga nazionalmente, diventando plurale, che una sala costruisce la sua identità, anche valoriale, come Cinemazero fa con costanza ormai quasi 50 anni. 

C’è poi la SOSTENIBILITÀ, termine decisamente inflazionato, affascinante, ma in realtà molto complesso. Come fa un operatore culturale a essere veramente sostenibile? Come fa a incidere nella fondamentale azione di salvaguardia dell’ambiente? Con piccole e grandi scelte. Partiamo da quelle più grandi. Oggi Piazza Maestri del Lavoro è, nel suo complesso, un piccolo parco fotovoltaico. Un dato green importante, per quello che fino a ieri era un parcheggio. L’Aula Magna nel 2023 e quest’anno il nuovo padiglione sono infatti dotati di un proprio impianto di produzione di energia sostenibile, che offrirà – per la superficie di pannelli sviluppata – energia anche rimettendola nella rete. Durante i lavori del padiglione, poi, nell’ottica di fornire un servizio al pubblico, abbiamo creato mappe dei parcheggi e valorizzato percorsi di mobilità sostenibile, cogliendo l’occasione per rinnovare l’invito a raggiungerei il cinema a piedi o in bicicletta, ricordando che Pordenone è una città “dei 5 minuti”. E non sono azioni che facciamo solo verso il pubblico ma prima di tutto verso di noi. Infatti, ci siamo dotati di mezzi ecologici – ebike e cargo bike – per lo spostamento dei dipendenti di Cinemazero e delle merci collegate alla nostra attività – nell’area cittadina. E con il prossimo anno presenteremo la nostra nuova “flotta di mezzi green”, fra i primi in Italia a dotarsene.

Cinemazero come sapete ha lanciato alcuni anni fa il suo manifesto green copiato – come auspicavamo – poi da molte altre realtà di settore, documento che stiamo costantemente aggiornando e promuovendo perché le buone pratiche (a differenza dei rifiuti) vanno lasciate in giro il più possibile. Tutti i lavori di ammodernamento che sono stati realizzati in sala sono orientati a trovare le migliori soluzione per la riduzione dell’impatto ambientale. Poche settimane fa Cinemazero ha pagato con risorse proprie due dei quattro alberi ornamentali di alto fusto che sono stati piantati fuori dalla nuova struttura e che garantiranno un’area verde su quello che prima era un parcheggio. Un piccolo-grande segno che rappresenta, anche metaforicamente, la voglia di seminare e far crescere una cultura green.

Abbiamo parlato lo scorso anno anche di ECCELLENZA, come obiettivo ma soprattutto come metodo di lavoro, che di traduce nell’impegno quotidiano per la ricerca della massima qualità, in ogni cosa che facciamo. Dalla programmazione alla comunicazione passando per l’assistenza al nostro pubblico. E possiamo dire con orgoglio che questo impegno ha pagato. Poche settimane Cinemazero è stato ospite alla Conferenza di Europa Cinemas, il più importante network europeo di cinema di qualità dove siamo stati chiamati a raccontare le cose che facciamo ad una platea di oltre 500 esercenti di tutto il continente. Quest’anno il Parlamento Europeo, con il suo alto patrocinio e  l’intervento al festival della VicePresidente Pina Picierno ha voluto riconoscere il percorso di qualità di Pordenone Docs Fest. E in questi giorni Cinemazero sta conducendo – insieme al Polo Tecnologico Alto Adriatico e la Regione Friuli Venezia Giulia – un progetto di innovazione culturale sul cinema in Colombia”.  È poi di qualche giorno fa la mia elezione a presidente ANEC Triveneto, che costituisce un grande traguardo perché è la prima volta che questo incarico viene ricoperto da un rappresentante di ente non profit. Ma eccellenza significa soprattutto essere un riferimento e per questo, oltre alle cariche formali, ci gratifica il riconoscimento di Cinemazero nei panel di settore e nei tavoli di lavoro, come quello attivato pochi giorni fa dalla FICE che ci vede protagonisti sul fronte della didattica, un’altra delle nostre eccellenze.

Il tutto ci porta all’ultima parola, FUTURO, che racchiude tutte le altre. Ciò che era FUTURO nel 2023 è stato il nostro presente nel 2024 e speriamo di averlo onorato con coerenza e concretezza, altri due valori che ci stanno molto a cuore. Adesso la sfida è quella di saper proseguire lungo questa strada anche nel 2025, un anno che si annuncia molto importante sotto diversi punti di vista che avremo presto occasione di approfondire.

