ON STRIKE: e se il cinema si fermasse?
Di Marco Fortunato
Oltre quarant’anni fa, nel 1981, tra i tanti film a pagare le conseguenze del lungo sciopero degli sceneggiatori ci fu anche Blade Runner – come ha ricordato qualche giorno fa a Cinemazero Joanna Cassidy / Zhora – tanto che alcune delle scene originariamente previste non furono mai girate perché non erano, appunto, mai state sviluppate. Oggetto del contendere, all’epoca, l’adeguamento dei contratti i cui meccanismi di calcolo (gli sceneggiatori come altri professionisti del settore venivano pagati anche in percentuale all’incasso delle opere a cui avevano lavorato) non erano stati riparametrati a seguito dell’avvento delle Pay TV e dell’home video.
Non era la prima volta che la potentissima WGA (Writers Guild of America), il maggiore sindacato di categoria americano, metteva in campo un’azione forte a difesa dell’interesse dei suoi iscritti. Circa vent’anni prima, nel 1960, un’agitazione durata per quasi 22 settimane raccolse l’adesione anche di molti attori concludendosi con l’ottenimento di migliori diritti e pensioni per gli sceneggiatori. A farne le spese – metaforicamente man non solo – furono diversi studi cinematografici, tra i quali Paramount Pictures, Twentieth-Century Fox, Walt Disney Pictures e la Warner Brothers che si videro costretti ad accettare le richieste per evitare conseguenze peggiori dal punto di vista economico. Successivamente allo sciopero del 1981, ci furono due altre grandi proteste. La prima nel 1988, durò per ben 158 giorni – dal 7 marzo al 7 agosto 1988 – e permise agli associati (grazie anche ad un’adesione record di oltre il 96% degli iscritti) di ottenere, oltre a vantaggi economici, anche un maggior margine d’azione sulla scelta di attori e registi per alcuni progetti. L’altra, quella del 2007, vide incrociare le braccia ben 12.000 sceneggiatori cinematografici e televisivi, provocando una perdita economica stimata in 2,1 miliardi di dollari. Molte produzioni di serie tv si interruppero, dovendo dimezzare i propri episodi, come nel caso di Scrubs, passato dai diciotto episodi previsti a undici, la prima stagione di Breaking Bad, composta da sette episodi invece che tredici e anche Lost, la serie del momento, subì un ridimensionamento. Anche in questo caso gli scioperanti la ebbero vinta.
Questa lunga ma necessaria premessa per capire perché, tra gli addetti ai lavori, vi sia tanta preoccupazione per il nuovo sciopero iniziato un po’ in sordina alcune settimane fa in America ma che si sta progressivamente allargando a macchia d’olio con l’adesione, oltre che degli sceneggiatori, anche degli attori, con conseguenze potenzialmente drammatiche per l’intero settore: Deadpool 3, Giurato n.2 (l’ultimo film di Clint Eastwood), Beetlejuice 2 di Tim Burton, Mission Impossible: Dead Reckoning – Parte 2, Il gladiatore 2. L’elenco dei set cinematografici bloccati è lunghissimo e ogni giorno che passa rischia di allungarsi. Ma i primi a correre un serio pericolo sono i grandi festival cinematografici: quello di Venezia e di Toronto in particolare, dal momento che se all’agitazione si unissero anche i registi ciò potrebbe significare non aver alcun ospite per la promozione dei film. Uno scenario “apocalittico” che ha già spinto il direttore della kermesse in programma al Lido ad elaborare un programma alternativo, fatto di soli film europei. Ma è evidente che tutti, in una situazione come queta, stanno navigando a vista.
Tornando alle ragioni dello sciopero, mai come questa volta appaiono vaste e articolate (e per questo forse di più difficile risoluzione). Un tema è certamente quello del calcolo dei diritti d’autore. Sul banco degli imputati le piattaforme streaming accusate di mancanza di buonafede nella gestione dei rinnovi contrattuali e colpevoli di non fornire i dati necessari alla definizione dei compensi, in violazione delle norme europee sulla trasparenza. Ma non solo. Per la prima volta sul tavolo vi è il tema dell’intelligenza artificiale (IA) sul cui utilizzo nel produrre sceneggiature e personaggi con programmi come ChatGPT o Dall-E si chiedono specifiche garanzie e limitazioni. Nello specifico una delle richieste degli scioperanti è che venga inclusa nei contratti una clausola che stabilisca che ogni sceneggiatore riconosciuto nella produzione di una serie o in un film sia un “essere umano”, e che sceneggiature o altri materiali non possano essere scritti dalle IA, né che quelle già scritte vengano utilizzate per generare materiale di partenza o ‘addestrate’ usando il precedente lavoro degli sceneggiatori stessi.
I temi sono tanti e le decisioni, probabilmente, non più procrastinabili. Anche perché la Storia ci insegna che gli scioperanti fanno (giustamente) sul serio e il rischio è quello di non vedere un lieto fine.