Parthenope a via Caldieri 66

Di Lorenzo Codelli

«Il Centro Culturale Giovanile di Via Caldieri 66, nel quartiere Vomero, tappa imprescindibile per gli appassionati di cinema dei primi anni 90. A livello artistico il Centro ha dato origine ad una piccola Nouvelle Vague Vomerese, cullando abilità e ingegno di molta gioventù […] Paolo, Stefano, Gianluca e io, sempre insieme. Il saggio di Loparco sui cortometraggi di Paolo Sorrentino, in particolare sui suoi lavori giovanili, esce in occasione del trentennale della realizzazione di Dragoncelli di fuoco(ottobre 1994) – da un soggetto di Paolo, autore della sceneggiatura, assieme a me e all’amico fraterno Giacomo Matturro –, che segna anche la mia prima volta davanti alla videocamera […] Di quei giorni, ricordo il divertimento, la paura, la fatica, l’attesa, l’emozione ma soprattutto, la gioia esaltante e un po’ fanatica di vedere realizzato il film – un mediometraggio di genere grottesco – e, in fondo, la magia di sempre davanti alle immagini che scorrono sullo schermo». Bruno Grillo, prefazione al volume Paolo Sorrentino. Via Caldieri 66, di Stefano Loparco, Edizioni Il Foglio, www.ilfoglioletterario.it

«Dragoncelli di fuoco fu presentato il 27 novembre 1994 durante Le giornate del cinema invisibile del Centro Culturale Giovanile, all’Università Federico II di Napoli, Monte S. Angelo, Fuorigrotta (la locandina realizzata per l’occasione è di Renata Cagno) e al Bellaria Film Festival ’95. Trama: Il napoletano Peplo Palatone è un uomo di talento: economista, scacchista, cineasta, musicista, ma soprattutto chef di fama mondiale. Deciso a vincere il Grembiule di Platino – il prestigioso concorso gastronomico che ogni quattro anni celebra la migliore cucina al mondo –, Palatone invita nella sua villa alcuni tra i critici più influenti del momento, prospettandogli la realizzazione di un piatto sorprendente: i dragoncelli di fuoco, un’antica pietanza egizia che, secondo la maledizione, porterebbe chi li prepara alla morte. Così si arriva al giorno del concorso: tutto è pronto, gli esperti sono a tavola. E Palatone? Tra un tiro di cocaina e l’altro, il piatto è servito…»

     Sorrentiniano praecox, fin dai lontani tempi de L’uomo in più  – il suo esordio ufficiale nel lungometraggio ammirato alla Mostra del Cinema 2001 che elogiai su Positif -, debbo riconoscere un debito di gratitudine verso l’amico udinese Stefano Loparco. Grazie infatti ai suoi DUE libri dedicati all’adolescenza irrequieta e alle prime esperienze cinematografiche di Paolo Sorrentino, ho scoperto tantissime radici dei suoi capolavori a venire. 

      Via Caldieri 66, il secondo libro, appena uscito, rappresenta una guida filologica illustrata e documentatissima. Ammirate ad esempio le foto ingrigite di quell’anonimo portone al Vomero, o le istantanee del ricciolutissimo Paolo in action, godetevi gli aneddoti sulle lavorazioni avventurose del gruppetto di amiconi. 

     Nel 2020 presso le Edizioni Bietti Loparco – jacopettiano doc, tra l’altro, proprio come il sottoscritto – aveva pubblicato Dragoncelli di fuoco. Il primo (non) film di Paolo Sorrentino.  Su Cinecittà News lo avevo descritto “scarlatto, denso, ironico, spesso redatto in napoletano verace”. Una raccolta esilarante di souvenirs e ispirazioni creative ormai adottata nelle scuole di ogni ordine e grado del Regno di Napoli.

Il fronte dei 100: Rod Steiger


Dove la mano dell’uomo non aveva messo piede …
sentieri di cinema!


Di Andrea Crozzoli

Se nell’anno 2024 il centenario è stato ad appannaggio di Marlon Brando, Marcello Mastroianni, Sidney Lumet, Lauren Bacall, Charlton Heston, Ed Wood e del quasi dimenticato Walter Chiari; il 2025 vedrà, fra gli altri, sotto i riflettori della tanto celebrata ricorrenza, anche il grande indimenticabile attore Rod Steiger, spesso esagerato ed eccessivo nelle sue interpretazione, così come del resto lo era nella vita e frequentemente sovrappeso, ma non se ne facevo un cruccio, anzi usava la sua mole per infondere maggior carisma ai suoi personaggi. Sullo schermo ha interpretato boss mafiosi, avidi personaggi, generali, imperatori e dittatori in declino, un attore potente e burrascoso, schierato, coraggioso, qualche volta retorico ma mai falso.

Era nato nel 1925 a Westhampton, nello stato di New York, figlio unico di una coppia di attori, dopo il divorzio dei genitori, ormai quindicenne, decise di andarsene da casa. Mentendo poi sull’età, riuscì a farsi arruolare nella Marina. Finita la guerra, Steiger, per sopravvivere, affronta diversi lavori e, a tempo perso, comincia a recitare. Si iscrive alla scuola di drammaturgia di New York per poi andare a studiare all’Actors Studio, dove i suoi compagni di classe sono Marlon Brando e Karl Malden. Nel 1951 esordisce sul grande schermo con Teresa per la regia di Fred Zinnemann, protagonista Anna Maria Pietrangeli, un film “sensibile, un penetrante dramma psicologico sul problema dei reduci con moglie straniera a carico” dove Rod Steiger spicca tra i diversi attori.

Ma sarà Fronte del porto (1954) di Elia Kazan a lanciarlo definitivamente nell’olimpo cinematografico, nel ruolo del fratello del ritrovato compagno di studi Marlon Brando. Tratto dal romanzo scritto da Budd Schulberg, il film è una storia di violenza, corruzione e rivalsa, ambientata in una New York spettrale, nebbiosa, racchiusa nei confini del suo porto, che pone al proprio centro la ricerca di giustizia e di rivalsa, un manifesto cinematografico con un Brando già capriccioso e poco incline al rispetto delle regole sul set. Nella famosa scena del taxi, costruita soprattutto sui primi piani di Brando alternati a quelli di Steiger; mentre durante le riprese Steiger rimaneva sul set, anche se era fuori dall’inquadratura, per permettere a Brando di recitare al meglio, lo stesso appena finito se ne andava e Steiger era costretto a recitare con una persona che gli leggeva le battute di Brando. Nonostante queste intemperanze “il film imposta il problema sociale – scrive la critica – con rigoroso impegno, rivelando una forza drammatica, un’impetuosità narrativa e un’acutezza d’indagine psicologica davvero esemplari. E’ certo una delle testimonianze più vive del cinema realista americano.” ed è considerato a tutt’oggi un classico oltre che uno dei capolavori del cinema mondiale con ben otto premi Oscar vinti su dodici candidature. Decolla così una splendida carriera che durerà quasi cinquant’anni con registi come Otto Preminger, Robert Aldrich, Samuel Fuller, Henry Hathaway ed altri ancora. Ma sarà l’Italia a sedurlo nel 1963 con La mani sulla città di Francesco Rosi, Leone d’Oro a Venezia, dove impersona uno spietato speculatore edilizio dedito alla corruzione; un Rod Steiger monumentale, politico che si lancia all’attacco di Napoli per i propri interessi personali. Da quel momento il nostro paese diventerà la sua terra di elezione per molti altri film tra cui Gli indifferenti (1964) di Francesco Maselli, E venne un uomo (1965) di Ermanno Olmi intercalati da film, sempre in ruoli sofferti, come in L’uomo del banco dei pegni (1964) di Sidney Lumet premiato come Miglior attore al Festival di Berlino dello stesso anno, o Il dottor Zivago (1965) di David Lean prodotto da Carlo Ponti (pellicola che detiene il record di tenitura in Italia con oltre due anni di ininterrotta programmazione in un cinema di Roma) dove Rod Steiger si ritaglia il ruolo di un personaggio in conflitto interiore, una figura capace di raccontare il lato più tormentato e oscuro dell’animo umano. Sarà sempre Carlo Ponti a richiamarlo in Italia nel 1967, dopo che Steiger ha finalmente ricevuto l’Oscar per miglior attore per La calda notte dell’ispettore Tibbs di Norman Jewison, che mette in scena i pregiudizi e il razzismo degli agenti di polizia in maniera schietta e nerboruta. Lo stesso anno torna, quindi, in Italia per interpretare La ragazza e il generale di Pasquale Festa Campanile con una Virna Lisi sulla cresta dell’onda ed Umberto Orsini giovane promessa del cinema italiano. Rod Steiger veste qui i galloni del generale nemico e Virna Lisi la bruna contadina friulana in questo episodio immaginario della prima guerra mondiale. Una storia ambientata e girata interamente in Friuli fra la fine di giugno e i primi di luglio del 1966 in varie località fra cui Venzone, Val Resia, Pissebus (fra Amaro e Tolmezzo), Pertegada, Palazzolo dello Stella, Cividale, Latisana, sul Carso, nei dintorni di Pese, e in Val Rosandra e sull’altopiano triestino. Le riprese del film furono costellate da una serie di incidenti come quello capitato alla Lisi caduta in un torrente in Val di Resia o un autentico aereo da guerra che precipita al suolo durante la lavorazione, o la controfigura di Rod Steiger arrestata per furto. La stampa locale riporta: “Come per analoghi casi del passato, sembra che le nostre valli, i colli e la cerchia dei monti siano destinati a far sfondo a pellicole sulla prima guerra mondiale, e che l’etichetta di Udine capitale della guerra non sia ancora caduta in disuso.”. Una prima guerra mondiale declinata, però, in forma di commedia di costume dove la parodia della storia è rappresentata con misurata arguzia, buon gusto e intelligenza. Nel 1970 sarà un intenso Napoleone in Waterloo di Sergej Bondarčuk e l’anno seguente tornerà in Italia per girare un film di culto nella carriera di Steiger, il western più politico e dirompente dell’intera filmografia di Sergio Leone: Giù la testa dove Rod Steiger e James Coburn formano una coppia magnificamente orchestrata, fatta di contrasti e di un’alchimia stridente. Nel 1973 ancora in Italia e ancora con Francesco Rosi che lo dirige in Lucky Luciano nel ruolo del boss Giannini.

Nello stesso anno lavora anche con Duccio Tessari nel film Gli eroi ambientato durante la seconda guerra mondiale. Vestirà poi i panni del duce al tramonto nel film di Carlo Lizzani Mussolini ultimo atto (1974)in cui tratteggia mirabilmente un uomo confuso e incapace di prendere in mano il  proprio destino, che si aggira come un fantasma attraverso un regime in decomposizione. Offrì infine una delle migliori prove nel Gesù di Nazareth(1977) di Franco Zeffirelli, dove incarnò un cinico e risolutore Ponzio Pilato capace di giudicare il destino del condannato secondo le proprie impressioni. Tra i suoi ultimi film ricordiamo Pazzi in Alabama (1999) l’esordio nella regia di Antonio Banderas. Rod Steiger dotato di uno stile recitativo influenzato dal ‘metodo’ dell’Actors Studio, per tutta la sua carriera mostrò un solido mestiere e una grande serietà professionale con il suo stile recitativo di impronta naturalistica. Si è spento, per le complicazioni di una polmonite, nel 2002.

Marco Fortunato è il nuovo presidente di ANEC Triveneto

Marco Fortunato, presidente di Cinemazero, è stato eletto il 12 dicembre 2024, durante l’Assemblea dei Soci ANEC della Sezione Interregionale delle Tre Venezie, presidente dell’Associazione Nazionale degli esercenti delle sale cinematografiche del Triveneto.

“Voglio ringraziare tutti gli associati per la fiducia dimostratami” –  ha dichiarato il neopresidente nel suo discorso d’insediamento – “è la prima volta che la presidenza viene affidata al rappresentante di una realtà senza scopo di lucro. Questo è un ulteriore riconoscimento a Cinemazero per la qualità e l’eccellenza cinematografica e, ovviamente, al suo pubblico. Forte di questa responsabilità e del sostegno del consiglio di presidenza, mi impegnerò a proseguire nell’ottimo lavoro sin qui svolto da chi mi ha preceduto. Quello Triveneto è un territorio ricco di eccellenze anche dal punto di vista dell’esercizio cinematografico e credo che l’associazione sia uno strumento imprescindibile per il loro rafforzamento e la loro valorizzazione”

All’Assemblea ha preso parte anche il Presidente dell’Unione Interregionale Triveneta AGIS, Franco Oss Noser, che ha espresso vivo compiacimento per l’elezione di Marco Fortunato.

“Con questa nomina” – ha spiegato – “il Cinema, componente fondamentale per l’AGIS che rappresenta tutto lo spettacolo, dal vivo e riprodotto, esprime l’alto profilo con un operatore culturale che ha saputo coniugare una proposta culturale di alto livello ad una gestione imprenditoriale attenta ai bisogni dello spettatore e della comunità cittadina a cui appartiene. Siamo molto contenti di poter contare sul suo apporto nella compagine dello spettacolo del Triveneto”.

Durante l’assemblea sono stati anche eletti i vicepresidenti Gianni Bernardi, Giuliana Fantoni, Massimo Lazzeri, Alessandro Tizian; Luca Proto come tesoriere e Giuseppe Longo e Giorgio Orlandin revisori dei Conti.